Avvisi bonari Agenzia Entrate, nessuna deroga, la Corte dei Conti “Fatto grave” - QdS

Avvisi bonari Agenzia Entrate, nessuna deroga, la Corte dei Conti “Fatto grave”

Salvatore Forastieri

Avvisi bonari Agenzia Entrate, nessuna deroga, la Corte dei Conti “Fatto grave”

sabato 28 Marzo 2020

Si riferiscono a somme erroneamente non versate ma correttamente dichiarate, dunque non evase. Tipologia di pagamento che il Dl Cura Italia (n. 18/20) non ha preso in considerazione

ROMA – Ormai è certo. Lo ha detto la stessa Corte dei Conti la quale, con una “memoria” (AS 1766) in data 25 marzo 2020, nel criticare l’intera struttura delle norme contenute nel Decreto Legge 18 del 17 marzo scorso, non ha condiviso la mancata sospensione degli “avvisi bonari” dell’Agenzia delle Entrate.

Si tratta degli avvisi inviati per raccomandata (non notificati) o via Pec ai contribuenti per segnalare gli errori riscontrati dall’Anagrafe Tributaria in sede di controllo automatico delle dichiarazioni presentate (articolo 36 bis del Dpr 600/1973), nonché gli avvisi, inviati ai contribuenti nello stesso modo, per il controllo formale (ossia delle così dette “pezze giustificative”) delle detrazioni, delle deduzioni, delle ritenute d’acconto scomputate, ecc. operate nelle dichiarazioni (articolo 36 ter del Dpr 600/1973).

Se il contribuente, che riconosce l’errore, versa quanto richiesto dall’Agenzia entro il termine di trenta giorni, la sanzione viene ridotta ad un terzo in caso di controllo automatico ex art. 36 bis ed a due terzi in caso di controllo formale ex art. 36 ter.

Sono comunque due tipologie di versamenti che il Governo, che ha emanato il recente Dl n. 18, non ha assolutamente preso in considerazione.
Qualcuno riteneva che anche gli anzidetti versamenti potessero essere ricompresi nelle sospensioni previste dagli articoli 62 (sospensione dei termini degli accertamenti tributari), 67 (sospensione dei termini relativa all’attività degli uffici degli enti impositori) o 68 (Sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all’Agente della riscossione).
Ma la risposta, in verità, molti la ritenevano già scontata: i versamenti conseguenti agli avvisi bonari, a prescindere dalla tipologia dei contribuenti (in relazione all’ammontare dei ricavi o alla residenza), non subivano alcun rinvio.
Ora, la “memoria” della Corte dei Conti (Capitolo 22, pagina 30), conferma tale negativa interpretazione.
Conferma, anzi, che si tratta di una “dimenticanza” di non poca gravità.

Tutti si rendono conto che la confusione del momento (a prescindere dalla confusione cronica del nostro Legislatore) può giustificare qualche omissione. Ma in questo caso, se si pensa che molti contribuenti, costretti dalla situazione economica, dalla tipologia dell’attività svolta e dalle disposizioni già in vigore a non lavorare, continuando soltanto a sostenere spese ma con ricavi zero, non possono certamente avere la liquidità necessaria per assolvere ai loro debiti, compresi quelli tributari. A volte insieme alle relative sanzioni ed agli interessi rateizzati, come del resto accade pure nei casi di “rottamazione” e simili (questa volta con riduzioni consistenti dell’originario dovuto, fra sanzioni ed interessi) delle vere cartelle di pagamento, emesse per ben più gravi motivi .
È questo, d’altronde, il principio al quale si ispirano, le sospensioni, seppur brevissime, già concesse.

Gli avvisi bonari, però, non beneficiano di nessuna tolleranza, né per la definizione entro 30 giorni, né per il pagamento delle rate eventualmente concesse dall’Agenzia delle Entrate.
Eppure, nonostante siano relativi ad imposte non pagate, non corrispondono al concetto di evasione inteso come mancata volontà di assolvere agli obblighi di versamento all’Erario delle somme previste dalla normativa tributaria.

Corrispondono, invece, a somme erroneamente non versate dai contribuenti dopo averle regolarmente dichiarate, un’ipotesi che è ben diversa dall’evasione vera e propria, ed alla quale la legge, compreso lo Statuto dei Diritti del Contribuente (articolo 6, quinto comma, della Legge 212/2000), ha riservato un trattamento particolare (l’avviso bonario).

C’è da chiedersi, peraltro, come, in questo momento, con le limitazioni di movimento previste dalla Legge, possano essere effettuate le necessarie ricerche per accertare se, effettivamente, l’errore segnalato dal “Centro informativo” dell’AdE sia esistente o meno.

Sembrano giuste, quindi, le lamentele di coloro i quali ritengono che, pur in presenza di una calamità che, oltre alle drammatiche conseguenze di natura sanitaria, può condurre ad altrettante drammatiche conseguenze di natura economica e sociale (con la perdita di moltissimi posti di lavoro), di portata enorme, sia stata fatta una ingiusta ed incostituzionale discriminazione tra cittadini che si trovano nella medesima condizione, anzi, e questo è peggio, una discriminazione che risulta più favorevole verso coloro i quali, già raggiunti dalla cartella di pagamento o addirittura che hanno provveduto a definire le pesanti contestazioni “rottamando la cartella” o presentando l’istanza di “saldo e stralcio”, hanno commesso in passato un’evasione tributaria vera e propria.

Chissà se l’Agenzia delle Entrate, che già ha fornito chiarimenti anche con il buon senso, con una circolare o risoluzione possa “interpretare” la questione in modo da risolvere subito il problema. Purtroppo, probabilmente avverrà – con grave danno dei contribuenti con scadenze precedenti a quel giorno – solo quando il Legislatore, magari con il prossimo e preannunciato “Cura Italia” di Aprile, ovvero in sede di conversione del Decreto Legge 18, provvederà a sistemare la questione, provvedendo, si spera, anche a razionalizzare tutte le sospensioni ed a renderle più adeguate alla drammatica situazione del momento.

Con l’occasione, dovrebbero essere pure chiariti altri punti oscuri, tra cui l’auspicata possibilità di considerare applicabile la sospensione prevista dall’articolo 62 del D.L. 18/2020 all’obbligo della fatturazione elettronica.

L’eccezionale situazione del momento, infatti, spesso ha impedito ai dipendenti di raggiungere il posto di lavoro. Quindi, non soltanto i versamenti o gli atri adempimenti verso l’Agenzia delle Entrate dovrebbero essere considerati sospesi, ma anche altri obblighi, di natura marcatamente fiscale, come appunto quello previsto dall’articolo 21 del decreto Iva, pur trattandosi di un adempimento che non è specificatamente uno di quelli che va fatto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, ma nei confronti dei cessionari o committenti.

Salvatore Forastieri
già Garante del Contribuente per la Sicilia

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