La competitività della Sicilia metà di quella della Lombardia - QdS

La competitività della Sicilia metà di quella della Lombardia

Salvatore Sacco

La competitività della Sicilia metà di quella della Lombardia

venerdì 15 Ottobre 2010

Indice della Commissione europea, ispirato al Global Competitiveness Index del World Economic Forum. Incide l’incapacità del sistema formativo di creare una forza lavoro utile al mercato

PALERMO – In molte classifiche che cercano di misurare la competitività dei singoli sistemi regionali, la Sicilia ottiene degli standard inferiori rispetto alla media dell’intero Paese ed anche rispetto alla media delle altre regioni sud insulari.
Ciò vale anche nel caso dell’Indice di Competitività Regionale (Rci) da poco pubblicato nella sua prima edizione dalla Commissione Europea. Questo indice, Ispirato al Global Competitiveness Index del World Economic Forum (Wef), si basa su undici pilastri e considera quasi settanta variabili.
I dati utilizzati provengono per la maggior parte da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, ma anche dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), in particolare per quanto riguarda l’efficacia del sistema educativo di base e i brevetti. Altre variabili provengono dalla Banca Mondiale (Indicatori di Governance Globale, il Doing Business Index).
I pilastri considerati descrivono i fattori di base di un’economia, con particolare attenzione a quelli che caratterizzano i livelli più avanzati di sviluppo economico, come quelli legati alla capacità innovativa e al livello tecnologico della regione. Per ragioni di comparabilità, la pesatura di ciascun pilastro nel calcolo dell’indice finale avviene in maniera ponderata in base al diverso stadio di sviluppo di ciascun paese; l’obiettivo è quello di rendere ciascuna regione comparabile con le altre regioni indipendentemente dai differenti livelli di sviluppo, determinati in base al prodotto interno lordo.
Nel dettaglio si analizzano: la qualità delle istituzioni, la stabilità macroeconomica, la dotazione infrastrutturale, la qualità dell’assistenza sanitaria ed il correlato stato medio di salute della popolazione, l’efficacia del sistema educativo di base, l’efficacia del sistema formativo superiore, l’efficienza del mercato del lavoro, il livello della tecnologia disponibile, l’ evoluzione delle transazioni, la capacità innovativa del territorio, lo spessore e la funzionalità dei mercati a livello locale. I valori dell’indice Rci variano fra zero e cento.
Secondo quanto pubblicato dalla Commissione Europea, questo indice sarebbe pari per la Sicilia a 35.8, dato che la colloca al 213° posto fra le 235 regioni europee, mentre per il restante contesto meridionale l’indice è pari a 36.6; l’Isola fa meglio di alcune delle regioni più piccole (Calabria Molise, Sardegna e Basilicata) ma è distaccata dalle regioni più grandi e in particolare dalla Puglia (36.0) e soprattutto dalla Campania, che vanta un indice pari a 40.6.
In ogni caso la competitività della Sicilia è pari quasi alla metà di quella della Lombardia, che risulta naturalmente la più alta fra le regioni italiane con 65.3, piazzandosi però solo al 95° posto nella graduatoria a livello europeo. I fattori che incidono di più su queste defaillance della nostra regione sono quelli che riguardano l’efficacia del sistema educativo di base (fino alla scuola secondaria di primo livello) in termini di capacità acquisite dagli studenti, il livello d’istruzione e di apprendimento permanente della forza lavoro e, soprattutto, l’efficienza del mercato del lavoro.
Va detto che l’indicatore potrebbe essere ancora più basso, in quanto è probabile che la Sicilia così come alcune delle altre regioni meridionali, ottenga una valutazione superiore a quella effettiva per quanto riguarda la qualità delle istituzioni misurata in base alla percezione dei cittadini.
È noto infatti, come dimostrano quasi tutti i sondaggi fatti in materia, che queste popolazioni, forse per retaggio storico, sono particolarmente indulgenti con i pubblici poteri ed i propri governanti.
 


Alla classe dirigente la responsabilità di rimuovere gli ostacoli al fare
 
Certo la validità di un tale indicatore deve sempre essere presa con le molle, va considerato che, ad esempio, fra le variabili non vengono considerate le caratteristiche peculiari e vocazionali dei territori (per fare qualche esempio la posizione geografica, l’attrattività turistica complessiva e il patrimonio artistico monumentale, la positività del clima, la disponibilità di risorse naturali et.), che sono pure un potente fattore di competitività ed in cui la Sicilia come altre regioni meridionali, vanta maggiori performance. Tuttavia il messaggio che si ricava da queste classifiche, che costantemente ci descrivono in ritardo, è sempre più chiaro.
Tutti quelli che vivono in questi territori, soprattutto chi vuole assumere il ruolo di classe dirigente, hanno un onere molto più pesante di quello richiesto nelle altre aree d’Italia e d’Europa, non solo dobbiamo fare bene ma prima ancora dobbiamo rimuovere gli ostacoli al fare, che spesso sono dentro di noi, nella nostra mentalità di siciliani e di meridionali.

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