Una valutazione che ha retto alla prova dei fatti: nelle oltre quaranta pagine che raccolgono i capi di accusa nei confronti di Di Noto, accusato di gestire un vasto giro di cocaina a Gela
“Le persone vengono perché io sono pulito, avvocati e dottori, e li do a te che sei pregiudicato? Loro non si vogliono fare conoscere”. A Giuseppe Di Noto, il 39enne arrestato con l’accusa di gestire in proprio un vasto giro di spaccio di cocaina a Gela, stava molto a cuore la propria riservatezza.
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Le accuse a Di Noto
La scelta del profilo basso rispondeva a due esigenze: da una parte, mantenere una clientela di cui facevano parte anche figure note in città, dall’altra, il convincimento per cui evitando di allacciare rapporti con soggetti noti all’autorità giudiziaria per vicende legate al narcotraffico non si sarebbe rischiata l’accusa di associazione a delinquere e, di conseguenze, pesanti condanne.
Una valutazione che ha retto alla prova dei fatti: nelle oltre quaranta pagine che raccolgono i capi di accusa nei confronti di Di Noto, si fa sempre riferimento all’articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti e non nel 74, quello che descrive l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga.
L’elemento che più emerge dalla corposa ordinanza firmata dalla giudice per le indagini preliminari Francesca Pulvirenti, e che è stato sottolineato ieri dal procuratore capo Salvatore Vella nel corso della conferenza stampa, è la diffusione a tappeto del consumo di cocaina. A varcare la soglia di casa di Giuseppe Di Noto erano tanto soggetti che per pagare le dosi ricorrevano al reddito di cittadinanza quanto noti professionisti. Tra i quali anche avvocati e persone che a Gela sono state impegnate in prima linea in politica.
L’interrogatorio
La misura cautelare nei confronti di Giuseppe Di Noto è stata disposta in seguito all’interrogatorio di garanzia. L’uomo, davanti alla gip, ha detto di avere iniziato a spacciare dopo essere diventato un assuntore di cocaina. Un’iniziativa che, a suo dire, sarebbe stata funzionale soltanto a garantirsi le somme per pagare a propria volta la droga, senza temere di non poter saldare i debiti con i fornitori
Per la giudice, tuttavia, sarebbe una versione di comodo: pur non avendo ricevuto la contestazione del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, Di Noto è risultato potersi avvalere di alcuni collaboratori e di contatti in ambienti criminali tali da consentirgli di procurarsi anche un’arma. Più in generale, per la giudice l’attività di spaccio portata avanti dal 39enne avrebbe avuto naturale imprenditoriale.
Gli avvocati
Sono due i nomi di avvocati che compaiono nell’ordinanza. Entrambi sono stati ritenuti assidui consumatori di cocaina. Una valutazione a cui si è arrivati tenendo conto del numero di contatti e incontri avuti con Di Noto. Quest’ultimo avrebbe mostrato una certa confidenza con i professionisti, suggerendo loro anche di fare attenzione nei periodi in cui riteneva ci fossero maggiori controlli da parte delle forze dell’ordine.
Avere clienti eccellenti significava per l’uomo anche riuscire a fare maggiori profitti in minor tempo. In una conversazione intercettata, Di Noto confida di avere ceduto a un avvocato cocaina per un valore di 250 euro. Un fatto non raro: questo tipo di clienti, stando al 39enne, consentono di incassare anche cinquecento euro in una sola volta. Circa dieci volte di più rispetto a quando a chiedere la droga era un comune assuntore.
L’assalto al pescivendolo
L’indagine è iniziata quasi per caso. A fine 2021, un venditore ambulante di pesce ha subito una violenta rapina poco prima di partire in direzione del mercato ittico di Catania. La vittima, che aveva con sé novemila euro in contanti, è stata attesa da tre uomini con il volto coperto nei pressi di un parcheggio privato. Gli aggressori lo hanno colpito ripetutamente, usando anche con il calcio di una pistola e poi sono fuggiti via a bordo del furgone dell’ambulante.
Ricevuta la denuncia, gli investigatori sono riusciti a risalire all’auto con cui i tre rapinatori erano arrivati al parcheggio. Una Fiat Uno di colore scuro che è risultata intestata a una donna. È stato mettendo sotto intercettazione quest’ultima, assidua assuntrice di droga, che la polizia si è ritrovata nella condizione di iniziare a ricostruire il giro d’affari di Di Noto.