Tutti i numeri della Sanità siciliana ai tempi del Covid - QdS

Tutti i numeri della Sanità siciliana ai tempi del Covid

redazione

Tutti i numeri della Sanità siciliana ai tempi del Covid

venerdì 16 Ottobre 2020

Cimo-Fesmed lancia l'allarme sul grave ritardo della Regione, secondo il sindacato impreparata a gestire adeguatamente la seconda ondata epidemica del coronavirus

PALERMO – La dimostrazione di come, in Sicilia, la grande assente dell’emergenza Covid-19 sia stata la programmazione, sta nei numeri. Dopo 69 interminabili giorni in cui, a partire dal 10 marzo, l’intero Paese si è fermato ed è rimasto chiuso a casa, dal 18 maggio il governo Conte sanciva la fine del lockdown (annunciato il 4 maggio ma reso effettivo soltanto dopo). In Sicilia la Giunta regionale tirava un sospiro di sollievo e tutti, dal presidente Nello Musumeci all’assessore della Salute Ruggero Razza, non credevano ai loro occhi.

La Sicilia era stata benedetta dal Signore e, tranne un numero di casi ben al di sotto dell’ecatombe registratasi al Nord, aveva passato quasi indenne la prima ondata epidemica. Infatti, già il 18 aprile il presidente Musumeci annunciava la riduzione delle misure restrittive messe in campo dalla Regione, attraverso una serie di ordinanze, in aggiunta alle disposizioni del Governo nazionale. Il sentire comune della politica siciliana era di averla sfangata alla grande, la convinzione diffusa quella che il temibile Coronavirus, con l’aiuto della Provvidenza, non era riuscito a mettere alla prova la fragilità del nostro sistema sanitario regionale.

Ma, sullo scampato pericolo, non tutti la pensavano allo stesso modo, a cominciare dall’Iss che già il 10 maggio per bocca del Prof. Silvio Brusaferro, faceva un distinguo sull’ormai famoso RT, cioè l’indice di trasmissibilità dell’infezione, che in Italia era sceso al di sotto della fatidica unità arrivando in varie Regioni addirittura allo 0.5, mentre in Sicilia in quei giorni permaneva a 1.12, il più elevato su tutto il territorio nazionale e potenzialmente suscettibile quindi di una crescita esponenziale. La preoccupazione per quei numeri era corroborata dal fatto che la Sicilia era il fanalino di coda in Italia per numero di tamponi eseguiti, cosa che persisterà anche nei mesi successivi.

Ma quei dati non furono tenuti in considerazione né dalle istituzioni sanitarie regionali né dai manager delle Aziende sanitarie e la fine del lockdown fu salutata come una sorta di liberi tutti, sia dai cittadini siciliani con un calo repentino delle misure di contenimento che avevano fino ad allora evitato l’impennata dei contagi, sia da chi avrebbe dovuto prevedere la ripresa epidemica autunnale ma ha pensato ad altro.

Durante i mesi estivi, trascorsi senza particolari allarmi sanitari, varie Regioni si sono attrezzate per affrontare l’autunno, affidandosi al rigore scientifico di studi previsionali come quello messo a punto da un gruppo di ricercatori dell’Università del Piemonte Orientale il cui studio sulla ripresa epidemica autunnale (Predicted effects of stopping Covid-19 lockdown on italian hospital demand) è stato pubblicato su una Rivista scientifica americana (Disaster Medicine and Public Health Preparedness) nel mese di maggio.

Lo studio piemontese era finalizzato a comprendere cosa sarebbe successo in autunno nel caso di una ripresa dell’indice RT e quale impatto avrebbe avuto sul sistema sanitario. In estrema sintesi, la previsione della ricerca sulla base della decisione di una riapertura graduale e costante, era quella di una progressiva ripresa dell’indice RT con una impennata della curva dei contagi già dal mese di agosto fino a raggiungere la soglia di circa 300.000 soggetti positivi a settembre rispetto ai 130.000 del mese di maggio che si sarebbe tradotta nell’incremento dei ricoveri ospedalieri, soprattutto ordinari, con la possibilità di riportare il SSN alle situazioni di criticità del mese di aprile. Ed è esattamente quello che sta accadendo oggi.

Quindi era già tutto ampiamente previsto e, facendo tesoro di dati statistici e raccomandazioni, non rimaneva altro da fare che prepararsi per bene in attesa dell’inevitabile. Va detto come anche a livello nazionale l’obiettivo dell’incremento dei posti letto di Terapia Intensiva programmato dal Ministero della Salute non sia stato nemmeno sfiorato, con l’attivazione soltanto del 30% dei posti aggiuntivi previsti e come soltanto tre Regioni italiane siano al di sopra dello standard di 14 posti letto per 100.000 abitanti.

