La Sicilia finge di scordare il Big One - QdS

La Sicilia finge di scordare il Big One

Rosario Battiato

La Sicilia finge di scordare il Big One

venerdì 16 Ottobre 2009

Territorio. Le misure per ridurre il rischio sismico.
Gli studi. La Sicilia, soprattutto lungo tutto il versante orientale, è ad alto rischio sismico. Per ordini di grandezze, il grande terremoto è previsto entro un periodo di 45-50 anni, ma il territorio è impreparato all’evento.
Le misure.
Gran parte delle misure di prevenzione è affidata a “linee guida” e “piani” sconosciuti alla popolazione. Il sisma in Abruzzo ha accelerato i controlli nelle strutture pubbliche. Nient’altro.

PALERMO – Non sembra affatto migliore la situazione di un milione di edifici che sono stati costruiti prima della legislazione antisismica. E intanto il sismologo Carlo Merletti, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, denuncia: “Da Ragusa a Siracusa il grado da 2 a 1, ma la Regione non l’ha ancora recepito”.
La tragedia di Messina è soltanto una parte del variegato puzzle di rischi naturali che potrebbero colpire la Sicilia.
La mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale, redatta nell’aprile 2004 dal Ingv, considera la fascia orientale dell’Isola come un territorio della medesima probabilità di accelerazione del suolo delle altre aree a grande rischio sismico. Come ci si difende? “Ogni ente locale – hanno spiegato dalla Protezione civile regionale – ha l’obbligo di consegnare i piani di evacuazione alle Province o alle Prefetture”. Non esistendo una database regionale che possa gestire l’effettiva regolarità dei piani redatti dai comuni, solo le varie province posso dunque conoscere lo stato di preparazione degli enti locali ad eventi calamitosi. “Abbiamo piani di evacuazione per ogni rischio – ha precisato una fonte della Protezione civile di Catania – ma non ne esistono ancora per il rischio sismico, e qualora esistessero sarebbero al momento dei piani vuoti”. Attualmente è in lavorazione il piano complessivo di emergenza per il Comune di Catania che si servirà di importanti dati scientifici sulla viabilità, sulle strade e su altri fattori ritenuti essenziali per una pianificazione efficace. Poi il modello dovrebbe estendersi all’intera provincia. Intanto la paura permane perché la Sicilia orientale rientra nelle zone più a rischio del Paese.
“Senza dubbio la Sicilia Orientale – precisa Raffaele Azzaro (si legga intervista sotto, ndr) – è una zona esposta all’occorrenza di forti terremoti futuri. Il calcolo dei 50 anni è un periodo di tempo prefissato che si usa in tutto il mondo per rendere confrontabili gli studi. Adesso ci basiamo sul fatto che per la prossima metà del secolo la possibilità che un sisma avvenga è del 10%, cioè un valore molto basso”.
La mappa di pericolosità sismica viene consegnata al Consiglio superiore dei Lavori pubblici che se ne serve per tramutare i dati scientifici in normative per costruire. “Nelle zone di massima accelerazione – ha spiegato il ricercatore dell’Ingv – è chiaro che bisogna costruire con i massimi criteri di sicu sempre una zona “osservata speciale” anche in altre mappe redatte dalla Protezione civile, come quelle che riguardano “le massime intensità macrosismiche osservate nei comuni italiani”. Inoltre, la stima dei crolli in 100 anni, realizzata dalla Protezione civile nel 1996, certifica in quella zona la fascia percentuale più alta, cioè quella compresa tra il 2% e il 15%. La mappa delle zone sismiche della Protezione civile ha fissato 4 zone per livello di rischio, e la Sicilia Orientale rientra nella zona 1, quella a più alto rischio, nella zona 2, e nella zona 3 speciale che prevede per le strutture strategiche verifiche e limitazioni tecniche previste per la zona 2.
In realtà la situazione dovrebbe ulteriormente essere aggiornata in quanto Carlo Merletti, dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, ha denunciato che sarebbe necessario aggiornare “da Ragusa a Siracusa il grado da 2 a 1, ma la Regione non l’ha ancora recepito”. Infatti l’impossibilità di prevedere i terremoti, non impedisce gli studi statistici che ne avvertono l’eventualità. “I terremoti più forti nell’ultimo secolo – si legge in uno studio del ministero della Pubblica istruzione e del ministero dell’Interno – hanno interessato soprattutto le regioni appenniniche, la Calabria, la Sicilia ed il Friuli”.
I piani di evacuazione non esistono o non sono pubblicizzati, i comuni isolani sembrano piuttosto tiepidi sull’argomento e se l’Anci regionale si limita ad “attività di massima sulla prevenzione del rischio”, sembra mancare una pianificazione complessiva.
Sul piano dell’urbanistica siamo in uno stato abbastanza preoccupante visto che nell’isola oltre un milione di edifici sono stati costruiti prima della legislazione antisismica degli anni Ottanta.

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