Viaggio nella Bioraffineria più innovativa d’Europa, a Gela la svolta sostenibile di Eni che guarda al futuro - QdS

Viaggio nella Bioraffineria più innovativa d’Europa, a Gela la svolta sostenibile di Eni che guarda al futuro

Antonio Leo

Viaggio nella Bioraffineria più innovativa d’Europa, a Gela la svolta sostenibile di Eni che guarda al futuro

venerdì 27 Settembre 2019

Inaugurata mercoledì la “Green refinery”: trasforma oli vegetali, usati e di scarto, nonché grassi animali e rifiuti, in biocarburante. “Investiti dal 2000 quasi 900 milioni per le bonifiche; nelle aree contaminate tutti i progetti avviati e lavori in corso”

GELA (CL) – Arrivando in prossimità di Gela lo scenario che si dipana all’orizzonte, apparentemente, è ancora lo stesso a cui i siciliani sono abituati da oltre cinquant’anni. I camini e le torce svettano nel cielo azzurro e lo skyline della città nissena è ancora tratteggiato da quella che era una delle più grandi cattedrali del petrolio. Ma, entrando all’interno del Sito – uno dei quattro siciliani che il ministero dell’Ambiente ha decretato “di interesse nazionale”, a causa dell’elevato inquinamento – del vecchio petrolchimico, nato nel lontano 1962, si trovano solo i resti “archeologici”. Al suo posto è entrata in funzione, dallo scorso mese di agosto, la nuova bioraffineria che, per farla breve, trasforma gli oli vegetali usati e quelli di frittura (provenienti per esempio dalla ristorazione), ma anche grassi animali e alghe, in biocarburanti di alta qualità.

Mercoledì lo stato maggiore dell’Eni ha riunito le istituzioni e la stampa per inaugurare quello che, senza mezzi termini, viene definito come il più innovativo impianto d’Europa con una capacità di lavorazione pari a 750 mila tonnellate di biocarburante l’anno e con il 70% di emissioni in meno rispetto al ciclo tradizionale. Per la riconversione della raffineria, l’Azienda del cane a sei zampe ha speso quasi 300 milioni di euro, completando i lavori, partiti nell’aprile 2016, in circa tre anni.

Una sfida che guarda al futuro e che, come afferma Francesco Franchi, presidente della Bioraffineria gelese, “è già un progetto di successo”. Infatti è pronta a salpare una nave piena di biodiesel, raffinato a Gela, che verrà portato e venduto all’estero.

Attualmente la principale materia prima raffinata, la “carica”, è composta da oli vegetali di prima generazione, in particolare olio di palma, che però – tiene a precisare Giuseppe Ricci, chief refining & marketing officer dell’azienda – “è certificato”, nel senso che viene prodotto “nel rispetto della biodiversità e senza provocare la distruzione delle foreste”. L’obiettivo – aggiunge Bernardo Casa, direttore industriale Eni, nel corso della tavola rotonda imbastita per l’occasione – è “avviare entro il secondo semestre del 2020 l’impianto che ci consentirà di diventare nel giro di pochi anni ‘palm oil free’”. Ma già nei prossimi mesi, continua Ricci, “aggiungeremo sempre più oli di scarto per arrivare ad utilizzare solo questi, al 100%”.

Una della caratteristiche della green refinery, in cui lavorano oltre mille persone (426 all’interno della bioraffineria), come ripetono più volte gli intervenuti, è “flessibilità”. “Sfrutteremo tutte le tecnologie per sostenere la transizione energetica – spiega Giuseppe Ricci -. La bioraffineria di Gela non solo è più grande come dimensioni di quella di Venezia, ma è anche molto più flessibile, potendo trattare qualunque materia prima e in futuro produrrà anche ‘biojet’, cioè carburante per aviogetti”. “Questo impianto – assicura il direttore generale – sarà dinamico, pronto a cambiare le materie prime, perché nella transizione vince chi è flessibile, chi è pronto a stare in un mercato che cambia”.

