Le stime della Cna: “A rischio chiusura il 70% delle aziende nel settore del marmo che è quello più colpito per via dell’utilizzo di impianti di estrazione e lavorazione ad alto consumo energetico”
TRAPANI – Il caro-energia chiaramente interessa anche la provincia di Trapani e qui ci potrebbe essere un comparto su tutti che rischia seriamente di scomparire sotto i colpi delle bollette elettriche. Si tratta di quello marmifero. Questo perché l’estrazione e lavorazione del marmo necessita di macchinari molto potenti ed estremamente energivori.
Addirittura la Cna stima che con l’attuale regime di aumenti, con costi raddoppiati a parità di consumo rispetto allo scorso anno, che il 70 per cento di questo tipo di aziende rischia la chiusura. E parliamo di un comparto tra i più importanti dell’intero tessuto produttivo provinciale. “Le aziende del nostro comparto – denuncia Alberto Santoro, presidente nazionale del settore lapideo in Cna – lavorano con macchinari da taglio che hanno grossi motori, e che quindi comportano un alto consumo di energia. È chiaro che aumenti così gravosi sono insostenibili. Calcoliamo che, se il governo non agisce a livello strutturale sul problema, il 70% delle aziende marmifere del trapanese chiuderà a brevissimo”. Ancora oggi il settore lapideo costituisce la prima fonte di economia del territorio di Custonaci, nel trapanese, che vanta circa un centinaio di cave il cui prodotto è esportato, per il 75 per cento, nei mercati esteri.
I contatti economici più importanti avvengono in Europa (Spagna, Inghilterra, Francia, Irlanda, Ungheria, Germania e Olanda), America del Nord e America del Sud (Brasile, Argentina, Canada, Usa, Venezuela e Panama), Africa (Marocco, Tunisia, Libia, Algeria, Nigeria, Sudan e Sud Africa), Medio Oriente (Arabia Saudita, Kuwait, Oman, Qatar e Libano) e per l’appunto l’Estremo Oriente (Singapore, Taiwan, Cina, Malesia, Indonesia, Korea del Sud, Giappone, Russia). Ora, oltre alla crisi legata al Covid e in generale alle contingenze economiche si è aggiunta anche questa batosta dell’aumento esponenziale dei costi di produzione. Secondo le stime di Confindustria il settore lapideo rappresenta un fiore all’occhiello dell’economia siciliana e, nella sola provincia di Trapani, garantisce occupazione a 2.000 addetti, con un giro d’affari di circa cento milioni di euro, di cui il 70 per cento realizzato all’estero. “Gli interventi messi in atto dal governo per mitigare il caro bollette non bastano – conferma Giovanni Marchese, vice presidente della Cna Trapani e imprenditore del settore manifatturiero della produzione di parti di macchine agricole -. Per le aziende energivore i costi di produzione sono diventati troppo alti. Basta comparare le bollette di oggi con quelle dell’anno scorso per accorgersene”.
Non va meglio al settore della ristorazione, messo già in ginocchio dalle chiusure e dalle misure restrittive dovute alla pandemia. “Il nostro è un comparto già fortemente in crisi – aggiunge Rosi Napoli, presidente ristoratori della Cna Trapani -. Ad oggi ci troviamo ancora a fare i conti con una capienza dei locali ridotta al 50% circa, dovuta al distanziamento dei tavoli che dobbiamo continuare a mantenere, con un aumento dei costi delle materie prime, e come se non bastasse, anche con l’aumento delle bollette. È chiaro che, per sopravvivere, dovremo aumentare i prezzi anche noi”.
“Gli interventi tampone del governo sono utili, ma assolutamente non sufficienti” rimarcano Giuseppe Orlando e Francesco Cicala, presidente e segretario di Cna Trapani facendo riferimento al decreto energia approvato recentemente dal Consiglio dei Ministri, e che prevede risorse per 5,8 miliardi stanziate per azzerare gli oneri di sistema per famiglie e imprese, ridurre l’Iva sul gas al 5% e gli oneri generali nel settore, oltre che 500 milioni di euro per il rafforzamento del bonus sociale elettrico e gas, per il secondo trimestre del 2022. “Si tratta di misure emergenziali – aggiungono Orlando e Cicala – che, purtroppo, tamponano ma non risolvono il problema. Sono necessari interventi strutturali non limitati nel tempo. Ad oggi, per esempio, gli oneri di sistema sono – in proporzione – maggiormente a carico delle piccole imprese, che ne pagano il 49%, che delle più grandi, che pagano il 51% di questi costi. Bisogna, piuttosto, ragionare secondo il principio per cui chi inquina di più paga di più, e parallelamente magari, avviare un piano ecosostenibile che incentivi le imprese tutte a puntare maggiormente sulle energie sostenibili”.