Tutto sui vaccini Pfizer e Moderna, ecco perché sono sicuri - QdS

Tutto sui vaccini Pfizer e Moderna, ecco perché sono sicuri

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Tutto sui vaccini Pfizer e Moderna, ecco perché sono sicuri

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sabato 16 Gennaio 2021

Differenze tra i due vaccini e come agiscono: ne parliamo con Claudio Costantino, professore aggregato di Igiene dell’Università di Palermo, referente aziendale del Policlinico di Palermo per la vaccinazione Covid-19.

È stato dato l’avvio il 27 dicembre con il V-day alla campagna di vaccinazione per contrastare la diffusione del Covid-19. Tante aspettative e speranze ma anche tante perplessità.

E allora sono proprio gli operatori sanitari che hanno combattuto in prima linea contro un mostro invisibile e che ancora una volta in prima linea stanno dimostrando che il vaccino si può e si deve fare. Noi del QdS.it ne abbiamo parlato con Claudio Costantino, professore aggregato di Igiene dell’Università di Palermo, referente aziendale del Policlinico di Palermo per la vaccinazione Covid-19, nella task force regionale per la vaccinazione anticovid.

Quali le differenze principali tra i vaccini?
“Possiamo dire che sono vaccini equivalenti e dagli studi preliminari realizzati l’efficacia è altrettanto equivalente, nel senso che siamo vicino al 95% per entrambi. Di fatto sono preparati con la medesima tecnologia che prevede l’mRNA messaggero ed entrambi sono protetti da una capsula polisaccaridica. Inoltre, tutti e due prevedono le due dosi quindi questa è un’altra similitudine.
Quello che cambia è l’intervallo tra le due dosi: il vaccino di Pfizer prevede la distanza minimo di 21 giorni, mentre per quello di Moderna devono passare almeno 28 giorni, questa è la prima grande differenza. La seconda differenza è relativa alla conservazione, infatti, il vaccino di Pfizer ne prevede una temperatura ultra refrigerata, ovvero -80° e può rimanere 5 giorni in frigorifero, quello di Moderna ne prevede una a -20° e una conservazione in frigorifero di 30 giorni prima di essere somministrato”.

Claudio Costantino

Come agiscono nell’organismo, quali le cellule chiamate in causa?
“Come tutti i vaccini agiscono sulle cellule per dare delle risposte immunitarie, in particolare sui macrofagi, che sono quelle che le intercettano per prima, e poi all’interno dei ribosomi avviene la sintesi tramite questo mRNA messaggero di una proteina simile a quelle delle Spike che è quella del virus verso cui si sviluppa la risposta immunitaria, che è data dai linfociti, in particolare T e B, che fanno in modo che la nostra memoria immunologica perduri nel tempo. Quindi agiscono esclusivamente all’interno del nostro sistema immunitario”.

Nei due vaccini è presente il virus?
“No. Questi vaccini non contengono virus ma contengono esclusivamente un RNA messaggero che codifica una proteina di superfice del virus, la Spike. Questa permette al Coronavirus di aderire a dei recettori sulle cellule respiratorie facendolo entrare danneggiando le prime vie respiratorie, quelle alte e quelle basse.
Invece il vaccino di AstraZeneca, che dovrebbe essere approvato il 29 gennaio dall’Ema, è un vaccino che contiene un virus, non il Coronavirus ma l’adenovirus dello scimpanzè, quindi un altro tipo di virus che viene usato come vettore, una sorta di cavallo di Troia, dentro cui si mette ancora una volta il genoma del Coronavirus, quindi un sistema di tecnologia ricombinante, usato per altri vaccini come quello dell’Epatite B che da sempre sfrutta questo meccanismo.
Di fatto il vaccino non può rendere positivi perché non interviene sulle cellule respiratorie e quindi non si può contagiare nessuno”.

Rispetto alle varianti che può avere e sta avendo il virus, questi vaccini saranno efficaci?
“Sia Pfizer che Moderna hanno già analizzato la risposta del vaccino alla variante inglese e sudafricana e finora non ci sono stati scostamenti sull’efficacia, quindi sì, perché la proteina Spike è rimasta tendenzialmente uguale. Se dovesse mutare maggiormente la proteina Spike, in quel caso avremmo la tecnologia per produrre il vaccino, perché basterà cambiare la particella del virus che andiamo a mettere nel vaccino. Un po’ quello che facciamo ogni anno contro l’influenza, in quanto il virus dell’influenza muta di stagione in stagione e fa in modo che ogni anno la risposta che si è sviluppata l’anno precedente non è uguale per questo va ripetuto. Se dovesse accadere che il Sars Cov-2 muti ancora una volta saremo pronti, in quanto le basi per fare un vaccino ci sono e quindi sarà più semplice e rapido poter adattarlo”.

Quanto sono sicuri questi vaccini?
“I vaccini sono tra i farmaci più sicuri, lo dimostra il fatto che le reazioni anafilattiche sono dalle 20 alle 30 volte inferiori a quelle di alcuni tipi di farmaci, come gli antibiotici o gli antidolorifici. Inoltre le reazioni sono dalle 40 alle 50 volte più rare di quelle che abbiamo con gli alimenti, che sono invece più frequenti. Stiamo vaccinando con i colleghi anestesisti che supervisionano la fase vaccinale, delle persone che hanno avuto gravissime reazioni allergiche in passato; finora non abbiamo riscontrato nessun problema. In alcuni casi facciamo una premedicazione con un po’ di cortisone per attutire la risposta autoimmune”.

Gli operatori sanitari che hanno avuto il Covid-19 si stanno vaccinando in questa prima fase?
“Sì, perché purtroppo si è visto che chi ha avuto il Covid, spesso ha un titolo anticorpale basso, e non è detto che questo titolo anticorpale sia sempre neutralizzante, ovvero in grado di neutralizzare una successiva infezione. Invece il vaccino, secondo gli studi effettuati, dà degli anticorpi neutralizzanti, e quindi è opportuno che anche chi ha avuto il Covid si vaccini”.

C’è chi ha dei timori sul vaccino.
“Tutti gli operatori ci stiamo vaccinando, questo significa che il vaccino si può e si deve fare, è giusto che siamo noi a dare l’esempio ed è la dimostrazione lampante che crediamo nella ricerca, non c’è motivo di pensare che non sia sicuro”.

Veronica Gioè

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