Un coltello, due cellulari e bigliettini dal contenuto ancora "oscuro" ma di interesse nell'ambito delle indagini su Messina Denaro: ecco l'ordinanza di custodia cautelare di Giovanni Luppino.
Giovanni Luppino è la persona che, lo scorso 16 gennaio, ha accompagnato alla clinica “La Maddalena” di Palermo Matteo Messina Denaro.
Inizialmente si pensava che fosse un tassista, magari abusivo, che aveva accompagnato il boss senza alcuna contezza di chi fosse il suo passeggero. In realtà, nei giorni successivi, la sua figura è stata meglio tratteggiata dall’autorità giudiziaria, tant’è che il 20 gennaio scorso, il gip Fabio Pilato ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti.
Messina Denaro, chi è Giovanni Luppino e perché è indagato
Luppino è stato indagato per “avere (…) aiutato Matteo Messina Denaro, capo di Cosa nostra e in particolare figura di vertice della sua articolazione territoriale nella provincia di Trapani, latitante da 30 anni, a sottrarsi all’esecuzione delle pene comminate con sentenze definitive, e in particolare, tra gli altri, il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti n. SIEP 91/2016 emesso in data 16.01.2023 dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Palermo Ufficio Esecuzioni Penali nonché il provvedimento d’esecuzione di pene concorrenti n. SIEP 256/2008 emesso in data 17.11.2011 dalla Procura della Repubblica di Marsala, fungendo per conto del predetto da autista e accompagnatore personale, consentendogli così, tra l’altro, di muoversi indisturbato dai luoghi di latitanza verso altri luoghi come la clinica ‘La Maddalena’ per interventi, controlli e visite mediche dove in data 16.01.2023 conduceva il predetto latitante a bordo dell’autovettura Fiat Bravo di colore Bianco targata EX265EB”.
Giovanni Luppino è stato anche indagato perché, scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare, “aiutava il latitante Matteo Messina Denaro (…) a eludere alle investigazioni dell’autorità, in particolare le attività di indagine condotte in seno ai procedimenti penali n. 12764/2021 R.G.N.R. DDA e 23685/2013 R.G.N.R. DDA dalla Procura della Repubblica di Palermo. Con l’aggravante di cui all’art. 416 bis c.p. (già 7 della L. 203.91) avendo agito avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis e al fine di agevolare le finalità dell’associazione criminale Cosa nostra. In Palermo, Trapani e altri luoghi fino al 16.01.2023”.
Le indagini sull’autista del boss
Il gip Pilato ha inoltre indicato che “le contestazioni a carico di Luppino traggono origine dalle circostanze che hanno condotto alla cattura del capo mafia Matteo Messina Denaro, nella giornata del 16.1.2023.
Dalla c.n.t. e dal verbale di attesto si rileva che Luppino è stato colto in flagranza dagli operatoti di polizia giudiziaria mentre accompagnava il noto latitante da Campobello di Mazara alla clinica ‘La Maddalena’ di Palermo, dopo averlo verosimilmente prelevato dai luoghi dove questi trascorreva indisturbato la sua latitanza”.
“Dalla perquisizione eseguita dai carabinieri del reparto investigativo è altresì emerso che Luppino era in possesso di un coltello a serramanico della lunghezza di 18,5 cm., di due cellulari posti in modalità aereo prima di essere spenti, oltre a una lunghissima serie di biglietti e fogli manoscritti con numeri di telefono, nominativi e appunti di vario genere, dal contenuto oscuro e di estremo interesse investigativo”.
La verità sul rapporto con il boss
Il gip scrive inoltre che Giovanni Luppino “ha dichiarato di ignorare la vera identità di Messina Denaro, specificando che, circa sei mesi addietro, il suo idraulico di fiducia, Andrea Bonafede, glielo aveva presentato indicandolo come un suo cognato, di nome Francesco. Dopo quel brevissimo incontro, durato appena una manciata di minuti, non lo aveva più visto né incrociato, fino alla mattina del 16.1.2023 quando il tale Francesco, sedicente cognato di Andrea Bonafede, si era presentato all’alba (ore 5.45 del mattino) per chiedergli la cortesia di accompagnarlo a Palermo, dovendo sottoporsi a delle cure mediche in quanto malato di cancro. Luppino ha concluso le sue dichiarazioni sostenendo di essersi reso conto della vera identità di Messina Denaro soltanto a seguito dell’intervento dei carabinieri, quando aveva chiesto al tale Francesco se cercassero lui, ottenendo in risposta le testuali parole: ‘Sì, è finita’.
In più, il gip ricorda che “è noto che il ruolo di autista costituisce compito estremamente delicato e strategico nell’organizzazione interna di cosa nostra, soprattutto per le esigenze di cautela e protezione dei capi mafia. Ne consegue che – secondo l’id quod plerumque accidit della fenomenologia mafiosa – l’incarico viene assegnato a persone di massima fiducia, in grado di garantire segretezza, sicurezza e affidabilità degli spostamenti. Una simile funzione tocca il massimo livello di accortezza se poi il soggetto accompagnato sia addirittura il vertice assoluto dell’organizzazione criminale, costretto a destreggiarsi in un trentennale stato di latitanza. Nel caso di specie, non v’è dubbio che Luppino abbia consapevolmente e diligentemente adempiuto a tale mansione fiduciaria, poiché in tal senso depongono le acquisizioni investigative” e che “la versione dei fatti fornita dall’indagato è macroscopicamente inveritiera, non essendo credibile che qualcuno, senza preavviso, si presenti alle cinque del mattino a casa di uno sconosciuto per chiedergli la cortesia di accompagnarlo in ospedale per delle visite programmate, in assenza di una situazione di necessità e urgenza”.
Il gip indica che “sono le risultanze investigative a fornire il dato decisivo, nella misura in cui il possesso del coltello e dei due cellulari – entrambi tenuti spenti e in modalità aereo – suggeriscono che Luppino fosse talmente consapevole dell’identità di Messina Denaro da camminare armato e ricorrere a un contegno di massima sicurezza per evitare possibili tracciamenti telefonici” e segnala che “la particolare accortezza dimostrata da Luppino, che ha posto i cellulari in modalità aerea prima di spegnerli, nell’evidente tentativo di innalzare al massimo il livello di cautela e riserbo onde evitare che gli apparecchi si agganciassero alle celle telefoniche di zona, così consentendo la mappatura dello spostamento”.
Il Gip conclude “pertanto, per l’affermazione dei gravi indizi di colpevolezza per entrambe le ipotesi di reato, fermo restando il necessario approfondimento investigativo sul rinvenimento dei numerosi pizzini dal contenuto opaco che potrebbero schiudere lo sguardo a nuovi scenari” e che “sussistono le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., non tanto perché non sono emersi elementi idonei a superare la presunzione iutis tantum introdotta dalla norma, quanto perché si ravvisano in concreto diversi aspetti di particolare allarme sociale” e pertanto ha ordinato “la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Giovanni Salvatore Luppino n. a Trapani il 28.07.1964, disponendo che egli rimanga ristretto presso l’Istituto Penitenziario”.