Turismo siciliano, il brutto anatroccolo non si trasforma in cigno - QdS

Turismo siciliano, quel brutto anatroccolo
che non riesce a trasformarsi in un cigno

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Turismo siciliano, quel brutto anatroccolo
che non riesce a trasformarsi in un cigno

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domenica 19 Giugno 2022

Le risposte di Sandro Pappalardo, già assessore al Turismo della Regione siciliana e oggi componente del Cda dell’Ente

Turismo e Sicilia rappresentano, nell’immaginario collettivo, due facce della stessa medaglia. L’Isola è da sempre vista come una destinazione turistica cruciale all’interno del panorama nazionale ed europeo, eppure i risultati ottenuti finora in termini di pernottamenti raccontano una realtà diversa, fatta di numeri che non sono all’altezza di un patrimonio storico, naturalistico, archeologico e culturale come quello siciliano.

I dati li abbiamo pubblicati più volte, ma è opportuno rinfrescarci un attimo la memoria: nel 2020 in Sicilia sono stati registrati 6.661.191 pernottamenti (dati dell’Osservatorio turistico regionale), contro i 21.730.335 di Bolzano (fonte Annuario statistico della Provincia autonoma). Per capire quanto questo confronto sia importante occorre ricordare anche l’estensione territoriale delle aree in questione: quasi 26 mila chilometri quadrati per l’Isola, contro i 7 mila chilometri quadrati altoatesini.

Tutta colpa della pandemia, viene da chiedersi? Niente affatto. Perché anche nel 2019, ultimo anno pre Covid, la Sicilia era costretta a inseguire. Ben 33 milioni e 684 mila i pernottamenti a Bolzano, 15 milioni e 114mila in Sicilia, ovvero circa il 55% in meno.

Questo il quadro finora, fatto di un’Isola dalle potenzialità straordinarie che non riesce a rilanciarsi a dovere. Delle strategie della Regione abbiamo parlato più volte, anche con l’assessore regionale al Turismo, Manlio Messina, che punta forte su See Sicily, la campagna promozionale lanciata già dallo scorso anno con pernottamenti omaggio e sconti sui trasporti per chi arriva da fuori.

“Mi aspetto un 2022 – ha detto l’assessore in un’intervista esclusiva pubblicata il mese scorso sul QdS – in cui See Sicily entri perfettamente a regime, con grandi numeri che permettano alla nostra regione di allungare il periodo di permanenza dei turisti”.

E per comprendere anche il ruolo della Sicilia all’interno dello scacchiere turistico nazionale abbiamo contattato anche l’Enit – Agenzia nazionale del turismo, cui abbiamo posto una serie di domande sul comparto, sulle tendenze future e sulle prospettive a breve e lungo termine. A rispondere è stato Sandro Pappalardo, già assessore al Turismo della Regione siciliana e oggi componente del Consiglio di amministrazione dell’Ente sottoposto alla vigilanza del ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo.

Passato o quasi lo spauracchio della pandemia, adesso si è presentato quello della guerra. Che prospettive ci sono per il turismo italiano in questo 2022?

“L’Italia recupera: il numero di prenotazioni aeroportuali internazionali verso la Penisola registra un +602 per cento rispetto al 2021. Ben 178 mila prenotazioni aeree internazionali. E un tasso di saturazione delle strutture di quasi la metà (36,2 per cento). I Paesi di prossimità sono quelli con cui l’Italia ha mantenuto sempre vivo il fil rouge grazie anche all’agevole logistica e alla possibilità di raggiungere l’Italia con mezzi propri e considerati più sicuri in tempi pre pandemici. Le città d’arte, molto legate ai big spender long haul (i viaggiatori a lungo raggio con una grande disponibilità economica, ndr), hanno risentito fortemente della mancanza di visitatori, mentre si è andato delineando un’affermazione maggiore del turismo outdoor, declinato anche in nuove forme che uniscono confort e lusso alla vita nella natura come il glamping (il cosiddetto campeggio di lusso, ndr)”.

Qual è e quale potrebbe essere il ruolo della Sicilia all’interno dello scenario turistico nazionale?

“La Sicilia è l’isola più grande del Mediterraneo con 1.152 km di costa più i 500 km delle isole minori. Il turismo non può che essere un motore economico con 15 milioni di presenze. È la regione del Mezzogiorno che ha registrato, in questi anni, la maggior crescita in arrivi e presenze, decima regione in Italia per presenze turistiche. Tra il 2000 e il 2018 si è registrata in Sicilia una crescita del numero di posti letto del 60% circa, crescita più che doppia rispetto alla media nazionale. Sono arrivati segnali forti dal mercato statunitense, dove Forbes per il 2020 aveva designato la Sicilia come meta turistica europea più ambita da americani e cinesi, potenzialmente il primo mercato mondiale con 250 milioni di turisti”.

Tre le funzioni dell’Enit sono previsti servizi di assistenza e consulenza destinati alle Regioni per iniziative e promozioni finalizzate all’attrazione di visitatori. È stata avviata qualche iniziativa di questo tipo con la Regione Siciliana?

“Enit, da statuto, ha – tra gli altri – il ruolo di cabina di regia tra le regioni e lo fa attraverso uno strumento specifico quale il Consiglio federale, che riunisce esponenti dei territori italiani per un confronto aperto, costante e sistematico allo scopo di realizzare l’indirizzo omogeneo del comparto”.

