Open spending: per la prima volta conti pubblici aperti a tutti in rete - QdS

Open spending: per la prima volta conti pubblici aperti a tutti in rete

Liliana Rosano

Open spending: per la prima volta conti pubblici aperti a tutti in rete

mercoledì 27 Aprile 2011

Bilanci pubblici regionali dal 1996 al 2008, dati forniti dal dipartimento ministeriale del Tesoro. Sicilia a confronto con altre regioni su trenta voci diverse di spesa pubblica

PALERMO – Da oggi i conti pubblici italiani sono alla portata di tutti i cittadini. Questo grazie al progetto “OpenSpending” dell’Open Knowledge, che consente di consultare e condividere i dati pubblici liberi, prodotti o in possesso della pubblica amministrazione, favorendone in tal modo il riutilizzo senza restrizioni di alcun tipo.
La piattaforma, che ha avviato il progetto, mira a rendere più semplice per il pubblico i bilanci pubblici che vanno dal 1996 al 2008. Tra i dati on line, anche quelli della pubblica amministrazione siciliana divisi per settore. I dati sono quelli dei Conti pubblici territoriali forniti dal Dipartimento del Tesoro. L’utente, può andare a confrontare il livello complessivo della spesa tra le diverse regioni, considerando amministrazione centrale e locale. La ripartizione minima è per anni e per settori e consente confronti cronologici. In altre parole, ciascun cittadino può sapere quanto è stato speso nella propria regione durante un determinato anno per l’istruzione, la cultura o qualsiasi altro settore.
L’altro progetto  di prossima realizzazione, su cui la comunità open data punta molto, è stato chiamato “Open Bilancio” ed è nato dalla collaborazione tra  “OpenPolis” (autore di OpenParlamento) e “Linked Open Data”. Si tratta di aprire i bilanci degli 8094 comuni italiani dal 1998 ad oggi e di connetterli ad altri dati pubblici in modo da permettere un confronto tra singoli comuni attraverso un filtro per singole voci di bilancio. Le possibilità anche in questo caso sono illuminanti perché, mettendo i dati di bilancio a confronto,  si può stilare non solo una graduatoria della città ideale ma un rating di sindaci e amministrazioni, creando degli indicatori di efficienza. I tempi del progetto in questo caso sono più lunghi: i primi dati dovrebbero essere disponibili entro la fine dell’anno.
Ma qual è lo stato del movimento “open data” italiano? Pare che le molte iniziative che si sviluppano vengono quasi tutte dal basso, da organizzazioni no profit. Non esiste una politica organica di open data in Italia che consenta, in nome della trasparenza, una regolamentazione definitiva in materia. Gli strumenti normativi a disposizione  (la legge 15/2009 e il dlgs 150), anche se importanti, non sarebbero sufficienti  perché l’applicazione della legge non è automatica per Regioni, province e Comuni, quindi ne risente la pubblicazione dei curricula e delle retribuzioni di chi ha incarichi di indirizzo politico amministrativo. Cosi, la strada verso la trasparenza è ancora lontana, se pensiamo poi a modelli virtuosi come quello inglese, dove i cittadini possono trovare on line anche una banale ricevuta delle spese di Tony Blair.

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