“Di svolta eccezionale” parla il sindaco di Gela, Lucio Greco, che però fa anche i conti con il passato: “ Èimportante perché segna il passaggio da un’industria che ha altamente inquinato il nostro territorio a un’industria sostenibile e non più nociva”. Però, continua il primo cittadino, occorrono “maggiore attenzione e investimenti non solo da parte di Eni, ma anche delle istituzioni regionali e nazionali, affinché si possa procedere con ancora più celerità nelle bonifiche e nella prevenzione sanitaria” per affrontare “tutte quelle situazioni spiacevoli che vengono fuori da studi autorevoli”. Il riferimento è evidentemente all’ultimo rapporto “Sentieri” dell’Istituto superiore di sanità, dove si evidenzia nell’area del Sin di Gela una maggiore incidenza dei tumori associata “alle fonti di esposizione ambientale”.

In tutte le aree contaminate, però, come spiega Sandro Olivieri, responsabile Syndial Sicilia e Calabria (la società di Eni specializzata nel risanamento ambientale), “sono stati avviati i progetti di bonifica e i lavori sono in corso”. Dal 2000 ad oggi Eni ha speso quasi 900 milioni per il risanamento del territorio. “Numeri che continuano a crescere – precisa l’ingegnere Ricci – Certo, il processo di bonifica sarà ancora lungo perché c’è da demolire gli impianti, ma tutte le opere di contenimento dell’inquinamento pregresso, come quelle a protezione della falda, sono state completate molte anni fa e stanno funzionando, assicurando che non ci sia esportazione all’esterno del sito”. Un sito, che entro il 2022, assicurano i vertici dell’azienda, si presenterà molto diverso anche esteticamente con l’abbattimento di tante strutture che hanno cambiato volto al paesaggio di Gela, dal camino dello SNox alla cosiddetta “Tour Eiffel”. Segni di un passato che Eni sembra davvero volersi lasciare alle spalle.

 


 

Alberto Pierobon, assessore regionale all’Energia
“Termovalorizzatori? La scelta spetta ai territori”

GELA (CL) – All’inaugurazione della bioraffineria è intervenuto anche l’assessore regionale all’Energia e ai servizi di pubblica utilità, Alberto Pierobon. Nell’occasione, lo abbiamo intervistato proprio sul difficile rapporto che la Regione ha ancora con i rifiuti, ormai sempre più “risorsa”, come dimostra la stessa iniziativa di Eni, ma che ancora nell’Isola rappresentano un problema, anzi “un’emergenza”.

Con la differenziata state recuperando un ritardo più che decennale della nostra Regione, però ci sarà sempre, anche con una raccolta alta, una quota di rifiuto da smaltire. Perché continuate a puntare sulle discariche che consumano suolo e inquinano le falde acquifere, avvelenando tra l’altro l’aria, e non su impianti di ultima generazione che trasformano i rifiuti in energia?
“Veramente abbiamo intenzione di farlo”.

Non proprio, avete delegato questa scelta alle Società di regolamentazione dei rifiuti.
“Sì e no. Sì come modalità di governance, perché li responsabilizzi e scelgano la tecnologia più consona in base all’equilibrio tra sviluppo e ambiente che vogliono dare al loro territorio. Però nel menù c’è tutto e gli stiamo dando delle scelte extramenù”.

Non è che la Regione non vuole schierarsi per paura di perdere il consenso delle popolazioni locali?
“Nel Piano dei rifiuti, nelle prime 96 pagine, c’è un passaggio ‘ponte’ sul Piano rifiuti speciali. Perché fino adesso c’è un flusso dei rifiuti che viene considerato speciale e quindi va fuori dagli urbani e lo stiamo intercettando nella apposita categoria. Non sto facendo l’equilibrista: sto dicendo che giuridicamente abbiamo aperto un corridoio e dell’altro parte lo si chiude. Come? Se parliamo di rifiuto speciale, ci sono già iniziative come quella di Eni. Il problema è quello del setaccio”.

Quindi la Regione darà le autorizzazioni per un termovalorizzatore qualora arrivasse la richiesta dai territori?
“Sì, bisogna fare l’istanza e chiedere la valutazione di impatto ambientale, che presuppone anche la Vas (Valutazione ambientale strategica, nda)”.

