Elezioni: Sud ignorato dai partiti - QdS

Elezioni: Sud ignorato dai partiti

Carmelo Lazzaro Danzuso

Elezioni: Sud ignorato dai partiti

giovedì 01 Marzo 2018

Senza soluzioni alla Questione meridionale il Paese crescerà a due velocità, bloccando lo sviluppo generale. Poco o niente all’interno dei programmi presentati in vista del 4 marzo

PALERMO – Se le illusioni bastassero a risollevare l’economia di un territorio, la Sicilia sarebbe probabilmente la regione più ricca d’Europa. Infrastrutture, occupazione, servizi: sono tanti i temi che negli anni hanno tenuto banco nella nostra regione, con i politici di turno che hanno promesso tanto, quasi mai mantenuto e adesso addirittura dimenticato.
 
La responsabilità del disastro economico siciliano, come abbiamo più volte scritto nelle nostre inchieste, è in gran parte attribuibile ai Governi regionali che si sono succeduti negli ultimi vent’anni, che hanno preferito alimentare il clientelismo anziché tagliare la spesa pubblica e puntare su investimenti capaci di creare sviluppo e occupazione. Da Totò Cuffaro a Rosario Crocetta, passando per Raffaele Lombardo, ciò che alla fine è rimasto ai siciliani è una terra in cui i dati parlano più di ogni altra cosa: un reddito pro capite quasi dimezzato rispetto alla Lombardia e inferiore di circa 5.000 euro rispetto alla media nazionale (18.200 € contro i 13.000 siciliani); un tasso di disoccupazione pari al 22,1%, doppio rispetto alla media Italia e che, se riferito soltanto ai giovani, raggiunge un picco del 57,2% (la media Italia è al 37,2%); un tasso infrastrutturale che, con una media nazionale di 100, in Sicilia non riesce a raggiungere gli 83 punti e guarda con il cannocchiale i 112 della già citata Lombardia.
 
In questo scenario, però, anche i Governi centrali sembrano aver dimenticato la Sicilia e il Sud. La Questione meridionale è diventata nei decenni uno slogan buono per ogni occasione elettorale, quando è utile colpire alla pancia l’elettore medio per conquistare un voto, ma alla fine essa non è mai stata affrontata in modo strutturale da chi è andato al Governo del Paese e i dati che abbiamo citato lo dimostrano in maniera incontrovertibile.
 
Ma se il passato è questo, cosa è lecito attendersi dal futuro? Come intendono affrontare il rilancio del Sud i principali partiti che si contenderanno il favore degli elettori domenica prossima, per evitare che Settentrione e Meridione d’Italia continuino a correre a due diverse velocità?
 
Per tentare di rispondere a queste domande abbiamo analizzato nel dettaglio i programmi di coalizione di centrodestra (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Noi con l’Italia-Udc), coalizione di centrosinistra (Partito democratico, +Europa, Civica popolare e Insieme), Movimento 5 stelle e Liberi e uguali.

Coalizione di centrodestra (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Noi con l’Italia-Udc) – Come accennato, i leader del centrodestra hanno deciso di presentare una proposta di Governo unitaria: dieci punti di programma che portano in calce la firma di Silvio Berlusconi, Lorenzo Cesa, Raffaele Fitto, Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Il Meridione d’Italia si ritaglia il suo spazio all’interno del punto 2 del programma di coalizione: “Meno Stato invadente, più Stato efficiente, più società”. La volontà è quella di mettere in atto un vero e proprio “Piano per il Sud” con l’obiettivo raggiungere un adeguato “sviluppo infrastrutturale e industriale del Mezzogiorno”, in particolare attraverso un utilizzo “più efficiente dei fondi europei”. Il tutto, con l’intendimento di “azzerare il gap infrastrutturale e di crescita con il resto del Paese”.

Coalizione di centrosinistra (Partito democratico, +Europa, Civica popolare e Insieme) – A differenza di quanto fatto dal centrodestra, il centrosinistra non ha presentato un programma unico di coalizione, quindi abbiamo preso come riferimento i “Cento punti” del partito che guida la coalizione, ovvero il Pd di Matteo Renzi. La “lista delle cose da fare” è stata stilata con l’obiettivo di dare continuità a quanto già avviato negli ultimi anni, anche per quel che riguarda il Sud. Lo si evince, per esempio, quando si parla di opere pubbliche, con l’obiettivo di concretizzare i 15 Patti già firmati per il Mezzogiorno attraverso una “verifica semestrale dello Stato di attuazione dei lavori con procedure di coinvolgimento online dei cittadini sull’esecuzione delle opere”. Si fa riferimento alla Sicilia, poi, per quanto riguarda la promessa di “realizzare le opere ancora in ritardo” tra cui figurano appunto “i cantieri siciliani”.
Il Sud trova spazio anche nel tema della scuola – l’obiettivo è “aumentare il tempo pieno” nel Meridione “imponendo limiti inderogabili al numero degli alunni nelle classi” – e in quello dell’agricoltura, con l’obiettivo di “agevolare nella legalità l’ingresso delle giovani nel lavoro agricolo, in particolar modo nel Mezzogiorno”.

Movimento 5 stelle – Nessuna menzione particolare al Sud all’interno del programma presentato dal Movimento che propone Luigi Di Maio come premier. Sono in tutto venti i punti indicati dai pentastellati nella sintesi dei loro obiettivi di Governo, ma nessuno di essi indica precise strategie per lo sviluppo del Mezzogiorno. Possiamo supporre, però, che possa sposarsi bene con le esigenze della nostra Isola e del Sud in generale il punto del programma che prevede “cinquanta miliardi di investimenti produttivi in settori strategici”. Tra questi, infatti, il M5s indica “innovazione, energie rinnovabili, manutenzione del territorio, contrasto al dissesto idrogeologico, adeguamento sismico, banda ultra larga, mobilità elettrica” tutti settori che sarebbero fondamentali per lo sviluppo della Sicilia e del Meridione.

Liberi e uguali – Non c’è grande spazio specifico dedicato al Sud o al Meridione nella sintesi del programma del partito rappresentato da Pietro Grasso. Nel documento disponibile sul sito web ufficiale, la parola Sud è legata alla cultura, con la volontà di “nutrire un turismo di qualità che soprattutto nel Sud Italia può rappresentare una formidabile risorsa di sviluppo sostenibile capace di iniziare a colmare il gap con il resto del Paese”. Per il resto, si parla genericamente di infrastrutture, ambiente, sanità e sociale, ma nei confronti del Mezzogiorno non sono messe in evidenza strategie particolari.
 
Tirando le somme, possiamo affermare come, ancora una volta, la Questione meridionale rappresenti soltanto una nota a margine nei progetti politici per lo sviluppo del Paese.
 
Una criticità che rischia dunque di rimanere irrisolta anche nei prossimi anni, con il Sud a fare da zavorra a un’economia nazionale che, in queste condizioni, non potrà mai decollare.
 

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