Tre imprese su quattro a conduzione familiare - QdS

Tre imprese su quattro a conduzione familiare

Pietro Vultaggio

Tre imprese su quattro a conduzione familiare

mercoledì 11 Dicembre 2019

Rapporto Pmi di Cerved: le aziende con a capo i membri di una famiglia sono 2,5 milioni (l’85% del totale nazionale). In esse vi lavora il 70% degli occupati complessivi. Ma il dato allarmante è che solo il 50% di esse arriva alla seconda generazioni e il 10% alla terza.

PALERMO – In Sicilia le Piccole e Medie imprese a conduzione familiare costituiscono i tre quarti delle aziende presenti in tutta l’Isola, a dirlo è il rapporto Pmi della Cerved (Agenzia informazioni commerciali).

Il contesto italiano è in crescita, infatti secondo i rapporti Cerif (Centro di ricerca sulle imprese familiari) dell’Università Cattolica di Milano, dell’Aidaf (Associazione delle imprese familiari) e del centro Srm (Studi e ricerche per il Mezzogiorno) le imprese con a capo membri di una famiglia sono 2,5 milioni (l’85% del totale nazionale, percentuale che sale al 98% al Sud) e producono il 60% del valore aggiunto e vi lavora il 70% degli occupati complessivi nel Paese.

Il dato allarmante arriva dall’associazione studi aziendali e manageriali dell’Università Cattolica, secondo la quale solo il 50% delle Piccole e Medie imprese arriva alla seconda generazione e appena il 10% alla terza, con un danno economico stimato in 25 miliardi di euro.

Un problema non da poco se si considera che la Sicilia così come l’Italia è “invasa” dalle imprese a conduzione familiare. La classe imprenditoriale sta invecchiando, in un caso su quattro di impresa l’amministratore unico è il capostipite che mantiene saldo il timone, nonostante abbia un’età superiore ai 70 anni. Infatti, osserva l’Aidaf, su un bacino di 11.176 imprese familiari con fatturato annuo superiore ai 20 milioni di euro e 5 milioni 251 mila addetti (fra queste, oltre 100 aziende sono in Sicilia), il 25,5% è guidato da un imprenditore ultrasettantenne.

Non c’è un giusto ricambio generazionale nel pubblico così come nel privato. Il sapere va tramandato e non tenuto in una scatola chiusa, così inevitabilmente le Pmi soffriranno di un male gravissimo: il mancato ringiovanimento, che porterà inevitabilmente alla chiusura.

Un fattore, quindi, che, secondo l’Aidaf, espone tali aziende a due rischi: scarsa apertura all’innovazione, alla competitività e al rinnovo del management, situazione che determina la graduale esclusione dai nuovi mercati; chiusura dell’attività se non si pianifica per tempo il ricambio generazionale, aprendo la governance ai familiari più giovani, nonché il trasferimento “intelligente” delle quote patrimoniali.

Due rischi ben presenti in Sicilia. Ad esempio, riguardo al campione individuato dall’Aidaf nella Regione, fino al 2017 erano ben 16 le imprese familiari a vecchia gestione finite in procedura fallimentare, mentre nel 2018 sono nate 55 nuove attività di prima generazione (il secondo maggiore incremento dopo la Lombardia), di cui 10 rientrano fra le 500 imprese “benchmark” (cioè con oltre 50 milioni di fatturato): esattamente 2 a Palermo e 8 fra Catania e Ragusa, tutte operanti nel commercio all’ingrosso e nel settore agroalimentare.

Il Centro Studi e Ricerche per il Mezzogiorno ha stimato che ogni anno nel Paese 60 mila imprenditori vivono il tema del passaggio generazionale e che in Sicilia, in quasi l’80% dei casi, la proprietà e l’amministrazione sono detenute dalla famiglia.

In un clima di generale incertezza economica e geopolitica, le imprese familiari devono far da collegamento tra passato, presente e futuro. Il cambio generazionale non deve far paura, ma deve rappresentare la giusta chiave di volta per il family business. Innovazione, formazione, istruzione, diversificazione e pianificazione successoria devono essere elementi essenziali nella progettazione delle imprese di famiglia.

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