Quanto tempo può passare?
“Realisticamente 6-7 anni”.

E nel frattempo come si gestisce questa continua emergenza dei rifiuti?
“Portare questi rifiuti all’interno delle discariche, perché viceversa si dovrebbero esportare. Si tratta di una soluzione provvisoria nell’attesa che si realizzino impianti complessi come i gassificatori… dipende… Noi su questo siamo assolutamente agnostici, deve essere chiaro”.

 


 

Ignazio Arces, Ad Bioraffineria
Creare valore per il territorio

GELA (CL) – Ignazio Arces, amministratore delegato della Bioraffineria, a Gela ci è nato e quindi col vecchio petrolchimico in funzione ci è cresciuto.
Cosa significa per un gelese l’avvio di questo nuovo impianto?
“è una grande emozione. Noi abbiamo fatto di Gela un laboratorio di innovazione. Un cambiamento che ha modificato anche i nostri comportamenti: attraverso l’innovazione vogliamo creare valore per l’azionista, per gli stakeholder e per tutto il territorio di Gela”.

Questa raffineria può creare opportunità lavorative…
“Esatto. Tra i nostri obiettivi c’è anche la formazione di figure professionali nuove inserite nella catena del valore in cui noi siamo un tassello con un downstream tutto da inventare e anche con un upstream perché non partiremo noi con la raccolta degli oli esausti, ma abbiamo già un’azienda pronta a investire insieme a noi per creare valore”.

Problema inquinamento: a che punto siete con le bonifiche?
“Stanno procedendo. L’ex impianto Texaco verrà smontato nei prossimi mesi per procedere alle bonifiche. Demoliremo presto la torre alta, la ‘Tour Eiffel’ come la chiama qualche gelese, ed entro il 2022 anche il camino dello SNox. Eni non va avanti soltanto nella bonifica di falda e suolo, ma anche per migliorare l’aspetto del paesaggio”.

 


 

Sandro Olivieri, program manager Syndial
“Avviati tutti i progetti decretati per realizzare le bonifiche”

GELA (CL) – Syndial è la società Eni specializzata nel risanamento ambientale. Sullo stato delle bonifiche a Gela, abbiamo intervistato Sandro Olivieri, program manager per la Sicilia e la Calabria.

A che punto sono le bonifiche?
“Qui a Gela bisogna dividere le bonifiche in due parti: suolo e falda acquifera. Quest’ultima è stata avviata già da tantissimi anni con gli impianti a regime e si ipotizza che l’acqua verrà trattata per almeno altri 10-15 anni fino a portarla alle concentrazioni di soglia di legge”.

In percentuale quanto è stato bonificato delle aree contaminate?
“Non è corretto parlare di percentuali”.

Il ministero dell’Ambiente, però, nei monitoraggi ufficiali le considera.
“Possiamo dire che in tutte le aree contaminate sono stati avviati tutti i progetti di bonifica decretati e sono in corso i lavori”.

Quando si concluderanno questi progetti?
“Per le aree Syndial, dove gli impianti non ci sono più, si prevede entro tre anni di completare le bonifiche dei terreni. Per quanto riguarda la raffineria, tutte le aree dove sono stati costruiti i nuovi impianti sono già state bonificate, mentre per quanto riguarda gli impianti vecchi bisogna prima demolirli e poi partire con le bonifiche. Va detto che siamo già partiti con tutte le demolizioni. A gennaio abbatteremo lo SNox”.

Ma non sono andate troppo a rilento queste bonifiche?
“Partono quando arrivano i decreti, le autorizzazioni per fare i lavori. Una raffineria avviata negli anni 60 e che ha marciato per oltre cinquant’anni, non si bonifica in un giorno. Ci vuole un percorso che va condiviso con gli Enti. Questo percorso a Gela è stato avviato da parecchi anni”.

Non è un problema di risorse messe a bilancio?
“No, le risorse ci sono tutte. Abbiamo speso qualcosa come 300 milioni a partire dalla firma del protocollo del 2014. E, in totale, quasi 900 milioni di euro dall’inizio delle bonifiche nel 2000”.

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