La zona rossa servirà a scongiurare un peggioramento che sarebbe disastroso e soprattutto, come sottolineato da Musumeci, servirà a far riaprire la Sicilia in contemporanea o addirittura prima degli altri, ma per ripartire potrebbe volerci più tempo
I dati forniti dalla protezione di Palermo sull’epidemia di coronavirus in Sicilia hanno solo certificato l’allarme, secondo alcuni il dramma, che l’Isola sta vivendo in questi giorni.
Numeri che fanno capire come la zona rossa non era solo opportuna, ma anche necessaria, per evitare una strage vera.
I NUMERI
Dal 10 al 17 gennaio i nuovi contagiati in Sicilia sono stati 12.674, record assoluto e mai raggiungi prima.
Gli attuali positivi sono 46425, valore più alto dall’inizio della pandemia, le persone in isolamento domiciliare sono 44.795, anche questo un primato.
Dato da non sottovalutare, quest’ultimo: un simile numero “isolato” è una bomba, visto che è impossibile controllare tutte queste persone, e come abbiamo visto soprattutto nell’ultimo periodo, non tutti rispettano le regole. Anche se si è positivi e in quarantena.
In ospedale si è arrivati a 1630, di cui 208 in terapia intensiva, aumentati di 157 unità rispetto alla settimana precedente, con 2989 morti, un aumento di 261 rispetto a sette giorni fa, tristissimo record pure questo.
LA ZONA ROSSA
Numeri che, come detto, sono inequivocabilmente da zona rossa, nonostante i parametri a disposizione dell’Iss piazzassero la Sicilia in “arancione”.
Com’è possibile? I 21 indicatori, dopo mesi, rimangono più o meno un mistero, non tanto sul contenuto ma sul reale funzionamento, così come l’algoritmo che, alla fine, compone il risultato finale.
In realtà, il parametro più importanti in fin dei conti sarebbe quello dell’occupazione ospedaliera, e nonostante delle evidenti difficoltà anche da quel punto di vista, la Sicilia è comunque messa molto meglio di altri regioni, soprattutto dal punto di vista delle terapie intensive.
La zona rossa servirà a scongiurare un peggioramento che sarebbe disastroso e soprattutto, come sottolineato da Musumeci, servirà a far riaprire la Sicilia in contemporanea o addirittura prima degli altri.
Chiudere ora, da questo punto di vista, non fa una piega. Gennaio storicamente non è certo la data preferita dai vacanzieri, e in generale il post Natale, saldi a parte, è un momento dove si tende a rimanere chiusi in casa più del solito, dopo i “bagordi” delle feste.
DUE SETTIMANE? FORSE…
Il punto è che due settimane, con ogni probabilità, non basteranno a “resettare” il sistema in Sicilia. Come ricordato ieri nell’intervista rilasciata a qds.it da presidente GIMBE, Nino Cartabellotta, 14 giorni è un tempo troppo stretto per vedere gli effetti reali.
Anche la Regione sembra quantomeno prudente nel fissare il ritorno sicuro a restrizioni più blande dopo il 31 gennaio.
Nella conferenza stampa di sabato, sempre Musumeci ha detto chiaramente: “Vedremo i contagi, poi si vedrà se chiudere le scuole”. Non certo un ottimismo sfrenato.
Dopotutto il Cts regionale, nei giorni scorsi, aveva consigliato la zona rossa, ma di “almeno tre settimane”.
Dopotutto, è logica: ancora devono arrivare gli effetti delle giornate immediatamente successive al Capodanno e dell’Epifania, quindi la situazione potrebbe addirittura peggiorare.
Non avrebbe senso, dunque, al primo impercettibile miglioramento riaprire tutto, per poi trovarsi magari di nuovo punto e accapo più avanti. Magari a marzo, quando, lì si, la stagione turistica è sul procinto di prendere il via.
Avete rotto voi con questi allarmismi, ha rotto Cartagirone che cerca solo notorietà, ha rotto Musumeci che non vede l’ora di fare lo sceriffo e ha rotto Orlando che ormai non ragiona più e sbraita invocando catastrofi solo per avere un minimo di visibilità, che non ha più.
Se gli esperti nazionali ci hanno collocato in arancione avranno avuto i parametri per farlo, di certo non siete voi a stabilire quali questi siano. Finitela una buona volta per tutte! Volete seolo la morte della Sicilia, non per virus ma per fame!