I numeri del presidente Assindustria Marmi Trapani, Castiglione e la sfida per il rilancio del settore. I nodi da sciogliere sono: infrastrutture, innovazione, investimenti e formazione
TRAPANI – I numeri sono negativi. Ma il sistema è ancora forte. Il presidente di Assindustria Marmi di Trapani, Giovanni Castiglione, traccia i confini della crisi: “I dati registrati dal comparto non sono per nulla positivi ed in continua contrazione. Soprattutto se si fa riferimento al 2013, anno in cui, per quanto riguarda l’export, abbiamo raggiunto il valore massimo con 61 milioni di euro, che nel 2018 si è quasi praticamente dimezzato scendendo a 35. Andando, oltremodo, a scapito di più di mille unità lavorative. Questi dati, anche se poco incoraggianti, devono comunque essere oggetto di riflessione e di autoanalisi, anche perché siamo ancora oggi una risorsa trainante nel territorio e la storia di questo settore ci insegna che perseveranza e determinazione hanno sempre portato grandi risultati”.
Dati e cause della crisi, con il bacino marmifero di Custonaci in primo piano. “Sicuramente – aggiunge Castiglione – le problematiche politico-economiche venutesi a creare nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa hanno influenzato negativamente il nostro settore. Ma, vuoi per le qualità estetiche, vuoi per quelle geologiche, anche se in quantitativi notevolmente inferiori, i nostri marmi hanno sempre trovato un buon riscontro in questi Paesi e continuano ad essere richiesti”.
Nella crisi ci sono anche fattori interni. Il presidente esce allo scoperto: “Il settore complessivamente non ha investito. Soltanto alcune aziende, che si possono definire al passo con i tempi, hanno puntato su macchinari, promozione, nuovi mercati, così riuscendo non solo a superare il momento di crisi ma anche a valorizzarsi. Per il resto tutto si è appiattito al ribasso. Molto importante quando si parla di investimenti è anche investire nella formazione del proprio personale”.
Così com’è importante il nodo delle infrastrutture. “Incide, oltre che sui costi, sui tempi di consegna e fa aumentare notevolmente il rischio d’impresa”, sottolinea Castiglione, che aggiunge: “Un esempio di ciò che avviene ogni giorno riguarda il trasporto dei container: il nostro porto di riferimento, Trapani, ha un fondale non sufficiente per l’approdo di navi di grossa stazza. Per tale ragione siamo costretti a caricare il nostro materiale su navi Feeder che poi dovranno raggiungere un secondo porto – spesso Gioia Tauro o Malta – e scaricare i container che resteranno in attesa di essere caricati sulle navi oceaniche per raggiungere finalmente la destinazione finale”.
Ancora un esempio. Un container che parte da La Spezia con destinazione India costa dai 250 ai 400 dollari. Un container che parte da Trapani, stessa destinazione India, costa dai 600 ai 700. “Senza tener conto – conclude il presidente – del fattore tempo e del rischio sulla integrità del materiale che viene sottoposto a movimentazione per ben due volte”.