Ursula rimprovera, ma non si guarda - QdS

Ursula rimprovera, ma non si guarda

Carlo Alberto Tregua

Ursula rimprovera, ma non si guarda

sabato 08 Ottobre 2022

Spende 71 mld per i vaccini

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, è diventata rigorista con i Paesi più deboli, come l’Italia, o con quelli con cui non c’è sintonia, come l’Ungheria.
Ursula non è Angela (Merkel), la quale aveva un senso dello Stato e un equilibrio ben diversi dalla sua delfina. Quest’ultima appare sempre più debole e fragile, nelle mani dei poteri forti, che le indicano la strada da percorrere per non “deluderli”.

La Presidente ha messo all’ordine del giorno di sospendere 7,5 miliardi di finanziamenti al Governo di Orban, pari a circa due terzi dei fondi di coesione del periodo 2021-2027.
Ma certo non è lei che decide, in quanto dovrà pronunciarsi il Consiglio Europeo dei capi di Stato e di governo, pronuncia che ha bisogno di una maggioranza qualificata molto larga.

Non è di questo, però, che vogliamo parlarvi oggi, bensì della Relazione speciale della Corte dei Conti dell’Unione Europea, che si è espressa sull’acquisto dei vaccini anti Covid-19, effettuato nel periodo della pandemia.


In breve, tale Relazione speciale della Corte, di ben cinquantaquattro pagine, pubblicata il 12 settembre, indica che fra il 2020 e il 2021 la Commissione ha comprato 4,6 miliardi di dosi di vaccino, per i quali ha speso settantuno miliardi di euro, pagando ogni unità intorno a quindici euro.

Ora, tenuto conto che nei ventisette Paesi vi sono 447,7 milioni di abitanti, significa che la von der Leyen ha acquistato ben dieci dosi di vaccino per ognuno di essi: un’enormità.
Il fornitore più “fortunato” è stato la Pfizer-BioNTech, il quale ha fornito 2,4 miliardi di dosi, vale a dire oltre la metà.
Ma il dubbio che sorge è che sono state acquistate circa 1,4 miliardi di dosi in più, quindi con uno spreco di oltre due miliardi.

Non è che la trattativa sia stata oggetto di un’asta pubblica, cui altri potevano partecipare, ma di un accordo diretto e forse segreto fra Albert Bourla, capo della Pfizer, e la stessa von der Leyen.
Sembra, da quanto scriviamo, che ogni regola di buona amministrazione sia stata omessa, anche se non sospettiamo corruzione o tangenti.

La Ursula ha derapato anche in un’altra occasione, quando ha pronunciato una frase intimidatoria nei confronti del nostro Paese, prima delle elezioni del 25 settembre. Ha detto: “Se l’Italia andrà in una direzione difficile, abbiamo gli strumenti”. Non si comprende, a prima vista, quale poteva essere la direzione difficile e neanche quali potevano essere gli strumenti dissuasori nell’andarci.

Insomma, la Presidente dell’Ue ha gettato la maschera e ha dimostrato un volto autoritario, forse perché si sente protetta dai poteri forti, che indirizzano la politica occidentale e quindi le decisioni di tutti i Paesi che ne fanno parte, trascurando la volontà dei singoli o delle minoranze.
Questo non è un buon modo per stare assieme perché si chiama “Unione” Europea e non sommatoria di poteri e prevaricazione dei membri più forti nei confronti di quelli più deboli. Cosicché occorre una sterzata, per rimettere in carreggiata l’attuale Unione in conformità con i principi fondanti del primo Patto europeo, firmato nel 1957.


Avevo appena diciassette anni quando venne firmato il trattato di Roma, successivo a quello del 1952, che si chiamava Ceca ( Comunità europea del carbone e dell’acciaio). Fu il ministro liberale, messinese, Antonio Martino, che riunì i primi sei membri (Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo) e da lì cominciò il percorso vero e proprio di un’Europa che poi ha aumentato i suoi componenti a ventotto, ma ha perso per strada la Gran Bretagna, per cui adesso sono ventisette.
Lo spirito dell’accordo del 1957 era di una grande cooperazione e solidarietà, di una comunione di interessi che dovevano moltiplicare la potenzialità di ciascuno Stato, in modo da ottenere quel magnifico risultato che è “uno per sei uguale dieci”.

Era inevitabile che l’allargamento dell’Unione a Paesi che avevano parametri molto diversi creasse delle fasce differenti fra i membri. Queste differenze stanno emergendo drammaticamente rischiando di sfaldare quell’Unione che fu il fondamento del patto del 1957.

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