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Palermo – Zetalab, nel centro dei rifugiati il destino non è ancora definito

Luca Insalaco

Palermo – Zetalab, nel centro dei rifugiati il destino non è ancora definito

mercoledì 31 Marzo 2010

Clima sempre caldo per l’assegnazione dell’immobile, teatro di vivaci proteste di richiedenti asilo. Per Comune e Provincia è luogo di accoglienza, ma necessità di ristrutturazioni

PALERMO – La quiete dopo la tempesta. Al Laboratorio Zeta il clima è tornato sereno dopo gli sgomberi forzosi del 19 gennaio scorso, con annessi scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Dopo aver vissuto per mesi in strada, i 32 sudanesi richiedenti asilo, nei giorni scorsi hanno ripreso possesso di quella che da ormai sette anni è la loro casa e che peraltro risulta censita come centro d’accoglienza nella carta servizi di Comune e Provincia. Dall’amministrazione comunale non è giunta altra sistemazione alternativa ai locali di Piazzetta della Pace, giudicati inadeguati dagli occupanti. L’edificio comunale, ex sede dell’assessorato all’Urbanistica, necessita di importanti  lavori di ristrutturazione che ne permettano il ripristino delle condizioni di agibilità. Né sono arrivate le risposte promesse dalla Regione nei giorni caldi della protesta.
Prosegue, invece, la querelle sull’assegnazione dell’immobile. Un gruppo di cittadini ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica, contestando l’assegnazione, da parte dell’Istituto autonomo case popolari, all’associazione Aspasia, chiedendo di accertare i rapporti degli assegnatari con l’amministrazione comunale ed esprimendo “preoccupazione che la politica sociale e la gestione degli spazi pubblici a Palermo siano esposte a logiche speculative”.
Nei locali di via Boito l’associazione, che ha sempre rivendicato la trasparenza delle procedure seguite (un bando nel 2002) e la legittimità delle sue richieste, vorrebbe realizzare un asilo a pagamento con l’opzione di trattamento in semiconvitto. L’organizzazione, tuttavia, risulta già assegnataria di un bene confiscato alla mafia, un edificio di tre piani con un terreno di circa 5 mila metri quadrati per attività socio assistenziali connesse con i minori, oltre ad essere stata destinataria di circa 2 milioni di euro di fondi comunali per ricovero di minori e per anziani.
Da qui i dubbi degli attivisti dello Zetalab sulla necessità di acquisire proprio i locali di via Arrigo Boito, che il Piano regolatore lega ad un uso pubblico. Una vicenda intricata, insomma, che ad oggi appare tutt’altro che definita. Intanto, il centro sociale, tagliato il traguardo dei nove anni di attività, ha accompagnato il rientro dei rifugiati con un programma fitto di iniziative, a cominciare dal laboratorio per l’Università popolare, diretto dal docente universitario Fulvio Vassallo Paleologo.
 

 
Prospettiva. Incontro tra culture e integrazione
 
PALERMO – Sugli effetti del fenomeno migratorio in città, è intervenuto di recente Roberto Mazzarella, responsabile del Centro studi e documentazione sulle migrazioni del Comune di Palermo: “Gli aspetti socio-economici dell’integrazione degli immigrati, vengono normalmente presi in considerazione. Ad oggi, invece, non esistono strutture che si occupino delle altre dimensioni dell’integrazione. Ad esempio la dimensione civica, i beni relazionali, la gratuità.
Cosa vorremmo fare allora? Dar corpo ad un modello palermitano di integrazione che tiene conto della nostra storia, della nostra cultura, dei nostri bisogni per integrarli con le altre culture, le altre storie, gli altri bisogni. Perché l’incontro tra culture è basato sulla reciprocità e deve divenire progetto politico di un’intera città, di un’intera comunità. Tutto ciò – ha concluso – sarà possibile riscoprendo insieme i beni relazionali, riscoprendo il rispetto delle regole e i comportamenti fraterni spontanei ma anche organizzati”.

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