Violenza sulle donne cambiare informazione - QdS

Violenza sulle donne cambiare informazione

Carlo Alberto Tregua

Violenza sulle donne cambiare informazione

martedì 30 Novembre 2021

L’emulazione peggiora le cose

Ogni giorno si sentono atti di violenza, soprattutto domestici, nei confronti delle donne. Pochissimi sono i casi al rovescio.
C’è chi pensa che la forza bruta possa risolvere le questioni. Si tratta di ignoranti e stupidi che non hanno capito come nella vita bisogna, innanzi tutto, rispettare il prossimo, soprattutto quei soggetti che sono strutturalmente più deboli, come le donne, gli anziani e i bambini.

Quando questi stupidi e ignoranti non capiscono queste cose fondamentali, occorre che qualcuno gliele faccia capire. Quel qualcuno sono le istituzioni attraverso le Forze dell’Ordine, che devono applicare leggi severe e precise, tendenti a neutralizzare i comportamenti delinquenziali di tali soggetti.

Al di là di queste fondamentali iniziative, non è possibile accettare che una comunicazione estesa su giornali, radio, televisioni e siti propaghi sempre di più l’informazione su questi episodi che oggi trattiamo.

Ciò perché l’informazione così ampia e dettagliata, anche dei particolari, crea in tanti soggetti, forse malati, ma sicuramente stupidi e ignoranti, un processo di emulazione. “Se l’ha fatto quello, perché non posso farlo io?”. E poi: “Se faccio questa cosa, vado sui giornali e sui mezzi di comunicazione, quindi divento famoso”. E altre elucubrazioni di questo tipo che peggiorano la situazione.

Ora, noi non siamo contro l’informazione, che è doverosa – in osservanza dell’articolo 21 della Costituzione – ma bisogna bilanciare la necessità di comunicare al pubblico certi fatti con l’altra, opposta, che tali fatti possano creare azioni degenerative da parte di soggetti che sono poco in grado di intendere e di volere.

Contemperare queste due opposte esigenze è un obbligo di chi fa comunicazione, ancora maggiore per i giornalisti, in osservazione del Testo unico dei Doveri. Ma non ci sembra che tale Testo unico sia conosciuto da molti che fanno il nostro mestiere e da tanti altri che magari l’hanno letto superficialmente e svogliatamente, senza poi avere alcuna intenzione di metterlo in atto. Questo è male, perché l’informazione deve essere sempre obiettiva, bilanciata e completa.

La violenza sulle donne si verifica soprattutto nei ceti minori, in quelli ove le famiglie hanno modesti mezzi economici, con la conseguenza che certe donne – pur esasperate e, in qualche caso, danneggiate – non hanno né la forza né la possibilità di staccarsi dai nuclei familiari, anche per ragioni economiche.

Ed è proprio in questi casi che devono intervenire le istituzioni, offrendo a queste persone la possibilità di alloggio e vitto in appositi centri ove possano ricoverarsi, anche con la prole.

Questo è fare assistenza sociale giusta, doverosa, nei confronti di donne bisognose, per farle sfuggire al loro destino cinico e baro.
Dunque, occorre contemperare tante necessità perché in qualche modo le donne devono essere protette, spesso anche da loro stesse.
Le assistenti e gli assistenti sociali, comunali o sanitari, hanno questo compito difficile: capire le situazioni e aiutare, ponendo rimedi concreti, che non siano solo parole e argomenti.

Chi ci legge da quarant’anni conosce la linea di questo giornale contro l’assistenzialismo becero, che aiuta gente sfaticata, che non vuole lavorare, che non vuole formarsi, che non vuole apprendere.
Ma, per contro, sostiene sempre con grande vigore tutte le attività assistenziali giuste nei confronti dei cittadini deboli, malati, bisognosi e non abbienti perché nessun altro, se non le istituzioni, può aiutarli, salvo le meritevoli associazioni di volontari, comprese quelle religiose, in primis la Caritas, che svolgono un lavoro oscuro, ma vasto.

Le istituzioni statali, regionali e comunali, dovrebbero perciò fare una selezione delle spese assistenziali, eliminando quelle inutili e dannose e sostituendole con altre essenziali e necessarie.

Ma questo non avviene sovente perché in questo mondo intervengono tante “necessità” clientelari che fanno spostare il focus dagli assistiti a coloro che li assistono. Per esempio, non si capisce perché gli uffici competenti debbano avere molti dipendenti dietro le scrivanie e pochi nelle case delle cittadine.

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