Sicilia nel mirino di Bruxelles, troppe le procedure d'infrazione - QdS

Sicilia nel mirino di Bruxelles, troppe le procedure d’infrazione

redazione

Sicilia nel mirino di Bruxelles, troppe le procedure d’infrazione

martedì 11 Agosto 2020

È quanto emerge da InfringeEye, l’osservatorio sulle procedure di infrazione, realizzato da Openpolis. Sotto i riflettori anche i sistemi di depurazione dell’Isola: per adeguarli servirebbero 1,6 miliardi

di Oriana Sipala

PALERMO – Nella Costituzione italiana, l’articolo 117 sancisce che la potestà legislativa esercitata da Stato e Regioni non solo deve rispettare la Costituzione stessa, ma anche i vincoli dell’ordinamento comunitario. In altre parole, in qualità di Stato membro dell’Ue, l’Italia è tenuta a recepire e rispettare le sue leggi.

Tuttavia, ciò non è sempre scontato. Dopo la Spagna, l’Italia è il Paese con il maggior numero di procedure di infrazione aperte dalla Commissione europea per mancato recepimento o per violazione delle leggi del diritto comunitario.

Al giugno 2020, risultano aperte per il Belpaese ben 92 procedure di infrazione e la maggior parte di esse (24) riguarda questioni ambientali. Così facendo, l’Italia è seconda solo alla Spagna, dove le procedure di infrazione aperte sono attualmente 97. È quanto emerge da InfringEye, l’Osservatorio sulle procedure di infrazione, realizzato da Openpolis in collaborazione con lo European data journalism network. Di queste 92 infrazioni che riguardano l’Italia, ben 22 sono state aperte nel corso del 2020. Peggio di noi fanno solo Portogallo e Regno Unito, dove, nello stesso lasso di tempo, sono state aperte rispettivamente 35 e 32 procedure. Parliamo di infrazioni che hanno anche delle conseguenze economiche importanti.

Dal 2012 l’Italia ha versato 665 milioni di euro in sanzioni per il mancato rispetto delle norme europee. Dal 2015, in particolare, si parla di oltre 100 milioni di euro l’anno, con picchi nel 2018 (quando sono stati versati 148 milioni di euro) e nel 2019 (quando di milioni ne sono stati versati 107), come si evince dalla “Relazione annuale 2019 – I rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei fondi comunitari” della Corte dei Conti, pubblicata a dicembre dello scorso anno.

La Sicilia è la regione maggiormente interessata dalle procedure di infrazione, con particolare riferimento alle questioni ambientali (discariche e rifiuti pericolosi, trattamento delle acque reflue urbane, gestione del rumore ambientale, qualità dell’aria e mancato rispetto dei limiti di PM10).

E a proposito del trattamento delle acque reflue urbane, proprio pochi giorni fa è emerso che, per l’adeguamento dei sistemi di depurazione in Sicilia, il costo complessivo degli interventi necessari da compiere sarebbe pari a 1,6 miliardi di euro. Il dato è venuto fuori durante l’audizione dello scorso 28 luglio in Commissione Ecomafie, tenuta dal nuovo commissario unico per la depurazione, Maurizio Giugni, succeduto a Enrico Rolle. Nell’occasione, Giugni non ha mancato di sottolineare le molte criticità proprie della Sicilia, tra cui la progettazione assente o carente, il costo degli interventi stimato spesso in maniera imprecisa, i lunghi tempi di esame e di attuazione dei progetti. Dal canto suo, la deputata bagherese Caterina Licatini (M5s) ha inoltre riferito che “nel contesto italiano, già sottoposto a quattro procedure di infrazione europee, la Sicilia detiene il triste primato del maggior numero di centri abitati irregolari – per quel che riguarda la depurazione delle acque reflue – ovvero il 73% degli agglomerati sopra i duemila abitanti, incidendo così per oltre il 50% sul totale delle infrazioni a livello nazionale”.

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