Cimo-Fesmed dice “No” al Contratto collettivo - QdS

Cimo-Fesmed dice “No” al Contratto collettivo

redazione

Cimo-Fesmed dice “No” al Contratto collettivo

venerdì 09 Agosto 2019

Con il nuovo Ccnl l’aumento reale dello stipendio base sarà di 131 €: poca cosa rispetto a un’attesa di 10 anni

ROMA – Dopo quasi 10 anni di attesa per il rinnovo del contratto di lavoro, i medici ospedalieri italiani hanno finalmente un nuovo Ccnl, o almeno una pre-intesa. Si, perché il contratto vero e proprio dovrà essere sottoscritto tra alcuni mesi, dopo che il Mef e la Corte dei Conti avranno detto l’ultima parola.

L’avvio della trattativa, relativa alla sottoscrizione del Ccnl 2016 – 2018, è stato lento e costellato da mille difficoltà, innanzitutto dalla mancata quantificazione delle risorse economiche a disposizione, quattrini che dovevano essere messi a disposizione dalle Regioni che per ogni anno di mancato rinnovo hanno ricevuto incrementi del Fondo sanitario nazionale e che avrebbero dovuto accantonare le somme per il rinnovo contrattuale ma non lo hanno fatto, “stornando” quelle risorse per altri utilizzi.

La mancata quantificazione delle risorse ha comportato l’abbandono del tavolo di confronto in Aran da parte delle organizzazioni sindacali di categoria per diversi mesi e soltanto dopo un tira e molla estenuante si è giunti nel mese di giugno ad ottenere il quantum da mettere sul piatto del rinnovo contrattuale, in linea con il 3,48 % riconosciuto a tutte le altre categorie di dipendenti pubblici che il rinnovo l’hanno avuto già l’anno passato.

Si è quindi passati a discutere della parte normativa, con un pacchetto di proposte Aran giudicate decisamente peggiorative dalla maggior parte delle Oo.Ss. che anche in questo caso hanno ritenuto opportuno abbandonare il tavolo della trattativa, tutte eccetto Anaao.

Ma col caldo estivo ad Aran è venuta fretta, forse perché il suo presidente sarebbe scaduto il 24 luglio per andare fare il Giudice della Corte dei Conti come è infine accaduto, quindi ha pressato sull’acceleratore calendarizzando una maratona di 48 ore culminata con la firma della suddetta pre- intesa avvenuta proprio la notte tra il 23 e 24 luglio, poche ore della scadenza del presidente Aran.

La maggior parte delle sigle sindacali della dirigenza medica e sanitaria, o quantomeno quelle numericamente più rappresentative sulla base delle rilevazioni Aran, hanno alla fine accettato ciò che gli veniva propinato senza avere il tempo necessario per il dovuto approfondimento del testo.

La Federazione Cimo-Fesmed cui si è di recente aggiunta anche l’aggregazione Anpo-Ascoti-Fials Medici, non è stata al gioco e, nonostante sia riuscita a smorzare alcune trappole contenute nel testo Aran, ha manifestato ampiamente il proprio dissenso anche e soprattutto sulle irrituali modalità di chiusura di una trattativa che per essere esaminata a dovere avrebbe avuto bisogno almeno di un’altra settimana di tempo.

Cimo-Fesmed e Anpo-Ascoti-Fials Medici non hanno dunque sottoscritto la pre-intesa riservandosi di apporre la propria firma soltanto quando il Ccnl sarà varato definitivamente, ma soltanto per evitare di rimanere esclusi dai tavoli di contrattazione decentrata.

Gli incrementi economici dichiarati a mezzo stampa pari a circa 200 € lordi mensili e sbandierati da alcuni come grande successo di parte sindacale sono ben poca cosa rispetto ad un’attesa di quasi dieci anni e alle perdite subite dai medici italiani sia in termini assoluti che relativamente all’aumento del costo della vita. Non solo, in realtà l’aumento reale dello stipendio base sarà di 131,00 € mentre la restante parte andrà soltanto al cosiddetto lavoro disagiato, andando a retribuire meglio (o meno peggio) di prima le guardie notturne ma non quelle festive. Anche la retribuzione oraria del lavoro straordinario è salita vertiginosamente, di 1,04 € !!!
Niente di cui gioire quindi sotto il versante economico, con miserevoli incrementi e con arretrati del triennio 2016 – 2018, ma peggio ancora per la parte normativa, ritenuta dal presidente della Federazione Cimo-Fesmed, Guido Quici, di una pericolosità unica.

Ad esempio la modifica dell’articolo sulla pronta disponibilità che riapre la porta al lavoro straordinario pomeridiano se non addirittura mattutino, in un contesto in cui negli ultimi anni il numero di medici in servizio ha registrato una drammatica riduzione, rischia di essere utilizzata dalle Aziende sanitarie per chiedere lavoro aggiuntivo (sottopagato rispetto al passato) senza assumere nuovo personale, con inevitabili ripercussioni sulla qualità del lavoro del medico e sulla sicurezza delle cure.

Ancora, col nuovo Contratto vengono ridotte le prerogative sindacali con la soppressione della “concertazione” e l’introduzione di un nuovo istituto nelle relazioni sindacali, il confronto, che non prevede sottoscrizione di alcun verbale e di fatto lascerà libera l’amministrazione delle Aziende Sanitarie di fare il bello e il cattivo tempo.

Infine, la ciliegina sulla torta è stata l’unificazione dei Fondi Contrattuali tra le varie anime del settore della Dirigenza (medici, dirigenza sanitaria, dirigenza delle professioni sanitarie) e l’istituzione della carriera unica, senza alcuna specifica sui requisiti necessari per essere inquadrato nell’altissima o alta specialità né tantomeno negli incarichi gestionali di direttori di struttura complessa o responsabili di struttura dipartimentale o semplice. In pratica un Direttore Generale potrà decidere di premiare la carriera di un qualunque dirigente della propria azienda, scegliendo un biologo o un dirigente infermieristico piuttosto che un cardiochirurgo o un internista. Non possiamo essere d’accordo come prima rappresentanza sindacale dei medici italiani su quest’orientamento che, senza nulla togliere alle altre categorie, svilisce i tanti anni di studi, i sacrifici e la professionalità del medico.

Per non parlare poi del tema della difesa legale. Con la nuova normativa contrattuale sarà sempre più difficile ottenere il rimborso delle spese legali da parte dell’Azienda a meno di non ricorrere all’avvocato da questa proposto che ovviamente ha tutto l’interesse a tutelare chi lo paga e non il dipendente.

Nonostante tutto ciò, Cimo-Fesmed è stata irremovibile su alcuni punti ottenendo la modifica o la cancellazione di alcuni dettagli ancora più rischiosi e portando a casa il risultato dell’inserimento della retribuzione di posizione minima unificata per i medici neoassunti che prima era pari a zero. Oggi altri si ascrivono il merito di questi risultati, ma è sufficiente andare a leggere i quotidiani dei mesi scorsi per comprendere appieno chi ha lavorato in favore e nell’interesse dei medici italiani e chi si è affrettato a sottoscrivere un contratto per ben altre motivazioni.

Cimo-Fesmed hanno già proclamato lo stato di agitazione sindacale e a settembre verranno indette Assemblee in tutti gli Ospedali italiani aperte non soltanto agli iscritti ma a tutti i Colleghi desiderosi di un pizzico di informazione vera.

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