Gazzena: quella “terrazza” sullo Ionio negata per troppi anni alla collettività - QdS

Gazzena: quella “terrazza” sullo Ionio negata per troppi anni alla collettività

Sebastiano Ambra

Gazzena: quella “terrazza” sullo Ionio negata per troppi anni alla collettività

giovedì 26 Maggio 2011

Turismo. Risorse naturali senza valorizzazione.
Proprietà. Il terreno, che ricade nella Riserva della Timpa, attualmente è in mano alla Dras Costruzioni, che l’acquistò legittimamente a un’asta fallimentare per 3,5 mln di euro.
Potrei ma non voglio. La Regione non si presentò all’asta, ma in seguito manifestò l’intenzione di acquisire l’area. Da allora moltissime chiacchiere e un lunghissimo tira e molla.

ACIREALE (CT) – “Arcangelo Calanna beneficò questa terra l’anno del Signore 1868”. Questo documento consegnato ai posteri è visceralmente legato alla terra che lo riguarda, dato che Arcangelo, l’autore, lo scolpì su una parete di roccia che si incontra percorrendo il sentiero principale dentro quel fazzoletto di Sicilia chiamato Gazzena.
Col nome che trova radici nel latino “gazum”, “selva”, questo terrazzo sullo Ionio, raro esempio di terra incontaminata sulla costa Est della Sicilia, ha una storia recente a dir poco travagliata. Il passato, a dispetto di quanto avvenuto negli ultimi trent’anni, è stato splendente: osservando le opere di bonifica realizzate nell’Ottocento e la vegetazione che riesce a sopravvivere ancor oggi, si capisce quanto fosse eccezionale l’uomo al quale interessava solo la convivenza con la natura. Come dire, “Io ti tratto bene, tu produci”. I macchinari che oggi si possono ammirare all’interno (tra i quali un’enorme sorta di pompa a vapore che ha l’aspetto di una locomotiva venuta fuori da un romanzo di Agatha Christie), insieme ai terrazzamenti e ai muri in pietra lavica, sembrano monumenti a un passato che non può più tornare. O sì?
Stando a quanto proclamano gli Enti pubblici, quel luogo verrà consegnato presto alla città che storicamente lo “possiede”, vale a dire Acireale, per rendersi bene comune. Stando a quanto dicono gli attuali proprietari è così pure, ma senza che gli enti ci “giochino” come si fa al Monopoli. Perché quella terra, che ricade nella Riserva della Timpa, attualmente è in mano alla Dras Costruzioni, che l’acquistò legittimamente a un’asta fallimentare. Prima che arrivasse in mano sua era passata, sul finire degli anni Settanta del secolo appena trascorso, fra i possedimenti di Gaetano Graci, uno dei quattro uomini d’affari catanesi che negli anni Ottanta Giuseppe Fava definì “cavalieri dell’apocalisse mafiosa”. In mano a Graci quell’area, destinata a verde agricolo, divenne edificabile e fu quasi sede di alberghi: quasi, perché gran parte della città si ribellò alla possibilità di veder sorgere piscine e depandance, e Graci non riuscì a versarvi una goccia di cemento.
La storia del cavaliere, attraversata da mafia e tribunali, finì con un fallimento che portò la Gazzena in mano ai commissari liquidatori, i quali, dopo averla fatta valutare per 8 milioni 150 mila euro da cinque ingegneri e tre architetti, per anni provarono a mettere su un’asta fallimentare che ebbe luogo, finalmente, nel 2005. A quell’asta si presentò, appunto, la Dras, che per 3,5 milioni se l’aggiudicò. Non si presentarono, invece, gli Enti pubblici: la Regione, per esempio, non c’era, e a tutt’oggi non si capisce perché, visto che a sentire il deputato regionale acese, Nicola D’Agostino, quello “fu un errore”. Errore anche troppo evidente, visto che lo stesso 2005 da Palermo andarono subito a bussare alla Dras per farsi cedere i terreni. La ditta non si oppose: il 20 dicembre a Roma, presso un notaio, firmò la disponibilità alla cessione bonaria (cioè allo stesso prezzo per il quale l’aveva acquistata), disponibilità che trovava termine al successivo 5 febbraio. Solo che fino al 3 febbraio non si mosse foglia, nonostante la Dras avesse già versato la cauzione e aleggiasse la volontà di chiudere la vendita da parte dei commissari: l’aria che tirava portò la ditta a chiedere a questi ultimi di concedere “un ulteriore termine di gg. 60/90”.
 
Nel frattempo l’Azienda foreste regionale pensò di fare una sua valutazione che risultò essere inferiore di 6 mln rispetto a quanto stimato dai commissari: questi, appresa la notizia, fecero sapere alla Dras di lasciar perdere la Regione e sottoscrivere il contratto. La Dras prese atto dei fatti e, contemporaneamente, inviò ai commissari una lettera con allegati diversi articoli della stampa locale che titolavano “Gazzena, la Regione conferma l’acquisizione”, chiedendo conto dei fatti, negati poi dai commissari che, stanchi, minacciarono di incamerare la cauzione e procedere a nuova asta. Nonostante tutto la Dras chiese nuove proroghe, così il 19 settembre i commissari comunicarono: “Il Comitato di Sorveglianza (organo che insieme al Ministero allo Sviluppo economico controlla simili faccende, nda) ha dato come ultima scadenza per la stipula dell’atto il 31/12/2006”.
 
