Fermo pesca 2018: ancora tutto tace - QdS

Fermo pesca 2018: ancora tutto tace

Redazione in collaborazione con Unci Agroalimentare

Fermo pesca 2018: ancora tutto tace

Tanti i problemi legati alla crisi del comparto in Sicilia

Tra il rompicapo derivante dai Regolamenti Europei ed il caos in Libia che danneggia la pesca del gambero rosso, passando poi per i problemi ambientali, le plastiche – le trivelle- l’inquinamento e le Zone Economiche Esclusive chieste dalla Grecia e i dubbi sulla gestione della pesca del Tonno Rosso del Mediterraneo e Pesce Spada-, applicazione dell’obbligo di sbarco dei demersali dal primo gennaio 2019: ma dove vanno i nostri pescatori?
 
I temi caldi di un estate che stenta a decollare sono come sempre le questioni irrisolte dei pagamenti degli arresti temporanei obbligatori dal 2015 ad oggi, poi c’è la questione della pesca del Tonno Rosso del Mediterraneo, che è attualità.
 
Vicenda dalle tante sfaccettature, non sempre comprensibili poiché come sembrava fino a qualche anno fa che il Tonno del Mediterraneo fosse a rischio di estinzione, fino ad entrare in Cites, oggi vede l’aumento di quota pari al 25% delle quota totale assegnata all’Italia senza pero nessun riscontro sulla piccola pesca artigianale, ma un patrimonio catturabile solo per pochi.
 
Lo scenario diventa molto difficile per la pesca a strascico, come abbiamo accennato con il primo gennaio 2019 scatta l’obbligo dello sbarco di tutto il catturato e quindi anche i sotto taglia devono essere dichiarati e sbarcati (Allegato III regolamento CE n. 1967/2006 del Consiglio del 21 dicembre 2006). Questo significa che i nostri pescatori dovranno trovare a terra un luogo ben definito dove sbarcare l’eventuale catturato indesiderato facendo parte dell’elenco di cui all’Allegato III di misura inferiore a quello stabilito poiché tali prodotti ittici non possono essere né detenuti né commercializzati ad uso umano. Qui il problema di non facile applicazione: sono attrezzati i porti?
 
Altro dramma nel dramma il nuovo decreto per l’arresto temporaneo biologico anno 2018, che sebbene già discusso in tavolo tecnico Ministeriale con le parti sociali, ancora non decolla. La bozza del provvedimento, che era stata preliminarmente discussa e inviata ai soggetti interessati con ampio anticipo, aveva già registrato, nonostante le perplessità da sempre manifestate sull’efficacia della misura del fermo circa il miglioramento dello stato delle risorse ittiche in sofferenza, aveva comunque ottenuto non molti consensi ma non c’è voglia di cambiamento sulle modalità di attuazione così come formulate nella proposta della DG Pesca.
 
L’UNCI Agroalimentare, comunicò prontamente alle proprie imprese di pesca associate l’importante decisione ma, da quel giorno ad oggi del decreto non se ne sa più nulla. “Non vorremmo – ha ribadito Scognamiglio – che ancora una volta si resti ostaggio delle solite pretese di chi non comprende la difficoltà di far coincidere tutte le tessere del “puzzle” dimenticando che sovente il meglio è nemico del bene”.
 
Resta ancora nel paniere delle lamentele la questione sulle autorizzazione alla pesca del pesce spada che vede fuori tante imbarcazioni che per questioni burocratiche e burocratesi hanno visto bocciate le loro aspettative di opportunità e come sempre la burocrazia frena le nostre imprese di pesca anche per l’approccio ai Fondi Strutturali. Troppe carte e documenti che sono sempre gli stessi e che si ripetono a valanga sulle imprese che pensavano di poter avere occasioni dal Feamp. Quanto ci costa in termini di ritorno in Europa dei Fondi comunitari non spesi? Queste alcune delle problematiche calde.
 
Altro tema è la opportunità di far crescere un mercato interno dell’Ittico attraverso la tracciabilità ed il riconoscimento del prodotto pescato a mare e nel mare Mediterraneo che ricordiamo al consumatore è riconosciuto come Zona Fao 37.
Come proteggere il Made in Italy? Non certamente con i dazi o con un protezionismo bieco ed assurdo ma attraverso l’eccellenza della nostra tracciabilità sanitaria. Porre quindi i paletti cosi come già si fa per le nostre aziende anche ai prodotti importati. Imporre il marchio di eticità e tracciabilità con un codice univoco riconosciuto.
 
La riflessione è importante per poter avere anche un pescato tutto italiano e fatto dalle marinerie della cosiddetta piccola pesca artigianale garantendo loro un maggior ristoro economico ed anche una fetta di quel mercato del Tonno Rosso e Pesca del Pesce Spada che fa maggior volume in termini economici.
Bene la cautela nella ratifica del Ceta da parte di Centinaio, spalancare le porte alle imitazioni del Made in Italy è l’ultima cosa di cui ha bisogno il nostro agroalimentare.
 
Il Presidente di Unci, Prof. Cav. Pasquale Amico e Gennaro Scognamiglio dell’Unci Agroalimentare plaudono alla decisione del ministro Gian Marco Centinaio di voler capire con dati concreti se realmente il Ceta, l’accordo di libero scambio Ue-Canada approvato dall’Europarlamento nel 2017 e in attesa di ratifica da parte degli Stati membri, sia realmente vantaggioso dal momento che – sempre secondo quanto ha affermato il responsabile del dicastero dell’Agricoltura – il Governo non ha altri dati rispetto a quelli della Commissione prima di chiudere l’accordo.
 
Il ministro Centinaio ritiene, infatti, che al momento sembrerebbero non esserci le condizioni e che quindi non c’è fretta di portare in aula il Ceta.
Bene quindi, per UNCI e per UNCI Agroalimentare che il ministro Centinaio abbia sollevato il problema del mercato canadese che vede solo le 41 IGP italiane sul totale delle 249 tutelate in questo accordo.
 
Quella del ministro, osservano i vertici dell’UNCI, rappresenta però una parziale apertura. Non ci sfugge l’importanza di un accordo con un mercato come quello canadese, ma riteniamo che un accordo come quello prospettato rischia di mettere in serio pericolo il nostro made in Italy perché darebbe il via libera alle imitazioni o falsi d’autore. Vediamo quindi positivamente l’istituzione di un Tavolo Tecnico Nazionale – ha ribadito il Presidente dell’Unci Agroalimentare – che possa valutare gli esiti di applicazione del Ceta così come proposto dall’Aicig, l’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche, al ministro delle Politiche Agricole, . Gian Marco Centinaio, alla luce della posizione presa nei confronti dell’accordo bilaterale tra Italia e Canada.

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