Un dato curioso: nell’ultimo anno pre pandemia la sola Provincia autonoma di Bolzano ha totalizzato 33 milioni e 684 pernottamenti (di cui oltre 21 milioni soltanto in estate), mentre la Sicilia appena 15 milioni e 114 mila. In che modo possono essere spiegati questi numeri?

“Quello del Nord è un tipo di turismo fortemente legato ai viaggiatori provenienti dai Paesi di prossimità
come la Germania, che tendono a raggiungere l’Italia in auto e con una predilezione per il turismo active montano. In periodo pandemico si è accentuata questa tendenza sia per la ricerca immediata di spazi ampi e vicini sia per la comodità e la sicurezza dei viaggi gestiti in autonomia. Detto questo, l’obiettivo è far sempre meglio e di più in termini logistici e promozionali in modo che anche la Sicilia sia sempre più facilmente raggiungibile. L’Isola comunque è percepita come un brand forte, con un patrimonio culturale, naturale, paesaggistico, gastronomico di un’unicità e di una bellezza straordinaria. Universalmente riconosciute le spiagge tra le più belle del mondo, città d’arte ricche di storia, paesaggi mozzafiato, una cultura culinaria che ha subito le influenze delle popolazioni che qui hanno trovato casa nei secoli. Un’Italia prima al mondo per i siti Unesco vede la Sicilia ai primi posti con ben sette siti riconosciuti
come Patrimonio dell’Umanità conferito dall’Unesco (il Parco archeologico di Agrigento, la Villa Romana del Casale, le Isole Eolie, il Barocco del SudEst, Siracusa e la Necropoli rupestre di Pantalica, l’Etna, il Percorso arabo normanno di Palermo, Monreale e Cefalù)”.

Spesso, nella nostra Isola, si ha l’impressione che non si riescano a sfruttare adeguatamente le nuove
tendenze: dal turismo slow a quello ciclabile, passando per la riscoperta dei borghi o dai viaggi legati alle location cinematografiche e televisive. È soltanto un problema di promozione o anche di servizi?

“Un approccio più slow al turismo, con il mantenimento di un’autenticità intrinseca, è un bene soprattutto in questo momento storico in cui si è a caccia del valore identitario dei territori. È il momento della ricerca e della scoperta dei luoghi meno noti ed è proprio il viaggiatore a chiedere all’offerta turistica di poter vivere simili esperienze. Se vogliamo proprio dalla Sicilia può partire una nuova distribuzione dei flussi con un carico antropico distribuito in momenti dell’anno e località al di fuori del fenomeno dell’overtourism (sovraffollamento turistico, ndr)”.

Si sente da sempre parlare di destagionalizzazione, ma quella siciliana continua a restare una destinazione prettamente estiva. In che modo si potrebbe invertire questa tendenza?

“Mettendo a sistema la valorizzazione dei luoghi meno noti e la poliedricità dell’Isola, capace di alternare entroterra a zone costiere con distanze anche brevi. È fondamentale far dialogare i territori per profilare strategie comuni. Questo è anche l’impegno che Enit sta portando avanti per creare un networking profilato non solo con i tour operator internazionali che propongono l’Italia e la Sicilia all’estero, ma anche con gli Enti locali che devono attuare strategie di condivisione”.

È possibile una diversificazione dell’offerta turistica siciliana? Se sì, su quali aspetti si dovrebbe puntare con maggiore forza?

“Il Covid ha accelerato processi in atto di valorizzazione delle aree meno note e di alleggerimento dell’iper carico antropico in determinati periodi dell’anno e località. Il turismo sostenibile invoglia alla scoperta della provincia. È un momento importante di crescita per i territori, anche interni, che possono far conoscere le proprie tradizioni e la propria capacità ricettiva a livello internazionale. I viaggiatori vogliono vivere il territorio immersi nella quotidianità, portandosi a casa un bagaglio di esperienze reali, quindi non più solo tappe mainstream e foto alle chiese ma anche incursioni nella vita quotidiana di paesini agricoli, nelle imprese casearie – solo per fare qualche esempio – dove ci sono i baluardi di culture meno narrate o esemplari di flora e fauna ancora inesplorate dai circuiti battuti dai più. Tradizione e innovazione devono dialogare per riscoprire la convivialità e la ruralità con tour su misura e tanto passaparola in chiave innovativa conquistando recensioni positive sul web. Un modo per riscoprire i territori ma anche per ripopolarli. La Sicilia ha messo in campo già strategie di grande impatto attraverso la misura di See Sicily da 85 milioni di euro per incrementare il turismo: è stata regalata una notte in omaggio e molti servizi gratuiti come ingressi ai musei ed escursioni. Questo ha consentito un effetto moltiplicatore delle presenze. La permanenza è passata da 1,2 a 2,2 notti, importante anche per sostenere tutta la ricettività siciliana. A questo si aggiungono gli altri eventi internazionali come il Giro
d’Italia con la partenza da Palermo e l’arrivo sull’Etna e poi il giro di Sicilia. Da quest’ anno parte anche la prima Fiera del turismo sportivo a Palermo e in concomitanza sarà avviato il primo Osservatorio del turismo sportivo con Regione, Rcs e Università. E ancora con Sicily and Cinema c’è stata una
grande partecipazione della Regione a Cannes. La Sicilia quindi diventa sempre più un attrattore come location naturale per la realizzazione di film”.

Le strategie in atto, dunque, sono numerose e stratificate su più livelli. Ora bisogna soltanto attendere, per vedere se riusciranno a dare i frutti sperati e fare in modo che quel brutto anatroccolo che è stato finora il turismo siciliano possa trasformarsi finalmente in un meraviglioso cigno.

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