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Berlusconi, il presidente e lo stallo

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venerdì 21 Gennaio 2022

Tutto fermo. Il Paese brancola in una nebbia decisionale. Le categorie produttive attendono ormai ai limiti di una crisi di nervi

Tutto fermo. Il Paese brancola in una nebbia decisionale. Le categorie produttive attendono ormai ai limiti di una crisi di nervi. La scuola vive l’ennesima stagione di precarietà. Il turismo è moribondo, e la ristorazione non sta tanto bene per dire un eufemismo.

Ma tutto e tutti attendono il deus ex machina, il nuovo Presidente della Repubblica. E su questo è buio pesto.

Lo stallo della politica non nasce ora, ma oggi, come per la crisi che ha portato al Draghi commissario, si appalesa in tutta la sua sterilità. Non trovano un nome condiviso in un paese stremato.

Sembra che tutto sia nelle mani di Berlusconi che come Carmelo Bene si è preso il proscenio. Tutto questo non può durare. Di tutto ha bisogno questo paese tranne di una settimana di votazioni al ribasso.

Riteniamo che tra poche ore, probabilmente sabato pomeriggio, come la canzone di Baglioni, il candidato Berlusconi si trasformi nel kingmaker Silvio. E indichi una personalità votabile da tutti in prima battuta.

Da mazziere non vuole vincere, vuole stravincere. E per farlo ha solo una soluzione in un Parlamento spaurito, terrorizzato dal voto, in permanente crisi di leadership e di politica. Confermare lo Status Quo.

Mattarella al Colle e Draghi a Chigi. L’unico che può inchiodare per un altro anno Mario Draghi a timonare l’Italia è solo ed esclusivamente Sergio Mattarella.

E poi Berlusconi non voterebbe nessun altro perché ritiene tutti inferiori.

Questa cosa verrà digerita anche dai suoi compagni di coalizione, tant’è che Salvini si è già trovato l’exit strategy, il rimpasto, e la Meloni, che rimarrebbe esclusa dal governo, parteciperebbe comunque alla costruzione dell’assetto istituzionale, continuando a drenare consensi dall’opposizione, fino a quando si può fare.

I giallorossi voterebbero compatti, non avendo, tra l’altro, altre chance, ed il voto, potenzialmente, potrebbe essere plebiscitario, denotando non l’unità del paese ma la resa della politica.

Ovviamente il giorno dopo lo stallo rimane, perché è insito nel DNA di un sistema elettorale che lo produce automaticamente. Questo paese aveva una rappresentanza democratica ma difettava, in parte, di governabilità. Abbiamo annullato la prima senza risolvere la seconda, con vari tentativi da apprendisti stregoni che riuscivano a dare maggioranze fasulle e posticce alle minoranze di tendenza.

Lo stallo si cura con una buona politica, che per esserci abbisogna di una buona legge elettorale. Se no, pur imbalsamando la presidenza della Repubblica, tra un anno saremo punto e a capo. E lo stallo da pandemico diventerà endemico.

Così è se vi pare.

Giovanni Pizzo

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