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L’università di Palermo ricorda Paolo Giaccone. Cracolici: “Suo assassinio ci ha costretto ad aprire gli occhi sul fenomeno mafioso”

L’università di Palermo ricorda Paolo Giaccone. Cracolici: “Suo assassinio ci ha costretto ad aprire gli occhi sul fenomeno mafioso”

Il presidente della commissione antimafia all’Ars lo ricorda durante l’evento allo Steri: “La sua integrità è stata probabilmente incompresa da quella parte di borghesia diffusa di professionisti che ancora non percepiva la pericolosità di quello che stava crescendo nel sistema di potere della nostra città”

L’università di Palermo ha celebrato e ricordato il suo “eroe normale”, il professore Paolo Giaccone, ucciso dalla mafia l’11 agosto del 1982. Lo ha fatto allo Steri con una cerimonia in sua memoria intitolata Un medico, un eroe normale. Un’altra iniziativa dedicata al professore che si rifiutò di modificare una perizia che avrebbe incastrato un boss. Il mese scorso (il 16 ottobre) è stato inaugurato un murale sulla facciata della Direzione generale del Policlinico di Palermo, ospedale universitario che porta il suo nome.

Tra gli intervenuti anche Antonello Cracolici, presidente della commissione regionale Antimafia che ha sottolineato: “Paolo Giaccone muore in una Sicilia che negava l’esistenza della mafia e in un’Italia che si girava dall’altra parte. Il suo lavoro lo ha reso scomodo agli occhi dei mafiosi quando si è rifiutato di modificare una perizia che avrebbe incastrato un boss”.

Cracolici: “Giaccone era un eroe ma ha obbligato tanti a diventarlo”

Cracolici ha proseguito: “La sua integrità, inaccettabile agli occhi di cosa nostra è stata probabilmente incompresa da quella parte di borghesia diffusa di professionisti che in quella Sicilia del 1982 ancora preferiva convivere con la mafia e non percepiva la pericolosità di quello che stava crescendo nel sistema di potere, non solo nel sistema criminale della nostra città e della nostra terra”.

Ed ha aggiunto: Giaccone era un eroe, ma ha obbligato tanti altri a diventarlo ‘Non avrebbero mai toccato un medico’, diceva alla figlia Camilla. Non pensava di poter essere ucciso per aver fatto il proprio dovere. E invece la mafia è stata capace di questo”.

L’analisi prosegue con un ricordo di quei tragici giorni di fine estate del 1982: “C’è voluto l’assassinio del generale Dalla Chiesa, insieme alle parole del cardinale Pappalardo in un’omelia drammatica, a segnare un punto di svolta nella cultura di questa terra e far capire che quella di cosa nostra era una sfida lanciata a tutti noi”.

“La mafia ha perso”

Il presidente della commissione Antimafia all’Ars ha poi concluso: “Ma la mafia ha perso, perché il suo omicidio, commesso poco prima di quello di Dalla Chiesa, ci ha costretto a prendere atto che dovevamo aprire gli occhi e non potevamo più abbassarli di fronte alla mafia”.

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