Monito dalla Banca d’Italia, il Pil non cresce, anzi arretra - QdS

Monito dalla Banca d’Italia, il Pil non cresce, anzi arretra

Salvatore Sacco

Monito dalla Banca d’Italia, il Pil non cresce, anzi arretra

giovedì 10 Giugno 2010

La Relazione del governatore Mario Draghi esposta presso la sede centrale a Roma lo scorso 31 maggio. Consumi stagnanti ed investimenti deboli caratterizzano l’economia regionale

PALERMO – Nella Relazione annuale della Banca d’Italia difficilmente vengono scagliate accuse nei confronti di funzioni governative ed amministrative centrali o locali che siano. Più impietosamente si lascia che siano i numeri, con la loro evidenza, ad emettere condanne anche dure nei confronti degli amministratori incapaci o peggio corrotti. Ciò vale anche nel caso della relazione presentata lo scorso  31 maggio a Roma dal Governatore Draghi, in perfetta rispondenza allo stile del prestigioso istituto di via Nazionale,
Peraltro, pur avendo questo documento carattere nazionale, fra le righe si possono ritrovare interessanti notazioni anche a livello di singola regione. è certamente il caso della Sicilia che da questa relazione 2009 ha più di un motivo di profonda meditazione .
Un primo aspetto riguarda l’andamento generale dell’ economia. Draghi ha ricordato che la ripresa, in Italia come in Europa, è fragile ed è esposta ai rischi degli effetti recessivi della manovra di contenimento effettuata con l’ultima finanziaria e, soprattutto, ai rischi connessi all’ azione della speculazione che potrebbe colpire i Paesi ad alto debito pubblico, come il Nostro; se nei primi tre mesi di quest’anno la ricchezza è aumentata dello 0,5%, inferiore alla crescita dei paesi Ocse ma superiore alla media dei 16 Paesi dell’euro (pari allo 0,2%), nel periodo 2008-2009 il nostro pil è sceso di  ben 6,5 punti, cioè la metà della crescita dei dieci anni precedenti; ancora il reddito reale delle famiglie si è ridotto del 3,4% e i loro consumi del 2,5%, mentre l’export è calato del 22% e gli investimenti del 16%.
In questo quadro l’economia siciliana è molto probabile che vada incontro ad un  anno di stagnazione, con crescita vicina allo zero, dopo la recessione del 2009 costata circa 5 punti di Pil in meno. Consumi stagnanti ed investimenti deboli caratterizzeranno l’economia regionale, compromettendo ulteriormente i livelli occupazionali ed il reddito reale delle famiglie. Uno scenario in cui sembra essersi innescata una spirale perversa in cui interagiscono le carenze infrastrutturali, l’incapacità di incidere con politiche centrali e locali efficaci, l’azione asfissiante della criminalità organizzata.  Su questo ultimo punto il monito del Governatore si fa più esplicito e duro: “ Relazioni corruttive tra soggetti privati e amministrazioni pubbliche, in alcuni casi favorite dalla criminalità organizzata, sono diffuse (…). Studi empirici mostrano che la corruzione frena lo sviluppo economico. Stretta è la connessione tra la densità della criminalità organizzata e il livello di sviluppo: nelle tre regioni del Mezzogiorno in cui si concentra il 75% del crimine organizzato (evidentemente c’è anche la Sicilia: n.d.r.) il valore aggiunto pro capite del settore privato è pari al 45 per cento di quello del Centro Nord.”
 

 
Draghi: “Ridurre gli sprechi nella Pa”. Bilancio Regione Sicilia, 90% spesa corrente
 
ROMA – Fra le riforme strutturali improcrastinabili la Banca d’Italia indica, in primis, gli assetti e il costo dell’amministrazione pubblica, cogliendo l’occasione della crisi per “ripensare il perimetro e l’articolazione delle amministrazioni, per razionalizzare le risorse, per eliminare duplicazioni e ridurre sprechi”.
Anche qui c’è da riflettere e può risultare non perfettamente in linea la richiesta avanzata dal Presidente della Regione relativamente alla stabilizzazione di oltre 22.500 precari, (la Regione siciliana dovrebbe aumentare da 5 a 10 anni il contributo per la stabilizzazione, secondo un disegno di legge presentato in commissione bilancio all’Ars), in un situazione in cui i  bilanci di molti enti locali sono già in dissesto mentre il bilancio regionale marcia con uno squilibrio strutturale stimato, ottimisticamente, intorno ai due miliardi di euro, con un carico delle spese correnti superiore al 90%.
Ancora il Governatore afferma, stavolta con una notazione personale fatta al di fuori dal testo della relazione, che la “macelleria sociale deriva dall’evasione” e più in generale dal sommerso, che fungono da freno alla crescita (facendo aumentare le tasse per chi le paga) e riducono le risorse per le politiche sociali. In Italia, secondo stime dell’Istat, il valore aggiunto sommerso ammonta al 16% del Pil, mentre tra 2005 e 2008 il 30% della base imponibile dell’Iva è stato evaso, si tratta di circa 2 punti di Pil all’ anno.
In Sicilia, come nelle altre regioni meridionali, il lavoro sommerso pesa circa il 25% sul totale degli occupati (stima Censis al 2006), contro il 10% circa nel Nord del Paese. Poco si è fatto in tal senso e certo la crisi economica contribuirà ad ulteriori aumenti di tale fenomeno.
Resta qualche notazione sul credito; anche in Sicilia, come rilevato dal Governatore per l’intero Mezzogiorno, nello scorso anno i prestiti alle imprese sono tornati a crescere (+4%) mentre in Italia sono diminuiti (-3,6%), tendenza che è proseguita nei primi mesi del corrente anno; tale dato, almeno nella nostra regione sembra però potersi attribuire più a fenomeni di “tiraggio, ovvero di risposta alle difficoltà economiche da parte di imprese e famiglie tramite un più esasperato ricorso alla leva creditizia piuttosto che ad una vera espansione della domanda a supporto di una rinnovata tensione produttiva e di consumo. Questo aspetto sembra confermato dalla drammatica impennata delle sofferenze, che peraltro, mentre si va attenuando nei primi mesi del 2010 nell ‘intero Paese, sembra accentuarsi in Sicilia (+ 35.6% fra aprile 2010 e aprile 2009, + 10,8% fra aprile 2010 e dicembre 2009).

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