Dopo 10 anni serve un segnale “forte” - QdS

Dopo 10 anni serve un segnale “forte”

Angela Carrubba

Dopo 10 anni serve un segnale “forte”

martedì 11 Maggio 2010

Si attende con interesse la nuova direttiva europea contro i ritardi delle pubbliche amministrazioni nei pagamenti di beni e servizi. Mentre gli euroburocrati discutono ed i politici sono “allarmati” le piccole imprese chiudono

PALERMO – Il 30 aprile scorso il vicepresidente della Commissione Europea per l’industria e l’imprenditoria, Antonio Tajani ha affermato che: “L’Unione Europea si sta impegnando affinché si faccia in fretta una direttiva per ridurre al massimo i ritardi dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti delle piccole e medie imprese”.
Già un anno fa (l’8 aprile 2009) Günter Verheugen, responsabile della Commissione europea per Imprese e industria, aveva dichiarato che “Nonostante alcuni miglioramenti registrati nel corso degli ultimi anni, i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese o tra imprese e autorità pubbliche sono ancora una realtà nell’Ue. È un fenomeno che ostacola lo sviluppo delle imprese ed è addirittura all’origine del fallimento di imprese altrimenti sane, soprattutto laddove si tratti di piccole e medie imprese. Purtroppo a tutt’oggi la cultura dei pagamenti da parte delle autorità pubbliche non è sempre lodevole. Considerata la crisi attuale diversi Stati membri hanno perciò iniziato ad affrontare la questione a livello nazionale”.
Che le piccole imprese siano particolarmente colpite dalla crisi economica che dal 2008 ha investito l’economia mondiale è cosa verificata da tutti gli ultimi dati elaborati dai centri di ricerca e dagli uffici studi di banche e associazioni del territorio nazionale. E se l’Italia piange, la Sicilia sta peggio.
In Sicilia nei primi tre mesi del 2010 il numero di imprese che hanno chiuso i battenti supera quello delle aperture: tra gennaio e marzo sono state infatti 8.526 le iscrizioni al registro delle Camere di Commercio contro le 9.763 cessazioni, totalizzando un saldo negativo di 1.237 unità e un tasso di crescita trimestrale dello stock di imprese pari a -0,26%. Sono questi i dati sulla Sicilia che emergono dall’indagine sulla nati-mortalità delle imprese nel primo trimestre dell’anno fotografati da Movimprese, la rivelazione trimestrale condotta per Unioncamere da Infocamere.
Una cosa che sicuramente ha influito sulla débâcle a livello nazionale sono i tempi di pagamento alle piccole imprese, che si traducono in attese anche di 600 giorni, per recuperare i crediti vantati nei confronti degli enti pubblici. Il tempo medio di attesa per riscuotere un credito da una pubblica amministrazione si attesta sui 128 giorni contro i 67 della media Ue e questi ritardi costano 934 milioni di euro l’anno, e a farne le spese sono proprio le Pmi che, alla fine, non hanno accesso al credito.
 
E se parliamo delle amministrazioni pubbliche siciliane, i tempi medi di attesa per riscuotere i crediti vanno da 168 giorni in avanti.
Dal momento che ci sono voluti dieci anni dall’emanazione della prima direttiva Ue sui ritardi dei pagamenti (Direttiva 2000/35/CE pubblicata nella GUCE del 8.8.2000) perché le istituzioni europee affrontassero con decisione le inadempienze delle pubbliche amministrazioni dei paesi membri, le imprese hanno diritto di attendersi che i propri governi accorcino i tempi lunghissimi dell’iter europeo.
 
E le imprese siciliane, a maggior ragione, attendono che la Regione (e l’assessore all’Economia) preceda la Commissione adottando subito due provvedimenti: 1. predisporre contratti standard che prevedano tempi massimi per il pagamento di beni e servizi oltre i quali scattano interessi di mora e recupero spese; 2. rilevare e diffondere un registro nel quale siano contenuti i nomi delle Pa regionali e locali insieme ai relativi tempi di pagamento delle fatture. Le imprese potrebbero utilizzarlo per programmare meglio il proprio cash flow e si perseguirebbe l’obiettivo di una vera trasparenza.
 

 
Novità della direttiva da approvare rispetto a quella del 2000
 
Le disposizioni della direttiva 2000/35/CE relative all’ambito d’applicazione, agli interessi di mora, alla riserva di proprietà e alla procedura di recupero dei crediti non contestati restano fondamentalmente immutate. Le modifiche sostanziali proposte sono:
a) l’articolo 1, paragrafo 2 elimina la possibilità per gli Stati membri di escludere i ricorsi per interessi di importo inferiore a 5 euro; in questo modo si elimina un ostacolo ai ricorsi per ottenere gli interessi di mora, in particolare per le Pmi e per le piccole transazioni, in cui gli importi degli interessi sono limitati;
b) l’articolo 4 specifica che, in caso di ritardi di pagamento, i creditori hanno il diritto di ottenere un importo per i costi di recupero interno connessi all’importo pagato in ritardo;
c) l’articolo 5 della proposta affronta i ritardi di pagamento delle amministrazioni pubbliche che saranno tenute, di norma, a pagare le fatture relative a transazioni commerciali aventi per oggetto la fornitura di beni o la prestazione di servizi entro 30 giorni. Allo scadere di tale periodo il creditore ha diritto ad un risarcimento pari al 5% dell’importo dovuto, oltre agli interessi di mora e al risarcimento dei costi di recupero;
d) sono rese più rigorose le regole sui contratti gravemente iniqui.

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