Sono pari gli stipendi pubblici e privati - QdS

Sono pari gli stipendi pubblici e privati

Carlo Alberto Tregua

Sono pari gli stipendi pubblici e privati

martedì 11 Giugno 2013

Pagare puntualmente i fornitori della Pa

Nonostante l’entrata in vigore del decreto legge 35/2013 convertito nella legge n. 64 del 6 giugno 2013, le Pubbliche amministrazioni – statale, regionale e locali – hanno fatto orecchie da mercante.
Continuano imperterrite a non pagare le imprese fornitrici di beni e servizi utilizzando le risorse finanziarie disponibili per pagare puntualmente, invece, gli stipendi di dirigenti e dipendenti. Pagano ancora puntualmente le indennità a vario titolo di parlamentari, ministri, presidenti e assessori regionali, sindaci e assessori comunali, consiglieri di amministrazione e revisori delle partecipate, consulenti a vario titolo e via elencando.
Non si capisce questa vistosa discriminazione fra coloro che gravitano nell’ambiente pubblico e gli altri che si trovano nell’ambiente privato.
Vorremmo chiedere ai privilegiati pubblici perché i loro stipendi debbano essere pagati puntualmente e gli stipendi dei dipendenti dei fornitori possano aspettare anche mesi, in quanto la liquidità è andata ai primi anzichè ai secondi.

L’intelligenza del pater familias, quando ci sono ristrettezze finanziarie, pone a carico di tutti i membri della famiglia azioni in modo uguale. Se un sindaco ha a disposizione cento, comportandosi in analogo modo, dovrebbe suddividere tale importo tra i propri dipendenti e quelli dei fornitori che hanno uguali diritti, perché non sono figli di un dio minore.
Il discorso è estensibile alle regioni ed allo Stato. La vergogna di pagare al loro interno puntualmente ogni somma e di procrastinare per mesi o per anni le obbligazioni nei confronti delle imprese, obbligandole a non pagare i propri dipendenti ha raggiunto limiti insopportabili.
È venuto il momento che la questione dell’equità venga posta con forza anche dai sindacati, oltre che dalle organizzazioni imprenditoriali.
Non abbiamo sentito, a riguardo, una sola parola da parte di Confindustria, di Confcommercio e di altre organizzazioni imprenditoriali, nè abbiamo sentito una sola parola da parte dei sindacati perché fosse rispettata tale equità fra i loro aderenti pubblici e privati. Sia gli uni che gli altri sono parimenti iscritti.
Perché discriminare quelli privati rispetto ai pubblici?
 

E perché non si chiede che le risorse degli enti pubblici siano divise equamente fra gli uni e gli altri anzichè pagare integralmente i dipendenti pubblici e niente quelli privati?
La questione dell’equità fra i dipendenti non è affrontata da televisioni nazionali e locali, né da quotidiani nazionali e locali. La stampa dovrebbe essere portatrice dei valori fondamentali della Carta costituzionale. Fra essi, uno dei principali riguarda l’articolo 3, che considera uguali tutti i cittadini di fronte alla legge.
Nel caso trattato non vi è il rispetto di tale norma costituzionale, dal momento che i dipendenti dei fornitori di enti pubblici sono discriminati rispetto ai dipendenti di questi ultimi. Nè una sola parola viene spesa da presidenti di Regione e sindaci in modo da indurre le proprie amministrazioni a un comportamento solidale nei confronti dei dipendenti privati.
I comportamenti che noi denunziamo sono intollerabili e non trovano alcuna giustificazione. Se le risorse diminuiscono e si tagliano le entrate, non è possibile che a farne le spese siano solo i dipendenti privati delle imprese fornitrici. Tutti dovrebbero fare un passo indietro.

Vi è un ulteriore aspetto negativo negli abissali ritardi dei pagamenti dei fornitori. Riguarda la sistematica violazione di leggi europee e nazionali.
Ricordiamo che la direttiva 7/2011 ha stabilito che i pagamenti dei fornitori debbano essere effettuati entro 30 giorni e solo in qualche caso estensibili a 60. Tale direttiva, cogente, è stata recepita in Italia dal Dlgs 192/12 con il quale è stata fissata dal primo gennaio 2013 l’entrata in vigore.
Siamo arrivati a metà anno, ma i fornitori continuano a non incassare le fatture di gennaio (siamo già a 150 giorni) e spesso non possono pagare i propri dipendenti, mentre gli enti morosi hanno continuato a pagare puntualmente quelli loro negli scorsi cinque mesi. L’iniquità continua. A cui si aggiunge l’inefficienza delle Pa nel non mettere in condizioni le aziende di effettuare i loro adempimenti. La vicenda del credito d’imposta della Regione, spiegata all’interno, è emblematica.

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