Affitti commerciali, no a cedolare secca passo indietro nella lotta al nero - QdS

Affitti commerciali, no a cedolare secca passo indietro nella lotta al nero

Affitti commerciali, no a cedolare secca passo indietro nella lotta al nero

giovedì 20 Febbraio 2020

La legge di Bilancio 2020 ha escluso la possibilità di optare per la tassa piatta al 21%. Tassazione agevolata ancora possibile solo per contratti stipulati entro il 31 dicembre 2019

ROMA – La Legge di Bilancio 2020 (l. n. 160/2019) esclude il rinnovo della tassazione agevolata del 21% sugli affitti commerciali. Per i contratti stipulati dal 1° gennaio non sarà più possibile optare quindi per la tassa piatta del 21% mentre saranno mantenute le eventuali opzioni per l’applicazione dell’imposta sostitutiva effettuate entro il 31 dicembre 2019.

In via generale, la cedolare secca rappresenta un’imposta sostitutiva sulle locazioni ideata principalmente per due necessità: ridurre il peso della pressione fiscale sui contribuenti, e combattere il fenomeno degli affitti in nero.

L’aliquota di base è il 21% e del 10% per i contratti di locazione a canone concordato sostituendosi all’Irpef e alle relative addizionali regionali e comunali, sui redditi fondiari nonché l’imposta di registro e di bollo. Inoltre, diversamente da quanto previsto ai fini Irpef, si applica sull’intero canone di locazione pattuito in contratto, senza alcun abbattimento forfettario.

La cedolare secca sugli affitti commerciali è stata introdotta dalla legge di Bilancio per il 2019 con l’articolo 1 comma 59, della legge 145/2018, riservata esclusivamente alla categoria catastale C1, riferibili a negozi o botteghe con una superficie non superiore ai 600 mq e che alla data del 15 ottobre 2018 non esistesse un contratto già stipulato tra le parti ed interrotto in anticipo rispetto alla scadenza naturale. Restano escluse all’applicazione della cedolare secca gli affitti commerciali che hanno per oggetto immobili con le categorie catastali A10 (gli uffici), D2 (gli alberghi) e C3 (i laboratori).

Durante l’anno 2019, l’agenzia delle Entrate ha emanato diversi interpelli per chiarire l’applicazione della cedolare secca sugli affitti commerciali, tra i più importanti, la possibilità di sfruttare la tassa piatta non solo per i contratti stipulati ex novo ma anche per quelli che nel corso del 2019 subivano una proroga.

Ciò che ha creato squilibrio è stata la mancata conferma della tassazione agevolata del 21% sugli affitti commerciali con la legge di Bilancio 2020, questo comporterà che non sarà più possibile stipulare affitti commerciali con l’opzione cedolare secca ma sarà garantita soltanto a quelli stipulati entro il 31 dicembre 2019 e registrati, secondo le regole vigenti, entro il termine di 30 giorni.

Dunque, facendo un esempio pratico, nel caso dell’affitto di un negozio da parte del proprietario – con già 65mila euro di reddito da altre fonti – con un canone di locazione di 12.000 annui l’aliquota Irpef sul canone di locazione è del 43% calcolato sul 95% del reddito da locazione e dunque pari ad euro 4.902,00. Tralasciando l’addizionale regionale e comunale e le imposte di registro per annualità successive.

Lo stesso canone di locazione in cedolare secca riferito però ad un negozio concesso in locazione dallo stesso proprietario nel 2019 risulta pari ad euro 2.520,00 praticamente la metà.

Questo squilibrio causato dall’arretrarsi da parte di legislatore di proporre una tassazione agevolata sugli affitti commerciali per l’anno 2019 per poi non confermarla per l’anno corrente risulta discriminante tra la platea dei contribuenti, creando una discrepanza tra chi nel 2019 ha optato al regime della cedolare secca e chi nel 2020 sarà costretto ad applicare una tassazione normale sul canone di locazione commerciale.

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