Lo stop a piscine e palestre ha causato numerosi problemi a quei soggetti che hanno bisogno di una costante attività di riabilitazione per mantenere il proprio benessere psico-fisico
AGRIGENTO – Piscine e palestre ancora chiuse per via dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19. Una situazione difficile, che non grava soltanto sui titolari delle attività in questione, che da più di un anno sono stati costretti a chiudere i loro impianti, ma anche sulle persone affetti da disabilità fisica e motoria, che di queste strutture hanno bisogno per la loro salute.
“La piscina – racconta Santina Cacciatore, mamma di Cristian, un bambino di 12 anni con la sindrome atassica spastica – per mio figlio è fonte di riabilitazione. In un anno con gli impianti chiusi abbiamo buttato via il lavoro fatto nel corso di tanti anni precedenti, perché mio figlio è peggiorato”.
Cristian svolgeva quattro volte a settimana l’attività in piscina e altri due giorni si recava in palestra per la fisioterapia in un centro specializzato, mentre a casa continuava gli esercizi di terapia comportamentale e logopedia. In acqua Cristian si sente leggero, lascia la carrozzina, le stecche e i corsetti a bordo piscina, si muove liberamente ed è in grado di gestire da solo il galleggiamento.
“Sono arrabbiata e amareggiata – aggiunge Santina Cacciatore – perché come sempre dobbiamo elemosinare i diritti per i nostri figli. Non ci sono centri a nostra disposizione, ci dobbiamo arrangiare come possiamo ma certamente Cristian non può stare a casa. Chiedo a gran voce che le palestre e le piscine vengano riaperte nel rispetto delle regole anti Covid, perché come Cristian tanti altri bambini disabili non possono aspettare”.
Molte altre famiglie, in questo periodo così difficile, hanno vissuto un profondo senso di abbandono. “L’emergenza sanitaria – dichiara Enzo Brucculeri dell’associazione VitAutismo – ci ha ricordato l’importanza della ricerca scientifica, della sanità, della presenza delle istituzioni e dei servizi e ci ha fatto riflettere sull’assenza di presa in carico di percorsi diagnostico terapeutici assistenziali e riabilitativi ed educativi, di programmi dell’età adulta, in particolare slegati da continuità e collegamento fra i servizi di neuropsichiatria infantile e i centri di salute mentale”.
“Vogliamo una progettazione di vita – ha concluso – con al centro la persona e i suoi bisogni, come da convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, non una rincorsa per bandi segmentati”.