Pesca in crisi, non solo per il caro gasolio - QdS

Pesca in crisi, non solo per il caro gasolio

Michele Giuliano

Pesca in crisi, non solo per il caro gasolio

giovedì 03 Maggio 2012

In Sicilia, dove si produce la maggior parte del pescato in Italia, i lavoratori del settore fanno i conti con innumerevoli problemi. A influire negativamente la concorrenza straniera e le catene della grande distribuzione

PALERMO – Il comparto della pesca della Sicilia segna il passo. Lo certifica la richiesta dello stato di crisi per la marineria di Mazara del Vallo avanzata da alcune sigle sindacali. Stiamo parlando della più grande flotta tra produzione di pescato e lavoratori interessati: si contano quasi 400 pescherecci che fanno di questa marineria la più grande d’Italia. Dal mare arriva il lavoro per 2.600 imbarcati, il 40 per cento dei quali di nazionalità tunisina, e per oltre 5.000 persone impiegate nell’indotto.
Tutti, se non si imbocca con decisione la strada della pesca sostenibile, rischiano di rimanere senza lavoro. E se questo settore sta male anche nella più grande marineria d’Italia allora vuole dire che l’intero comparto siciliano boccheggia. “Il Governo nazionale e quello regionale non possono restare a guardare – afferma il parlamentare del Pdl, Dore Misuraca -. La pesca, per molti centri della Sicilia è un settore economico importante. Oltre a Mazara ci sono le marinerie di Sciacca, di Licata, di Catania, di Messina, di Porticello, solo per citarne alcune. Gli armatori sono alle prese, ormai da tempo, con il problema del caro carburante. E operano in un mare sempre meno pescoso. La Regione siciliana – sottolinea Misuraca – sarebbe dovuta intervenire con un sostegno diretto per abbattere i costi di queste particolari aziende. Alla stessa maniera è importante delineare una strategia per il rilancio della pesca. Il nostro Paese importa prodotti ittici da Paese esteri. Per ridurre la dipendenza dall’estero dovremmo puntare non su un irrazionale aumento dello sforzo di pesca, ma sulla realizzazione di impianti di allevamento di pesce a mare. E la Sicilia ha tutti i requisiti per puntare su tali impianti, soprattutto se la Regione, magari con i fondi europei, attuerà un piano per mettere nelle condizioni gli imprenditori di realizzarli”.
In poche righe Misuraca ha toccato innumerevoli aspetti della crisi della pesca siciliana, a conferma che il malessere non arriva soltanto da una parte. Certamente il caro-caburante resta in questo momento uno dei punti principali di questa enorme crisi. Ma attenzione: alla contrazione degli stock ittici si assommano altri fattori di crisi. Primo fra tutti la concorrenza straniera, soprattutto di Argentina, Senegal e Brasile che saturano il mercato con gamberi, cernie, stoccafissi, triglie, polpi e seppie determinando la stagnazione dei prezzi. Il saldo della bilancia commerciale ittica nazionale è negativo: da anni oramai il trend, come appurato dall’Istat e dall’assessorato regionale alla Pesca, è di un’esportazione che è pari ad un sesto dell’importazione.
La Sicilia poi ha una sua specificità che nel tempo è diventata negativa: la maggior parte dei pescherecci operano nelle acque internazionali del Canale di Sicilia, dove la concorrenza dei Paesi stranieri è feroce: chi può contare su manodopera a basso costo e assenza di regole immette sul mercato nazionale il medesimo prodotto a prezzi stracciati. A ciò si aggiungono la concentrazione delle vendite nelle grandi catene di distribuzione e la concorrenza tra i prodotti ittici e altri prodotti alimentari, che spingono i grossisti a ridurre i prezzi di vendita e con essi i margini di guadagno.
 

 
Dalla Regione arrivano le prime mosse
 
Dal febbraio scorso la Regione ha annunciato una serie di misure che dovrebbero portare un’importante boccata di ossigeno al settore. Intanto l’assessorato regionale delle Risorse agricole e alimentari ha infatti precisato che è stato confermato l’inizio delle “procedure per il pagamento del saldo dei contributi per il caro gasolio relativo agli anni 2009 e 2010”. L’intervento prevede l’utilizzo di fondi pari a circa 2 milioni e 400 mila euro. Le risorse finanziarie sono disciplinate dalle apposite leggi regionali 16/2008 e 15/2004 per le isole minori. Il distretto produttivo della pesca ha presentato alla Conferenza delle Regioni periferiche marittime d’Europa il dossier con le osservazioni siciliane alla nuova politica comune della pesca (PCP) che ridisegna il settore in tutta Europa. Tale relazione ha permesso di illustrare la crisi che caratterizza il settore della pesca nel Mediterraneo e che è alla base delle violente proteste scoppiate in tutta l’isola. “Il problema maggiore – afferma Giovanni Tumbiolo, presidente del distretto – sta nel fatto che le peculiarità della pesca siciliana e mediterranea non sono mai state tenute nella giusta considerazione nelle politiche europee. Il settore della pesca in Sicilia è stato messo alle corde da una serie di divieti che limitano tutto”.

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