"Negli Autogrill incontri i siciliani", che vivono in questo spazio come fosse "una sorta di terra neutrale, di Svizzera non belligerante".
Posso dire di conoscere l’isola per i chilometri fatti e le innumerevoli soste negli Autogrill siciliani. Caracoli, Scillato, Acquedolci, Divieto Nord, Tremestieri Ovest, Gelso Bianco (mai visto il gelso a proposito), San Demetrio, ma soprattutto Sacchitello, la linea di frontiera dell’isola, il nostro Ohio, anche elettorale.
In queste soste ho mangiato bufaline, melizie, pasticciotti alle amarene, consumato caffè e coca-cola, frequentato bagni diversamente puliti, e salutato gente, tanta gente. Agenti di commercio, professionisti vaganti, ingegneri Anas o Openfiber, di Enel o di Terna, manager di banca, operai nomadi e imprenditori di corsa, a volte anche politici, soprattutto sotto elezioni, a parte Sergio Lima che risiede a Sacchitello.
Ormai ci riconosciamo, noi nomadi siciliani che viaggiamo per lavoro, invidiamo i turisti giocosi, e nelle soste rimuginiamo le cose da fare, sempre in ritardo per via delle coitus interruptus stradale. Dal numero di persone che saluto a ogni sosta mi rendo conto quanta umanità variegata conosco nell’isola, immensa, continentale, quanta strada ho percorso in questa vita, e calcolo, dall’indicatore del mio carburante umano, quanta presumibilmente ne posso ancora percorrere. Negli Autogrill incontri i siciliani, che per una sorta di terra neutrale, di Svizzera non belligerante autostradale, non sono più catanesi o palermitani, siracusani o nisseni. Sono per un breve spazio di tempo siciliani, una categoria dello spirito più che geopolitica. Il siciliano è molto campanilistico, è cittadino o paesano, il paese è dei paesani si dice, si sente siculo solo all’estero, fuori dalla Sicilia, a parte l’Autogrill.
Così è se vi pare.