Tentata estorsione alla madre non punibile se limitata a minacce - QdS

Tentata estorsione alla madre non punibile se limitata a minacce

Cristina Cali

Tentata estorsione alla madre non punibile se limitata a minacce

venerdì 20 Maggio 2011

Sentenza della Cassazione: soggetto punibile se il reato è consumato

CATANIA – La Corte di Cassazione ha ritenuto non punibile, ai sensi dell’art. 649 c.p., un uomo di 54 anni che in primo e secondo grado di giudizio era stato condannato a due anni di reclusione per aver minacciato la madre per ottenere del denaro (sent. 18273 dell’11 maggio 2011).
La disposizione contenuta nell’art. 649 c.p. (che trova ragione nella scelta del legislatore di non turbare con l’applicazione di una sanzione penale i rapporti intercorrenti fra i familiari) delinea, al comma 1, gli estremi di una causa personale di non punibilità rispetto ad alcuni delitti contro il patrimonio realizzati in danno dei più stretti congiunti e, al comma 3, prevede i casi in cui, essendo usata violenza alle persone, non si applica tale disciplina di favore (rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione).
La recente pronuncia della Suprema Corte si pone all’interno di un annoso dibattito in ordine alla riconducibilità della tentata estorsione nei confronti dei genitori nell’ambito applicativo dell’ipotesi di non punibilità di cui al comma 1 dell’art. 649 c.p..
Secondo un primo indirizzo interpretativo, la nozione di violenza dovrebbe, infatti, rientrare  in un’ampia accezione tecnico-giuridica e ricomprendere qualsiasi atto o fatto posto in essere dall’agente che si risolva nella coartazione della libertà del soggetto passivo e che viene in tal modo costretto (o che si tenta di costringere) contro la sua volontà, a fare, a tollerare o omettere qualcosa, indipendentemente dall’esercizio di un vero e proprio costringimento fisico (Cass. pen., Sez. II, 29 marzo 2007 – 21 maggio 2007, n. 19651).
Diversamente, secondo un più favorevole orientamento della Corte di legittimità, il soggetto sarebbe punibile solo per i delitti di rapina, estorsione e sequestro di persona a scopo di estorsione che siano giunti a consumazione (con esclusione, quindi, delle forme tentate) nonché per ogni altro delitto contro il patrimonio (tentato o consumato) nel quale la violenza assuma il ruolo di elemento costitutivo o di circostanza aggravante, estromettendo così quelli commessi con minaccia (Cass. pen., Sez. II, 15 marzo 2005 – 13 aprile 2005, n. 13694).
I giudici di Piazza Cavour, ritenendo non sufficiente “ l’annuncio, anche con gesti, di un male ingiusto futuro con scopo intimidatorio diretto a restringere la libertà psichica o a turbare la tranquillità altrui”, hanno, quindi, confermato tale ultimo orientamento.

Avv. Cristina Calì
collegio dei professionisti di Veroconsumo

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