Olio d’oliva in Sicilia: crisi mai vista in 50 anni

Produzione olio d’oliva in Sicilia: crisi mai vista in 50 anni

Produzione olio d’oliva in Sicilia: crisi mai vista in 50 anni

Chiara Borzì  |
martedì 03 Settembre 2024

La produzione ha subito un calo drastico, stimato tra il 50% e il 60% rispetto alla campagna precedente

La Sicilia ha vissuto un anno estremamente difficile per l’olivicoltura. La mancanza di piogge per oltre un anno, accompagnata da ondate di calore ripetute e prolungate, ha avuto un impatto devastante sui cicli produttivi delle colture agroalimentari dell’isola. Giosuè Catania, presidente facente funzioni dell’organizzazione di agricoltori Cia Sicilia Orientale e presidente della cooperativa di olivicoltori APO, ha dichiarato che non si ricordava un’annata così critica in Sicilia da oltre 50 anni. Accursio Alagna, CFO ed Executive Board Member della cooperativa Goccia d’Oro di Menfi (Agrigento), ha segnalato l’aumento della resa dell’olio d’oliva e l’importanza di riscoprire alcune colture più resistenti al caldo.

Crollo della produzione di olio in Sicilia

La produzione di olio d’oliva in Sicilia ha subito un calo drastico, stimato tra il 50% e il 60% rispetto alla campagna precedente, che già era stata insufficiente. La provincia di Catania è stata la più colpita, con una riduzione dell’80% estesa fino al basso Ennese. Le zone situate alle falde dell’Etna, fino a circa 1000 metri di altitudine, hanno registrato una produzione inferiore del 50%, mentre le aree del siracusano e del ragusano hanno subito perdite del 60%, con punte del 40-50% nelle zone di alta collina e montagna. Complessivamente, la produzione siciliana potrebbe attestarsi intorno alle 16-18mila tonnellate, rispetto alle 35mila della campagna 2023/24. Questi i dati diffusi da Cia Sicilia Orientale.

L’impatto del cambiamento climatico sull’olio di oliva siciliano

L’aumento delle temperature e la mancanza di precipitazioni hanno creato condizioni di stress idrico per gli olivi. Questi alberi, solitamente resistenti anche in zone aride, hanno mostrato evidenti segni di sofferenza, come l’essiccamento delle chiome. Giosuè Catania, segretario facente funzioni di presentazione Cia Sicilia Orientale, ha sottolineato come l’assenza di acqua nelle dighe, dovuta a condotte vecchie e mal mantenute che disperdono oltre il 50% delle riserve idriche, ha ulteriormente aggravato la situazione. Anche laddove è stato possibile irrigare, le riserve aziendali sono ormai esaurite, e la produzione è rimasta comunque molto ridotta.

Olivicoltura in crisi anche nel resto d’Italia

La crisi dell’olivicoltura siciliana riflette una situazione difficile a livello nazionale. Ancora Giousuè Catania ha evidenziato la necessità di ripensare un nuovo piano di sviluppo per l’olivicoltura italiana e siciliana. Un “Piano Olivicolo” dovrebbe affrontare le criticità esistenti, favorire l’aggregazione del prodotto, promuovere la ricerca e l’innovazione per mitigare gli effetti delle mutazioni climatiche, e investire nelle promozioni e nell’educazione al consumo.

Un settore da rinnovare in Sicilia

La produzione media di olio in Sicilia è di circa 50mila tonnellate, ma per la stagione 2024 si prevede un calo di circa il 10%. Sono le stime condivise da Accursio Alagna, CFO ed Executive Board Member de La Goccia d’oro, cooperativa che riunisce migliaia si produttori nell’agrigentino. La minore produzione di olive, stimata in un calo del 20-25%, sarà parzialmente compensata da una maggiore resa, prevista tra il 15% e il 19%. “È necessario rinnovarsi, tutelando la biodiversità, ammodernando gli impianti e riducendo l’impatto ambientale” ha evidenziato.

Un richiamo alla tradizione oliviciola siciliana

Accursio Alagna, in un nota personale, ha suggerito di investire nella riscoperta delle cultivar antiche, come la pidiccudara, che è più resistente ai fenomeni climatici rispetto alle cultivar tradizionali. L’investimento nel settore irriguo, sia a livello istituzionale che privato, è essenziale per il futuro dell’olivicoltura siciliana. Solo attraverso un piano strategico che affronti i limiti strutturali del comparto olivicolo-oleario sarà possibile garantire la sopravvivenza di un settore che rimane uno degli assi portanti dell’economia italiana, ha specificato Alagna.

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