Il nuovo Catania a Pelligra, Scibilia: "Ecco il nostro progetto"

Il nuovo Catania a Pelligra, Scibilia: “Vogliamo tornare tra i grandi, ecco cosa faremo”

Antonino Lo Re

Il nuovo Catania a Pelligra, Scibilia: “Vogliamo tornare tra i grandi, ecco cosa faremo”

Gianluca Virgillito  |
venerdì 24 Giugno 2022

Pelligra Group ha ottenuto il via libera dal Comune di Catania all’esito della manifestazione di interesse. L'intervista di QdS.it all'advisor del gruppo australiano, Dante Scibilia

Il commercialista esperto in materia di calcio Dante Scibilia, advisor di Pelligra Group che ha ottenuto il via libera dal Comune di Catania all’esito della manifestazione di interesse indetta per arrivare alla costituzione di una nuova società di calcio in città, ha spiegato ai microfoni del Quotidiano di Sicilia le idee alla base del progetto impostato nelle scorse settimane, legate all’impresa australiana colosso nell’ambito delle costruzioni e nel settore immobiliare.

Può definire meglio la struttura imprenditoriale dell’investitore? Quali informazioni ci può dare in più anche in relazione a quelli che potrebbero essere i business da avviare in città?

“Il dottor Pelligra – esordisce Scibilia – è a capo di un gruppo imprenditoriale che è nato con attività principali legate al mondo delle costruzioni. Nel tempo ha realizzato moltissimi siti industriali, farm retail, centri commerciali, strutture sportive, cinema, hotel (ne detiene moltissimi di proprietà che gestisce tramite alcune sue società o in franchising con grandi marchi). Nella sua galassia gravitano più di 200/250 società ognuna con un particolare scopo. Ci sono società di gestione, di sviluppo, di costruzione e finanziarie. Quindi nell’ambito delle sue attività spazia in molti campi pur rimanendo focale e centrale l’attività di gestione immobiliare”.

“Negli ultimi anni – spiega- ha sviluppato una divisione che riguarda le attività sportive. Ha acquisito e sviluppato molte attività sportive della nostra area: football, calcio, baseball, hockey sul ghiaccio, pallavolo e basket. È proprietario di due campi da golf. Intorno a queste società ha costruito un progetto imprenditoriale sportivo che ha consentito nel tempo o consentirà di godere di entrate che non sono solo quelle caratteristiche del club come sponsor ma anche legate ai palazzetti, agli stadi e così discorrendo. Nel tempo una società di calcio diventa autosufficiente”.

“Questa è una delle linee guida che si propone anche a Catania – continua -. È chiaro che Catania oggi per partire ha bisogno di investimenti consistenti nell’ambito sportivo, nell’ambito gestionale, nell’ambito dello sviluppo del settore giovanile ma l’idea è quella di riuscire a creare, successivamente, una realtà che – grazie alla proprietà delle strutture, al settore giovanile e alla partecipazione della città che si sentirà parte di questo progetto e quindi contribuirà sottoscrivendo gli abbonamenti e partecipando alla vita e alle attività della società – faccia nascere un meccanismo per cui anche se non ci sarà più il dottor Pelligra ma altri soggetti non sarà necessario lo sceicco per andare avanti bensì la società potrà proseguire e dare continuità”.

Il suo coinvolgimento in passato con Tacopina ha permesso alla città di conoscerla e apprezzarla per le sue qualità. Questo impegno, giunto al fotofinish, è arrivato per un suo coinvolgimento diretto da parte di qualcuno? È lei che si è impegnato in prima persona perché teneva alla causa? Come si è arrivati alla proposta del Gruppo Pelligra?

