Svimez, Mezzogiorno ormai ad un passo dal baratro - QdS

Svimez, Mezzogiorno ormai ad un passo dal baratro

Patrizia Penna

Svimez, Mezzogiorno ormai ad un passo dal baratro

giovedì 27 Settembre 2012

Presentato a Roma il Rapporto 2011 che documenta il divario di sviluppo divenuto ormai insostenibile. Dal 2001 al 2011 Pil inchiodato allo 0% rispetto al +0,4% del Centro-Nord

Roma – “Nella presente difficile situazione economica destano grande preoccupazione i dati relativi all’andamento dell’occupazione in tutte le aree del Paese che riguardano in particolare il Mezzogiorno e le generazioni più giovani’’. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è rivolto con queste parole al presidente dello Svimez, Adriano Giannola, in occasione della presentazione del Rapporto sull’economia del Mezzogiorno, che si è svolta nella giornata di ieri a Roma.
La preoccupazione di Napolitano ha un suo concreto e preciso fondamento nel quadro drammatico del Sud Italia emerso dal Rapporto: un Mezzogiorno a rischio desertificazione industriale, dove i consumi non crescono da quattro anni, lavora ufficialmente meno di una giovane donna su quattro e si è a rischio segregazione occupazionale. Mentre un nuovo paradigma per il Sud dovrebbe essere capace di integrare sviluppo industriale, qualità ambientale, riqualificazione urbana e valorizzazione del patrimonio culturale.
In base a valutazioni Svimez nel 2011 il Pil è aumentato nel Mezzogiorno dello 0,1%, distante dal +0,6% del Centro-Nord. Non va meglio nel medio periodo: negli ultimi dieci anni, dal 2001 al 2011, il Mezzogiorno è rimasto inchiodato allo 0%, rispetto al + 0,4% del Centro-Nord, a testimonianza del perdurante divario di sviluppo tra le due aree. Marche e Lazio sono state le regioni a crescere di più negli ultimi dieci anni, rispettivamente del +0,6% e del +1,1%, mentre fanalini di coda sono state Piemonte (0% medio annuo) e Umbria (0,1%). In altri termini, in cinque anni, dal 2007 al 2012, il Pil del Mezzogiorno è crollato del 10%, tornando ai livelli di quindici anni fa, del 1997.
A livello regionale, l’area che nel 2011 ha trainato il Paese è stata il Nord-Est (+1%), seguita dal Nord-Ovest (+0,6%). Il Centro è stato fermo come il Sud a +0,1%. Più in particolare, la forbice oscilla tra il boom della Basilicata (+2%) e la flessione del Molise (- 1,1%), che accusa particolarmente la crisi del tessile e dell’abbigliamento. Dopo la Basilicata, che si conquista la palma nazionale di regione virtuosa nella crescita, all’interno del Mezzogiorno, la crescita più alta spetta all’Abruzzo (+1,8%), che consolida e conferma l’incremento dell’anno precedente (+1,7%). Segni positivi anche in Sardegna (+0,9%) e Puglia (+0,5%).
In calo invece la Calabria (-0,7%), la Campania (-0,6%), e la Sicilia (-0,2%). Nella crisi, i consumi anche alimentari delle famiglie meridionali sono stati duramente colpiti, arrivando a ridursi nel 2011 del 4,5%, a fronte di una sostanziale stazionarietà nelle regioni del Centro-Nord. Da quattro anni i consumi nel Mezzogiorno non crescono. Il loro livello risulta inferiore in termini reali di oltre 3 miliardi di euro rispetto al valore del 2000. Il calo reale dei redditi delle famiglie, unito alla flessione dei consumi pubblici e alla perdurante incertezza sulle prospettive del mercato del lavoro, rischia di pregiudicare fortemente anche le prospettive di ripresa della domanda interna nel 2013.
 

 
Nel 2012 Pil nazionale -2,5%. Al Sud, invece, -3,5%
 
In base a stime Svimez, nel 2012 il Pil italiano dovrebbe far registrare una contrazione del 2,5%, quale risultato tra il -2,2% del Centro-Nord e il -3,5% del Sud. A causare la contrazione dell’attivita’ produttiva il forte calo dei consumi (-2,4% al Centro- Nord, che diventa – 3,8% al Sud) e il vero e proprio crollo degli investimenti: – 5,7% al Centro-Nord, piu’ del doppio al Sud, -13,5%, soprattutto nelle costruzioni (- 15,5% al Sud). Da segnalare, a testimonianza della gravita’ della crisi, che la forte battuta d’arresto viene dai consumi di beni (-5% al Centro-Nord, -5.5% al Sud). Giù anche i redditi delle famiglie, con valori simili: -0,6% al Centro-Nord, -0,5% al Sud. Tengono le esportazioni: nel 2012, si prevede una crescita dell’1,7% al Sud e dell’1,9% al Centro-Nord, soprattutto verso i Paesi extra Ue. Nel 2013 secondo le stime Svimez il Pil nazionale e’ previsto a +0,1%, invertendo la tendenza recessiva dell’anno precedente. In questo contesto il PIL del Centro-Nord segna +0,3%, quello del Mezzogiorno -0,2%, riducendo significativamente il differenziale rispetto al 2012.

 
Meridionali in fuga. In 10 anni emigrate 1,3 mln di persone
 
Negli ultimi venti anni sono emigrati dal Sud circa 2,5 milioni di persone, oltre un meridionale su dieci residente al Sud nel 2010. Nel 2010 sono partiti del Mezzogiorno in direzione del Centro-Nord circa 109 mila abitanti. Riguardo alla provenienza, in testa per partenze la Campania, con una partenza su tre (34.100); 23.900 provengono dalla Sicilia, 19.400 dalla Puglia, 14.400 dalla Calabria. In direzione opposta, da Nord a Sud, circa 67mila persone, che rientrano nei luoghi d’origine, soprattutto Campania (17.400), Sicilia (16.400) e Puglia (11.500). La regione più attrattiva per il Mezzogiorno resta la Lombardia, che ha accolto nel 2010 in media quasi un migrante su quattro, seguita dall’Emilia Romagna. In Abruzzo, Molise e Campania la prima regione di destinazione resta il Lazio. In dieci anni, dal 2000 al 2010, oltre 1 milione e 350mila persone hanno abbandonato il Mezzogiorno.
A livello locale, le perdite più forti si sono registrate a Napoli (-115mila), Palermo (-20mila), Bari (-16mila) e Catania (-11mila). Colpiti anche Torre del Greco (-20mila), Nola (-12mila), Taranto (-14mila) e Aversa (-11.500). Ad attrarre meridionali soprattutto Roma (+73mila), Milano (+57mila), Bologna (+24mila), Parma (+14mila), Modena (+15.700), Reggio Emilia (+13mila), Bergamo (+11mila).

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