A parlare di incontri organizzati per concordare chi avrebbe dovuto lavorare a Tremestieri sono stati due collaboratori di giustizia
“In tutte le riunioni si parlava di appalti che si dovevano spartire”. La fitta rete d’interessi criminali che avrebbe condizionato l’attività amministrativa dentro al Comune di Tremestieri Etneo avrebbe avuto nei lavori pubblici uno dei principali obiettivi. Nelle carte dell’inchiesta Pandora, che ieri ha portato all’arresto del sindaco Santi Rando, accusato di avere ottenuto l’elezione grazie anche ai voti dei clan, c’è la riproposizione di un tavolino degli appalti che, seppure su scala locale, richiama alla memoria quello di cui negli anni Novanta parlò Angelo Siino, il geometra passato alla storia per essere stato il ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra.
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Le rivelazioni dei pentiti
A parlare di incontri organizzati per concordare chi avrebbe dovuto lavorare a Tremestieri sono stati due collaboratori di giustizia. Tra questi Silvio Corra, che ai magistrati ha indicato i partecipanti alle riunioni tenutesi a casa di Vito Romeo, uomo ritenuto legato a Cosa nostra etnea al pari di Francesco Santapaola. “In quel momento c’era Santi Rando che si doveva candidare, doveva salire e giustamente si parlava di lavori che si dovevano fare, perché loro diciamo sapevano come prendere le imprese che dovevano fare questi lavori”, ha messo a verbale Corra. Il collaboratore specifica che da parte di Rando e di Pietro Alfio Cosentino, cognato di Romeo, politico locale di lungo corso e consigliere uscente in occasione della campagna per le Comunali 2015, ci sarebbe stata la disponibilità a fare gli interessi della cosca in cambio del sostegno elettorale. “Conoscevano le imprese che dovevano fare questi lavori e allora come ci si poteva andare per estorcere il denaro dal lavoro? Diciamo che il lavoro veniva stanziato, loro diciamo sapevano bene o male se ci si poteva andare, se non ci si poteva andare, se ci si poteva parlare direttamente per protezione”. Davanti ai magistrati Corra non ha dubbi: “Romeo mi diceva che questo Rando doveva essere eletto perché avrebbe dovuto aiutarci nell’affidamento dei lavori, guadagnando a sua volta la sua parte”.
“Rando non ha smesso di delinquere”
La giudice Carla Aurora Valenti ha così motivato la necessità di portare in carcere Rando, che oltre a essere politico di mestiere fa il poliziotto: “Rando non ha affatto smesso di delinquere, conseguendo anche la seconda elezione (nel 2021, ndr) in modo illecito e – si legge nell’ordinanza – connotando di azioni criminali di notevole gravità tutta la sua azione in qualità di pubblico ufficiale, strumentalizzando il potere connesso al suo ruolo per il perseguimento di fini egoistici”. Secondo la gip, se con i mafiosi si sarebbe mostrato disponibile a trattare, Rando nei rapporti all’interno del Comune avrebbe fatto leva su “una penetrante capacità di influenza” sui dirigenti amministrativi. “Le indagini hanno mostrato la costante strumentalizzazione dei poteri connessi alla sua funzione per biechi interessi privati”, si legge nel documento.
La spartizione delle gare di appalto
L’inchiesta – in cui è coinvolto per corruzione anche l’assessore regionale Luca Sammartino, da ieri dimissionario – ha fatto anche luce su una gestione delle gare d’appalto sotto soglia che avrebbe favorito gli imprenditori in qualche modo legati da rapporti privilegiati con la burocrazia.
È il caso della vicenda che vede coinvolti da una parte i titolari della ditta Medi Appalti, Paolo Lo Turco e Giuseppe Coppola, e dall’altra Paolo Di Loreto, ingegnere vicino a Rando e capace di fare da tramite tra imprese e uffici. I tre – i primi due indagati a piede libero, mentre Di Loreto, nei cui confronti sono diverse le contestazioni, è stato collocato ai domiciliari – sono accusati di avere turbato, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, una gara d’appalto per i lavori di impermeabilizzazione in una scuola elementare. “Di Loreto – si legge nell’ordinanza – era alla ricerca di imprenditori compiacenti ai quali fare presentare offerte volutamente perdenti, in modo da fare aggiudicare l’appalto all’impresa preventivamente concordata. Con tale finalità incontrava gli imprenditori edili Lo Turco e Coppola. Spiegava loro che aveva il potere di scegliere a chi fare affidare due appalti del Comune di Tremestieri Etneo e che, per assegnare i lavori alle imprese prescelte, sarebbe stata simulata una gara fra tre imprese per ciascun appalto”.
Parlando con gli imprenditori, Di Loreto spiega che una delle gare in quel momento da pilotare sarebbe dovuta andare a un’impresa nel giro d’interesse di Rando. “Il sindaco si deve togliere un problema, deve favorire a uno, va’”, afferma l’ingegnere senza sapere di essere intercettato. In un passaggio dell’ordinanza si ricostruisce un momento in cui Giuseppe Ferlito – destinatario del divieto di esercitare l’attività imprenditoriale per un anno – “aveva consegnato al sindaco Rando 36mila euro” ottenendo in cambio la promessa di ottenere lavori a Tremestieri. “Le tangenti pretese dal sindaco – ha scritto la gip nell’ordinanza – avevano una concreta incidenza anche sulla qualità dei lavori pubblici: il costo della tangente da pagare, infatti, erodeva il guadagno dell’imprenditore, che compensava tale perdita con la quantità e qualità dei lavori da eseguire. In tal modo – ha concluso la giudice – il costo della tangente veniva scaricato sulla collettività”.