La ricetta dei Comuni per fermare la crisi demografica ed economica - QdS

La ricetta dei Comuni per fermare la crisi demografica ed economica

La ricetta dei Comuni per fermare la crisi demografica ed economica

martedì 21 Maggio 2024

Amministratori ed esperti a confronto a San Marco D’Alunzio su nuove strategie di sviluppo

Un processo inarrestabile su tutto il territorio nazionale, in particolare nel Mezzogiorno, ma che sembra in Sicilia produca gli effetti peggiori, combinandosi con le criticità strutturali di cui l’Isola soffre da tempo. Lo spopolamento dei piccoli Comuni si accompagna infatti a uno scenario fatto di collegamenti insufficienti, sanità debole, servizi carenti, mancanza di prospettive occupazionali.

Di migrazione dei giovani, di innalzamento progressivo dell’età media, della inadeguatezza delle politiche messe in atto per arginare il problema si è discusso durante il convegno “I Comuni siciliani oltre la crisi demografica ed economica”, organizzato a San Marco D’Alunzio (Messina) dall’Anci Sicilia.

Durante la mattinata di confronti e dibattiti, moderati dal giornalista de Il Sole 24ore Nino Amadore, si sono susseguiti interventi di sindaci, esperti, docenti, imprenditori, rappresentanti del terzo settore. Sono stati analizzati punti critici ma sono state anche illustrate buone pratiche e avanzate proposte che il presidente Anci Sicilia, Paolo Amenta, ha raccolto nel suo intervento. “Emerge la necessità – ha affermato – di creare una concreta collaborazione fra i Comuni per pianificare una politica del territorio che, attraverso un’adeguata architettura giuridica, sia in grado di sviluppare importanti progetti di tipo culturale, anche attraverso la digitalizzazione, il lavoro a distanza, la transizione ecologica, la mobilità sostenibile. Tutto questo servirà a migliorare l’inclusione sociale, i processi di integrazione degli immigrati per cercare di arginare lo spopolamento dei territori”.

“È assolutamente necessario – ha aggiunto Amenta – che ci sia, da parte delle istituzioni coinvolte, una maggiore consapevolezza, anche rispetto alle scelte che si stanno effettuando in materia di sanità su tutto il territorio regionale. La riorganizzazione della rete ospedaliera, infatti, non può che tener conto anche delle Centrali operative territoriali e degli Ospedali di comunità, con un approccio che veda una reale integrazione fra il sociale e il sanitario”.

Amenta ha poi parlato di una visione di città-territorio che deve farsi strada e dell’importante funzione dei sindaci, impegnati ad aprire una nuova stagione dopo il Covid.

In Sicilia la percentuale di aree classificate come interne, comuni non necessariamente lontani dal mare, supera il 70%: qui l’assenza dei servizi sta accentuando il processo di impoverimento. “Purtroppo – ha sottolineato il segretario generale di Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano – lo spopolamento non riguarda solo le aree interne o montane. In tutte le province i dati dicono che, tranne a Ragusa e Catania, negli ultimi cinque anni la popolazione dell’Isola ha subito un preoccupante decremento. Credo che nell’agenda politica il problema sia entrato solo a livello superficiale, senza una reale volontà di risolverlo”.

“Come sarà la Sicilia nei prossimi anni – ha rimarcato – è un argomento che bisogna affrontare ogni giorno. Sulla base del censimento chiuso al 31 dicembre 2022, la popolazione siciliana risulta pari a 4.814.016 residenti. Un dato in calo dello 0,4% rispetto all’anno precedente. A questo si aggiunge la crisi finanziaria che colpisce i Comuni da anni e che l’Anci Sicilia non smette di denunciare: abbiamo 70 Enti in dissesto e 43 in Piano di riequilibrio. In una fase in cui il mondo è alla ricerca della qualità dell’aria, di buon cibo e di una dimensione più naturale per la vita quotidiana, il nostro enorme patrimonio rischia di non essere valorizzato in modo adeguato”.

Manca una proposta organica e concreta secondo Giuseppe Simone, vice presidente nazionale dell’Associazione Borghi più belli d’Italia, che possa garantire ai borghi il diritto di sopravvivenza e alle comunità che vi abitano il diritto alla salvaguardia dell’equilibrio tra ambiente e sviluppo economico. Sono mancate in questi anni, quindi, malgrado le tante dichiarazioni di intenti regionali e nazionali, iniziative adeguate che tamponassero l’emorragia.

Andrea Messina, assessore regionale delle Autonomie locali, ha confermato nel suo intervento la necessità di una strategia di conservazione e valorizzazione delle identità dei territori: “Ai giovani amministratori il compito di riuscire a contenere gli effetti della globalizzazione con l’obiettivo di preservare le nostre risorse autoctone e consegnarle alle nuove generazioni”.

La Regione interviene con finanziamenti per sostenere i piccoli Comuni, ma Messina ha ammesso che ce ne vorrebbero molti di più. Ha parlato del bando dell’Avviso Fondo montagne, con 20 milioni di euro da distribuire a 120 Comuni su tre linee di intervento e poi di altri piccoli finanziamenti per la coesione sociale previsti anche per quest’anno. Una goccia, però, nel mare di esigenze che i sindaci hanno e che coinvolgono un po’ tutte le deleghe assessoriali.

Per Luca Bianchi, direttore generale Svimez, i piccoli centri risentono dei difetti e delle mancate scelte delle politiche nazionali. “Se il Paese riduce le risorse per istruzione e sanità – ha affermato – inevitabilmente saranno i territori più deboli a soffrirne maggiormente. Bisogna, quindi, capire cosa sta accadendo nel Paese facendo attenzione all’impatto che avrà l’autonomia differenziata, un modello che inevitabilmente tenderà ad aumentare il divario fra le regioni con la disastrosa conseguenza che chi avrà risorse già scarse ne perderà ulteriormente”.

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