Titoli di Stato, Sicilia fanalino di coda nell’acquisto rispetto al ricco Nord - QdS

Titoli di Stato, Sicilia fanalino di coda nell’acquisto rispetto al ricco Nord

Massimo Mobilia

Titoli di Stato, Sicilia fanalino di coda nell’acquisto rispetto al ricco Nord

sabato 20 Agosto 2011

Dal 1931 al 1934, il Mezzogiorno scontava già 3,8 mln € in meno di Btp rispetto al Nord con solo il 15,2% di tutte le emissioni. Solo nel 1960 toccata la cifra record di 38,8 mln di sottoscrizioni vicina ai 39,9 mln del Veneto

PALERMO – Si fa un gran parlare di questi tempi dei “titoli di Stato” italiani, la cui compravendita sui mercati finanziari sta aggravando la crisi economica, a causa della corsa a puntare sui rischi del nostro debito pubblico che ha innalzato i rendimenti degli stessi titoli (spread) ma ha infuso sfiducia agli investitori determinando pesanti ribassi alla Borsa di Milano.
Attraverso i titoli di Stato, infatti, il ministero dell’Economia emette periodicamente delle obbligazioni per finanziare il debito pubblico, alla scadenza delle quali rimborsa il capitale al sottoscrittore del prestito.
Ecco quindi i vari Bot, Btp, Cct, ovvero i cosiddetti “buoni del Tesoro” che, seppur con caratteristiche differenti, si configurano come titoli per mezzo dei quali lo Stato assume un debito verso i sottoscrittori.
Vista la grande attualità dell’argomento, ci sembra quindi interessante riflettere sull’andamento storico delle sottoscrizioni in Italia, nel consueto confronto tra Nord e Sud così come la Svimez ha fatto nel volume dedicato all’Unità nazionale “150 anni di statistiche italiane: Nord e Sud 1861-2011”.
Si considerano innanzitutto i Btp, ovvero i “Buoni del Tesoro poliennali” che hanno la caratteristica di essere a medio-lungo termine, con scadenze da un minimo di 3 ad un massimo di 30 anni e con una cedola fissa pagata semestralmente. Sempre notevole il distacco tra le sottoscrizioni del Sud e quelle del Nord, come vediamo nella tabella 1, nei periodi esaminati dalla Svimez tra il 1931 e il 1962 sui dati della Presidenza del Consiglio e del Tesoro.
Dal 1931 al 1934, il Mezzogiorno scontava già 3,8 milioni di euro in meno di Btp rispetto al Nord, con 1,4 milioni di euro in sottoscrizioni che costituivano solo il 15,2% di tutte le emissioni nazionali. Percentuale che si è abbassata al 13,6% nel successivo periodo 1940-1945, risalita al 14,9% tra il 1950 e il 1955 e tornata al 13,3% nel periodo 1956-1962, quando la differenza col Nord ha toccato 388,4 milioni di euro.
Così, mentre le regioni settentrionali accumulavano ricchezza e benessere, i cittadini di quelle stesse regioni potevano investire di più in buoni del Tesoro, con un numero di sottoscrizioni che è rimasto sempre sopra il 50% del totale nazionale. Chiaro, a tal proposito, il confronto tra Sicilia e Lombardia, con la nostra regione che da una differenza di 2 milioni di euro nel periodo 1931-1934 è arrivata a scontare 205,8 milioni di euro in Btp in meno tra il 1956 e il 1962. Difatti i buoni diffusi nell’Isola in quegli stessi decenni non hanno costituito mai più del 4% del totale nazionale, mentre quelli della Lombardia si sono mantenuti sempre tra il 23 e il 25%.
C’è da dire però che la Sicilia, tra il 1945 e il 1963, ha sottoscritto più Btp di altre ricche regioni del Nord quali Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, e si è avvicinata molto anche al Veneto come vediamo nella seconda tabella dove mettiamo a confronto le consistenze dei Btp per regione e per singoli anni, come rilevate dalla Svimez. Nel 1960 la Sicilia ha toccato la cifra record di 38,8 milioni di euro in sottoscrizioni avvicinandosi molto ai 39,9 milioni del Veneto, come del resto era riuscita a fare dal 1953 in poi, quando le due regioni si eguagliavano a 15 milioni di euro. Troppo grande comunque la differenza tra Mezzogiorno e Nord anche nelle singole tappe annuali, con i Btp del Nord che sono stati sempre almeno quattro volte superiori di quelli delle regioni meridionali: dal 1945 al 1960, la crescita di sottoscrizioni al Sud è stata di 135,2 milioni di euro, mentre al Nord di ben 502,8 milioni.
Su dati Bankitalia la Svimez ha poi spostato la sua attenzione al decennio a noi più vicino compreso tra il 1998 e il 2008, attraverso i dati complessivi dei titoli di Stato in deposito presso le banche. Oltre ai Btp, le cifre comprendono anche Bot e Cct: i primi sono i “Buoni ordinari del Tesoro”, senza cedola e di durata non superiore a 12 mesi; i secondi sono i “Certificati di credito del Tesoro”, titoli a medio-lungo termine della durata di 7 anni, emessi per la prima volta nel 1991.
Ebbene, dal 1998 al 2003, mentre le banche del Sud perdevano 15,8 miliardi di euro in titoli, quelle del Nord guadagnavano 35,5 miliardi, allungando le distanze già di per sé consistenti, come vediamo nella terza tabella.
Il Mezzogiorno nel 1998 deteneva infatti solo l’8,2% dei titoli sul totale nazionale, mentre nel 2003 la percentuale si assottigliava al 5,4%. Trend più favorevole poi nei cinque anni successivi: fino al 2008 le banche del Sud hanno guadagnato titoli per 6 miliardi di euro, mentre il Nord ha sofferto una perdita di ben 102 miliardi. Tuttavia ciò non ha permesso di accorciare il divario tra le due parti del Paese, con il Mezzogiorno ancora indietro di ben 353 miliardi di euro.

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