Matrimonio tra persone dello stesso sesso. Legge Cirinnà, un passo verso uguali diritti - QdS

Matrimonio tra persone dello stesso sesso. Legge Cirinnà, un passo verso uguali diritti

Matrimonio tra persone dello stesso sesso. Legge Cirinnà, un passo verso uguali diritti

sabato 24 Novembre 2018

Agli ultimi posti nel mondo in tema di unioni tra omosessuali, l’Italia fatica a tenersi al passo coi tempi. Mentre al Centro-Nord il 65,4% della popolazione accetta i gay, al Sud lo fa solo il 49,2%

GELA (CL) – Nell’antichità la diversità era maggiormente accettata, prova ne sono gli antichi Greci che apprezzavano ogni forma d’amore poiché, in quest’ultimo, cercavano il bello indipendentemente dal sesso di chi amavano.
 
Piano piano, con il progresso (o in questo caso regresso), le mentalità si sono chiuse fino alla completa repulsione nei confronti di chi ama persone del proprio stesso sesso. Ma, da qualche anno a questa parte si sta assistendo ad una vera e propria rivoluzione del modo di vedere l’amore. Nonostante ciò dall’“Europe Annual Review 2013”, uno studio dell’associazione “Ilga Europe”, è emerso che l’Italia è tra i Paesi europei più omofobi. Si trova al 36esimo posto su 46 Paesi. Il divario è presente anche all’interno dello stesso Stato italiano. Infatti mentre al Centro-Nord il 65,4% della popolazione accetta i gay, al sud solo il 49,2% è favorevole, mentre il 18% è assolutamente contro.
 
Questa discriminazione è evidente in svariati campi, basti pensare che un gay dichiarato ha il 30% in meno di possibilità di trovare un lavoro, a parità di curriculum, con un altro uomo non dichiarato o etero. Ma anche nelle scuole la poca tolleranza ha causato problemi, come è successo ad Andrea, il ragazzino di Roma di 15 anni suicidatosi a causa delle continue prese in giro.
 
La lotta di queste persone continua anche nel campo dei matrimoni, o meglio delle unioni. L’Italia è uno dei paesi in cui il tasso di tolleranza nei confronti del mondo LGBT (abbreviazione di “lesbian, gay, bisexual e transgender” con la quale si indica, per l’appunto, la comunità gay) progredisce più velocemente e un esempio tangibile, è l’emanazione della “legge Cirinnà” dell’11 maggio 2016 che consente le unioni riconoscendo dei diritti e dei doveri simili a quelli previsti dal matrimonio.
 
L’unione gay, secondo tale legge, avviene come nei matrimoni civili, alla presenza di un ufficiale di Stato e di due testimoni, ma i due partner non si promettono reciproca fedeltà e la cessazione può avvenire senza dover aspettare il periodo di separazione. Inoltre, possono scegliere di acquisire lo stesso cognome.
 
Riguardo gli aspetti patrimoniali e la successione, vigono gli stessi diritti che la coppia acquisisce contraendo matrimonio. L’argomento più ostico è sicuramente quello della prole. Secondo la legge, il partner non può adottare il figlio legittimo dell’altro. Attualmente questo tema è oggetto di discussione nell’ambiente politico e non solo.
 
Sono state effettuate numerose ricerche per rispondere alla domanda: “I bambini allevati da due individui dello stesso sesso hanno le stesse opportunità dei bambini allevati in famiglie con un padre e una madre?” La risposta ottenuta è stato un “no”. Il problema fondamentale è che il numero di genitori gay per compiere queste indagini è insufficiente. Nonostante ciò, non vi sono prove dell’inadeguatezza dei gay ad essere genitori.
 
La domanda che mi pongo è se i bambini che vivono in una famiglia con genitori gay, abbiano la stessa serenità di tutti coloro che invece fanno parte di una famiglia considerata “normale”. Credo che, con la chiusura mentale che spesso si riscontra nella società, possano essere derisi, esclusi o allontanati dai genitori etero, poiché non vogliono che le amicizie dei propri figli siano “contaminate”.
 
Si dovrebbe cercare di sensibilizzare su questo tema, di eliminare l’ignoranza che incombe sulla vita di queste persone per permettergliene una libera e felice, senza paure.
 
Anche Papa Francesco ha risposto a questa domanda: “Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”. Da tali parole si può desumere la posizione della Chiesa che non riconosce le unioni.
è necessario mantenersi al passo con i tempi regolamentando adeguatamente le unioni in tutti i loro aspetti, evitando così di trovarsi impreparati alle situazioni che si presentano nella realtà.
 
Ludovica Iannizzotto
VAL, Liceo Scientifico e Linguistico E.Vittorini di Gela

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