“Una serie di circostanze. Come sempre quando succedono queste cose devono crearsi una serie di situazioni favorevoli che si incrociano. Io ovviamente avendo fatto molto lavoro su Catania ho sempre tenuto un occhio vigile. Anche per questo motivo molto spesso sono stato avvicinato da più imprenditori che volevano capire se potevano realizzare qualcosa a Catania. Devo dire che di tutti quelli che ho incontrato quasi nessuno aveva le caratteristiche finanziarie, economiche e motivazionali corrette per portare avanti un progetto di questo tipo. Circa due settimane fa ho avuto un contatto con Grella e mi ha rappresentato un interesse da parte del dottor Pelligra a seguito di colloqui che lui stesso aveva avuto con il dottor Pelligra nei 10 giorni precedenti. Ci siamo subito attivati e ho cercato di trasferire a Pelligra tutte le informazioni che avevo per dargli una visione, sicuramente parziale, ma la migliore possibile di questo progetto con gli aspetti positivi e le criticità a cui si andava incontro: lui molte cose le sapeva già essendo originario di questa terra e avendola frequentata”.

La ricetta giusta per rilanciare e creare una società vincente a Catania è quella di coinvolgere un mix di professionalità già presenti sul territorio con altre più vicine a Pelligra?

“A me piacerebbe parlare prima del progetto e dire che cosa vuole fare il dottor Pelligra a Catania. Quindi apro una parentesi. Il calcio si può fare in mille modi più o meno professionali, più o meno imprenditoriali, più o meno passionali. L’idea di base è il coinvolgimento, l’aggregazione e la formazione. Si parte dal territorio: da Catania e dai comuni limitrofi della provincia. Perché per creare una squadra forte bisogna creare un territorio forte nella tradizione calcistica. Per farlo è necessario investire sul territorio. Quindi ci auguriamo di trovare realtà che abbiano voglia di collaborare con il Calcio Catania e insieme costruire dei progetti formativi per allenatori, per i ragazzi, per le istituzioni che consentono lo sviluppo del calcio tramite anche investimenti di infrastrutture. Ma soprattutto, qua batto il tasto, sulla formazione perché dobbiamo creare un gruppo di educatori e di allenatori che siano il primo investimento del calcio sul territorio perché più sviluppiamo questo più calciatori forti ci saranno nel territorio catanese, più giocatori forti approderanno nel settore giovanile del Catania, più calciatori forti arriveranno in prima squadra. Questo porta ulteriori benefici sociali perché chiaramente si danno delle chance ai ragazzi di avere un futuro anche nel mondo del calcio, alla società dei benefici economici perché avrà meno costi nella gestione del settore giovanile perché questi accordi prevedono una serie di rapporti economici che consentono per esempio delle riduzioni dei costi in termini di preparazione a fronte di servizi che vengono erogati alle associazioni sportive”.

Un progetto anche per la città dunque.

“Il calciatore locale ha un costo inferiore rispetto a uno che si prende in giro per il mondo. Prendere uno svedese e portarlo a Catania magari ci sarà quello che si troverà benissimo e quello che non renderà. La storia è piena di grandi talenti inespressi. Quindi creare le condizioni per fare calcio perché questo è il progetto sportivo. Poi come si fa: tramite linee guida, progetti e attività che però devono avere questo obiettivo. Le attività sociali a questo saranno connesse perché vogliamo che poi tutta la città viva il calcio, si senta parte del progetto e abbia un motivo per essere orgogliosa del Catania. Dunque l’idea sarà quella di creare un mix tra persone che provengono dall’esterno e quindi portano idee diverse e culture diverse ma avere pure dei soggetti che conoscono le realtà locale che potranno aiutarci a declinare queste idee sul tessuto imprenditoriale e sociale catanese e siciliano”.

Nello studio che lei ha realizzato c’è un modello che per potenzialità della città miste alle potenzialità dell’investitore possa essere preso come riferimento?

