Mentre l’elettrificazione del parco mezzi procede a rilento e il blocco degli Euro 5 fermerà oltre un milione di veicoli, cresce il fronte che chiede una transizione realistica
Il divieto di circolazione che al primo ottobre scatterà per oltre un milione di veicoli – in alcune fasce orarie e solo nei comuni superiori a 30 mila abitanti delle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto – non è una novità. L’Unione europea, da tempo, ha introdotto una classificazione delle auto che serve per imporre vincoli progressivi alla circolazione di quelle giudicate troppo inquinanti. Il blocco adesso scatterà per i motori endotermici “Euro 5”, quelli immatricolati tra 2011 e 2015, che si aggiungeranno a tutte le altre categorie inferiori già interessate dalle restrizioni (cioè vetture ancora più vecchie).
Si tratta di una misura che serve per ridurre le emissioni nella pianura padana, una delle aree più inquinate del Paese, anche se – va detto – non solo a causa del traffico stradale: incidono molto i riscaldamenti e la grande presenza di industrie. Questo certo non assolve il settore dei trasporti. Si stima che esso sia responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di CO2 in Europa, di cui oltre il 70% proprio dal trasporto stradale. Che sia necessario ridurre fino ad azzerare l’impronta carbonica non vi è dubbio. Il nodo principale, tornato in questi giorni prepotentemente d’attualità, è come farlo. Su questo le posizioni si dividono. Da una parte, ci sono gli “ideologi” dell’elettrificazione subito come unica possibile soluzione per rimediare ai danni di un inquinamento che arriva da molteplici fonti e, ca va sans dire, da tutto l’emisfero terracqueo. Dall’altra parte, c’è chi propone un passaggio graduale…