Tuttavia, mentre varie amministrazioni regionali, sulla scorta della citata analisi di scenario, si sono attrezzate, pianificando e programmando posti letto ordinari e personale, percorsi assistenziali e linee guida, la scelta strategica della Sicilia sembra invece essere stata quella di puntare ancora sulla botta di “fortuna”, guardandosi bene dal mettere in campo quella programmazione attenta e scrupolosa che l’emergenza pandemica richiedeva.

In Sicilia in era pre-Covid i posti letto di Terapia Intensiva erano 418 e il Ministero aveva previsto l’incremento di altri 301 P.L., ma in atto ne sono stati attrezzati soltanto 120, cioè meno della metà e non tutti sono stati attivati. Nei mesi di giugno e luglio non si è provveduto e nemmeno immaginato di assumere personale medico e infermieristico o almeno di formulare delle apposite graduatorie dalle quali attingere alla bisogna e adesso si corre alla disperata. Non ci si è dati una mossa nemmeno ad agosto, quando bastava seguire i vari Tiggì nazionali per capire come in altri Paesi europei ed extraeuropei i contagi riprendevano a galoppare mettendo in crisi ancora una volta gli ospedali pubblici.

Per comprendere il grave ritardo con cui la Regione Sicilia ha deciso di affrontare la seconda ondata epidemica basta leggere la data della Circolare n° 39143 (Misure per la prevenzione, contenimento e gestione epidemiologica da Covid 19. Pianificazione assistenza ospedaliera) con la quale l’Assessorato Regionale della Salute solo l’11 settembre metteva nero su bianco quanti e quali posti letto sarebbero stati attivati e in quali ospedali per affrontare la ripresa dei contagi.

Al razionalismo di una programmazione preventiva e tempestiva si è preferito l’empirismo di processi decisionali estemporanei e spesso superficiali, inevitabilmente destinati ad aver scarso impatto sulla gestione dell’emergenza epidemica e col rischio adesso di mettere in crisi l’intero sistema sanitario. Ma dopo oltre un mese dall’emanazione di quella Circolare i numeri non tornano nemmeno stavolta. La previsione dei posti letto, sia ordinari che di terapia intensiva, e il rispetto delle direttive assessoriali sembrano rimaste sulla carta e i numeri reali sono cosa ben diversa, con scostamenti vistosi sia in plus che in minus e con la scomparsa, nei fatti, dalla Rete Covid di strutture per le quali si è speso non poco per attrezzarle, ex Imi ed Ismett in prima fila.

La strategia a “fisarmonica” dell’assessore Razza non sembra finora essere riuscita a trasformare in orchestra i solisti delle varie aziende ospedaliere siciliane, tanto che l’Assessore si è visto costretto alla nomina di un Commissario ad acta per la gestione dell’emergenza nell’Area metropolitana di Palermo, dopo che altrettanto aveva fatto a Catania nei mesi scorsi.

Dallo spartito di Ruggero Razza è uscita una partitura musicale ad hoc per due “pifferai” per riuscire una buona volta a risolvere il problema. Ci riusciranno? C’è da sperarlo vivamente perché il nostro SSR comincia scricchiolare sotto i colpi della nuova ondata epidemica che, essendo stata praticamente ignorata, sta avendo ripercussioni indirette su tutte le altre patologie e sui malati non Covid che faticano a trovare adeguate risposte alle richieste assistenziali che, in considerazione della contrazione di risposte efficaci, si fanno sempre più pressanti.

Le normali attività ospedaliere si sono ridotte e molte unità operative sono state trasferite e compresse, se non addirittura sospese e, dal momento che la pandemia non ha di certo eliminato le altre malattie il problema si fa sempre più serio. Occorre intervenire con quella prontezza e con la lucidità che finora è mancata, è necessario riuscire a identificare strutture alternative per i pazienti asintomatici o paucisintomatici che rischiano di ingolfare inutilmente gli ospedali siciliani a discapito dei pazienti con patologie più serie sia riconducibile al Coronavirus ma soprattutto alle altre patologie.

Non è pensabile il ripetersi del blocco delle attività ambulatoriali e degli screening del periodo lockdown che avrebbe la conseguenza di ritardi nelle prime diagnosi ma anche nei controlli, come già accaduto nei mesi scorsi. Non possiamo dimenticare e lasciare indietro nessuno, in nome della lotta al Coronavirus e nel segno di inaccettabili inefficienze.

Giuseppe Bonsignore
Cimo Sicilia

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