Otto italiani su dieci contenti se il figlio lavorasse nell'agricoltura - QdS

Otto italiani su dieci contenti se il figlio lavorasse nell’agricoltura

Elio Sofia

Otto italiani su dieci contenti se il figlio lavorasse nell’agricoltura

martedì 11 Dicembre 2018

Studio Coldiretti-Censis su dati Nomisma relativi alla diffusione del lavoro nelle campagne. Solo il 5,4% dei genitori contrari alla possibilità che i figli si sporchino le mani con la terra

ROMA – Secondo un’interessante e sorprendente studio realizzato da Coldiretti/Censis e divulgato in occasione della diffusione dei dati Nomisma sui giovani nelle campagne, l’82,1% degli italiani, ovvero otto su dieci, sarebbe contento se il proprio figlio lavorasse nel mondo agricolo, con la percentuale che sale addirittura all’86,2% se come campione si considerano i soli genitori che hanno come titolo di studio, la laurea.
 
Soltanto il 5,4% delle mamme e dei papà sarebbe contrario a vedere il proprio figlio impiegato nel lavoro di campagna, mentre il restante 12,5% non prende alcuna posizione al riguardo.
 
Tutto ciò è la dimostrazione del profondo cambiamento di atteggiamento che negli ultimi anni si è verificato in riferimento al lavoro nel settore primario. Se un tempo ironicamente o in senso dispregiativo si urlava alle “braccia rubate all’agricoltura” per denigrare la persona a cui ci si riferiva, oggi a braccia aperte si è disposti ad appartenere a quel settore primario un tempo bistrattato e sottovalutato.
 
La rinnovata attrattività della campagna per i giovani si riflette nella convinzione comune che l’agricoltura sia divenuta oggi un settore dalle tante potenzialità capace di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita professionale destinate ad aumentare nel futuro immediato.
 
Questo profondo mutamento culturale si è tradotto soprattutto nelle scelte relative al percorso scolastico e i numeri parlano chiaro: negli ultimi sette anni, gli studenti italiani hanno preso d’assalto la facoltà di Agraria facendo registrare un aumento del 14,5% delle iscrizioni; un dato in aperta controtendenza al calo generale del 6,8% delle iscrizioni universitarie in generale registrate nelle altre facoltà, nello stesso periodo di riferimento, con appena 1,67 milioni nel 2017/18 (dati dell’Anvur, l’Istituto nazionale deputato alla valutazione della ricerca scientifica e dell’università italiana).
 
La professionalità è uno degli elementi contraddistintivi del lavoro nelle campagne per come oggi viene effettuato nelle 55mila imprese agricole italiane condotte da under 35 che hanno di fatto rivoluzionato il lavoro della terra portando il 70% delle imprese giovani ad operare in attività multifunzionali che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili.
 
Anche la biodiversità ha un occhio di riguardo in questo ritrovato amore; il 25% degli agricoltori hanno salvato 311 prodotti e razze animali dal rischio di estinzione riportando nei mercatini del contadino e nelle tavole italiane i prodotti della tradizione agricola nostrana che rischiavano l’estinzione, surclassati dalle dinamiche produttive e soprattutto distributive della grande distribuzione.
 
Ma la vita di campagna non sembra essere solo il testimone raccolto dalla tradizione lavorativa di famiglia, per molti giovani è una vera e propria scommessa lavorativa professionale e imprenditoriale, venendo da un background famigliare del tutto estraneo al mondo agreste.

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