Incredibilmente quella data arrivò senza che la Regione avesse versato un cent per l’acquisizione. Il termine “incredibile” è utilizzato non tanto da quanto accaduto in precedenza, quanto dal post. Subito dopo la stipula dell’atto, infatti, i giornali titolarono: “La Regione eserciterà il diritto di prelazione” e la cosa suonò molto strana, dato che fino a quel punto non era stato fatto nulla e, anzi, a quanto dicono alla Dras a Palermo sembravano non avere interessi reali. Suonò strana al punto da far scrivere ai commissari una lettera che, in sintesi, diceva di non dar alcun peso alla stampa.
Nel 2007, però, accadde una cosa ancora più strana: cambiarono i commissari e quelli nuovi fecero sapere di non reputare idonea la notifica dell’atto, così partì un nuovo andirivieni di proroghe che si concluse il 9 novembre, giorno che vide la Gazzena passare definitivamente nelle mani della Dras. La Regione, nel frattempo, ne aveva fatto ricalcolare il valore, stimandolo appena in 2,5 mln €: alla ditta, per un’eventuale cessione, la cosa non poteva di certo andar giù, dato che di milioni ne aveva spesi 3,5 su un valore pervenutole di poco più di 8.
Così dal 2008 Dras nega ogni ulteriore disponibilità. Risultato? Gli Enti marciano verso l’esproprio, che mirano a ottenere, peraltro, attraverso quei fondi europei persi già la prima volta (si trattava di Agenda 2000, Por 2000-2006) e inseguiti adesso con scadenza inderogabile 2013. La richiesta d’esproprio è stata urlata nuovamente qualche giorno fa da Legambiente e Wwf, con una nota ufficiale inviata all’assessore regionale al Territorio e ambiente. La ascolterà? Ai posteri, ancora una volta.
 

 
“Nessuna speculazione”. Dras vuol fare chiarezza
 
CATANIA – Villa Calanna è un autentico gioiello. Una costruzione sul mare con le pareti dipinte da colori caldi, immersa nel verde e dotata di un grande palmento. A ornare le colonne che reggono il portico ci sono capitelli che provengono probabilmente da un passato del quale si è persa memoria.
“Temo che se questa terra passerà nelle mani degli enti pubblici, né io né lei la vedremo mai restaurata”. Antonino Samperi, che rappresenta la storia della Dras Costruzioni, racconta con l’amaro in bocca le recenti vicende della Gazzena. Il passato della sua ditta sembra quasi opporsi nel destino della Gazzena a quello di chi la possedette prima, cioè Graci, visto che a differenza di questo, la cui storia è adombrata dalla mafia, la Dras alla mafia si è del tutto opposta entrando nella rete di Addiopizzo e appoggiando dall’inizio la storia dell’associazione antiracket.
“Abbiamo realizzato numerosi lavori ecosostenibili”, spiega Samperi nell’illustrare i progetti per la Gazzena: l’idea centrale è quella di rispettare il territorio, “costruire delle cellule di legno e vetro” per i passaggi dei turisti e ripristinare sentieri e coltivazioni, oltre che restaurare gli immobili. Per ridare agli acesi quella terra “così come splendeva un tempo”.
Quando gli si fa notare che le voci che circolano parlano di speculazione edilizia, con un anfiteatro da creare ex novo, Samperi fa notare che l’anfiteatro è sì previsto, ma solo in quanto già esistente: “È una conca di terreno di fronte al mare, che verrà valorizzata con le stesse pietre di quella terra”. Niente alberghi, pare.
 

 
Scontro Comune-Regione sul tanto tempo perduto
 
ACIREALE (CT) – “La Dras si è sempre opposta alla cessione bonaria”, dice il sindaco acese Antonino Garozzo accendendosi nel parlare di una terra “che è un bene per tutti gli acesi”. A lui fa eco il deputato regionale acese Nicola D’Agostino, che parla pure di speculazione edilizia da parte della ditta catanese che l’ha acquistata all’asta fallimentare, e, al tempo stesso, ammette che fino ad ora “si è perso tempo per aver affidato in mani sbagliate la gestione della trattativa”.
Entrambi (Comune e Regione) fanno sapere che realizzeranno prestissimo un Piano di utilizzo, e sembra quasi una gara a chi lo farà prima, visto che fino a oggi nessuno ha fatto nulla (peraltro la Regione punta il dito verso Acireale “Il Comune è assolutamente inadempiente”, dice D’Agostino). Il tutto parrebbe finalizzato all’azione di esproprio che sembra si sia intenzionati a portare avanti, con Garozzo che parla di parco suburbano con sentieri e comodità e D’Agostino che sottolinea la necessità di “capire quale possa essere l’utilizzo migliore per quella terra”.
In ogni caso nella città dei cento campanili la politica sembra avere una voce comune nelle intenzioni di restituire quell’area agli acesi, sebbene l’opposizione in Consiglio abbia evidenziato più d’una volta come il sindaco fino a ora ha portato avanti una sorta di gioco delle parti, limitandosi soltanto a scrivere a Palermo senza portare avanti azioni decise. Nel frattempo l’erba cresce alla Gazzena.

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