“Io credo che una società così peculiare come Catania, un territorio così pieno di risorse sotto alcuni punti di vista come la città etnea deve avere un progetto ad hoc per Catania. Adesso si parla sempre dell’Atalanta perché è un modello vincente che è stato costruito in 30 anni da Favini con il settore giovanile e successivamente l’ha ceduta e portata avanti. Stiamo parlando di un progetto che oggi si pensa e domani si fa. Sicuramente è una linea guida ma non si potrà copiare l’Atalanta ma per mille motivi. Si dovrà capire cosa di buono l’Atalanta ha fatto che è replicabile sul Catania. Noi abbiamo le strutture. Il territorio è pieno di voglia di fare calcio quindi sicuramente, come ha fatto l’Atalanta, il settore giovanile è alla base dello sviluppo del calcio e del successo di questo percorso. C’è il modello Udinese sulla parte scouting, c’è il modello Empoli sulla parte play athletics. Ci sono tanti modelli ma è chiaro che non si può copiarne uno pari passo perché le città sono diverse, le culture sono differenti. Cercheremo di fare un modello ad hoc per il Calcio Catania”.

Le strutture sappiamo quanto sono importanti per sviluppare calcio in una certa maniera e anche per garantire alle proprietà di andare avanti producendo gli utili che servono alla società stessa…

“Ci sono degli strumenti giuridici che possono consentire di ottenere la gestione dello stadio per un tempo lungo che è parificabile alla piena proprietà di un immobile. Udinese e Juventus non sono proprietarie dello stadio ma hanno una concessione novantennale quindi è come se lo fossero. L’obiettivo è quello di andare in una direzione di questo tipo. Poi il concetto degli stadi di proprietà è un concetto che serve per aumentare i ricavi, le utilità, il senso di appartenenza e il coinvolgimento delle persone dunque creare un volano che faccia crescere sempre di più i ricavi. Per fare questo secondo noi, di questo è pienamente convinto il dottor Pelligra, il Massimino ha una caratteristica importantissima: si trova in centro città. A Londra quando hanno fatto l’Olimpiade hanno preso uno dei quartieri più degradati della città, Stratford e hanno creato il villaggio olimpico e l’hub dei trasporti. Stratford è diventato un quartiere residenziale molto richiesto e a ruota tutti i quartieri intorno si sono sviluppati. Non siamo a Londra ma siamo in centro a Catania. Si tratta di fare investimenti al centro città. Creiamo una struttura che oltre che essere uno stadio che vive il giorno della partita, intorno possa sviluppare delle attività che i cittadini, i tifosi e i ragazzi possono utilizzare per fare colazione la mattina, per studiare, per fare un aperitivo, per magiare a pranzo, per comprare determinate categorie merceologiche, per fare certe esperienze anche nel mondo dell’entertainment. Ma che siano dentro la città raggiungibili da tutti”.

Avete un progetto per Torre del Grifo?

“Su Torre del Grifo l’idea è quello di cercare di acquisirlo dalla procedura fallimentare. Siamo consapevoli che oggi la struttura è in grandi difficoltà perché è stata chiusa poiché chi l’ha gestita prima non ha speso un euro di manutenzione ed è stata consumata fino all’osso. Ma rimane però un asset importante perché ha i campi da calcio e strutture che rinnovate, manutentate e implementate possono permettere di dare servizi ai cittadini. Nel frattempo sempre con la curatela cercheremo intanto di riportare al Calcio Catania nuovo quei simboli che portano avanti la tradizione del Calcio Catania: marchio, la denominazione, le coppe conquistate che raccontano una parte della storia della città  e un parte della storia del calcio e da queste non si può prescindere”.

Secondo lei quali sono gli elementi che possano creare entusiasmo e coesione che serviranno già per vincere eventualmente il campionato di Serie D cui il Catania si appresta a giocare?

“Io non credo che questi anni di difficoltà possano rappresentare un ostacolo. Dipende dalla serietà di chi si presenta, da quello che vuole fare e da come lo farà. Non voglio essere ipocrita nel dire che basta un’obbligazione dei mezzi, so che c’è anche un’obbligazione di risultato perché nel calcio i risultati contato quindi non voglio dire che tutto andrà bene a prescindere dai risultati. Cercheremo ovviamente di fare tutto per conseguire i migliori risultati sportivi”.

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