Comuni e imprese per rilanciare l’economia. Ecco le proposte per affrontare il post Coronavirus - QdS

Comuni e imprese per rilanciare l’economia. Ecco le proposte per affrontare il post Coronavirus

Paola Giordano

Comuni e imprese per rilanciare l’economia. Ecco le proposte per affrontare il post Coronavirus

giovedì 16 Aprile 2020

Già avviati tavoli tematici che coinvolgono Enti locali e realtà produttive: l’obiettivo è rimettere in moto la nostra Isola. Il segretario generale di Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano, "ci troviamo di fronte a una nuova povertà ‘da Coronavirus’, diversa da quella esistente". Tra i Sindaci tavoli tecnici in video conferenza su attività produttive, finanze locali e tributi, gestione del welfare

PALERMO – Ce ne ricorderemo di questa Pasqua avrebbe probabilmente detto Leonardo Sciascia in una situazione come quella che stiamo vivendo. L’emergenza sanitaria da Covid-19 ci ha infatti costretti a trascorrere le festività pasquali chiusi in casa e ci farà rinunciare anche alle scampagnate e alle gite fuori porta del 25 aprile e del primo maggio.
Quello che preoccupa di più però è come fronteggiare gli effetti collaterali – crisi economica e disordini sociali in primis – della pandemia che ha paralizzato il mondo. Chi è chiamato a mettere in pratica la promessa “nessuno resterà indietro” che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha più volte ribadito sono anche i sindaci, in prima linea nel dare risposte concrete ai propri cittadini. Con le (poche) risorse di cui dispongono.
Ne abbiamo parlato con il segretario generale di Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano.

Segretario Alvano, come stanno affrontando questo momento difficile gli Enti locali?
“Sin dai primissimi giorni in cui è scoppiata l’emergenza e le misure di contenimento hanno imposto di sospendere tutta una serie di attività e di stare a casa, ci siamo accorti che un sistema economico era venuto meno: non solo quello legato ai settori bloccati dalla crisi ma anche tutto un mondo poco conosciuto. Penso al sommerso e al nero che, a prescindere dal fatto che si muovano in un terreno di irregolarità e illegalità, rappresentavano, per una parte indicativa di persone, la possibilità di procurarsi da mangiare. Se guardiamo la crisi dal punto di vista del cittadino e delle famiglie ci troviamo di fronte a una nuova povertà ‘da Coronavirus’, che è qualcosa di diverso rispetto a quella già esistente. Questo nuovo bisogno bussa soprattutto alla porta dei Comuni perché, mentre le categorie organizzate dei commercianti, degli imprenditori, degli artigiani, degli agricoltori hanno la possibilità di farsi valere con il governo nazionale, oltre che in sede locale, perché i Comuni hanno un confronto e una richiesta pressante da parte di queste categorie, soprattutto sul piano dei tributi locali, l’altro mondo conosce solo la porta del Comune, non ha altra rappresentanza”.

L’emergenza sociale è piombata sui Comuni in modo omogeneo?
“No, il tema non è avvertito in maniera uguale su tutto il territorio regionale perché ci sono realtà diverse. Il disagio sociale che c’è in alcune grandi e medie città non è paragonabile a quello che si respira nei piccoli Comuni: nelle città più grandi la pressione delle difficoltà sociali è oggettivamente più significativa”.

Cosa potranno fare i Comuni per favorire la ripresa?
“Già ora dobbiamo iniziare a interrogarci su cosa possa iniziare a ripartire: posto che l’esigenza di tutelare la salute dei cittadini viene prima di tutto, alcune misure possono essere compatibili con la piena salvaguardia di quest’ultima. Alcune attività di artigianato, di servizi, di commercio, con le modalità che saranno individuate dagli esperti, potranno pian piano, con tutte le cautele del caso, iniziare ad aprire. Già questo significa iniziare a mettere in moto la macchina. Il tema è che lo si farà progressivamente, quindi probabilmente avremo una Fase 2 che durerà più della Fase 1. Non penso però che le scelte possano essere calate dall’alto in maniera assoluta: le esigenze delle comunità sono diverse perché diverse sono le realtà, da un punto di vista della conformazione urbanistica, della popolazione, della mobilità. Ci sono situazioni non paragonabili tra loro: un Comune del calatino non può essere paragonato a uno dell’area metropolitana di Catania, così come un piccolo paese di montagna nei Nebrodi o nelle Madonie non ha le stesse esigenze di un Comune turistico. Si dovrà ripartire con tutte le cautele del caso ma lo si dovrà fare, anche perché più tempo passa meno possibilità c’è di farlo, quindi diventa un’esigenza primaria”.

Quale sarà il ruolo dei Comuni in questa fase?
“Questo sarà lo step che vedrà più direttamente coinvolti i Comuni, che conoscono il loro territorio, sanno quello che riguarda il loro centro storico o le attività nelle zone artigianali o industriali. Ci stiamo occupando di questi temi da un punto di vista tecnico: mercoledì scorso abbiamo realizzato, in video conferenza, un tavolo tecnico sulle attività produttive, questa settimana ne faremo partire altri tre su attività produttive, finanze locali e tributi, gestione del welfare. Questa attività diventa particolarmente preziosa e produttiva: non parliamo di discorsi astratti ma, sfruttando l’unica cosa positiva che è venuta con il Coronavirus, il poterci confrontare in maniera più immediata, con meno sforzi. Stiamo iniziando a mettere in campo analisi e proposte, prima all’interno dei Comuni, poi aprendoci alle categorie produttive. Si tratta quindi di un’azione che riguarda anche il confronto con le categorie, con i professionisti e con chi può dare un contributo, quindi è un’attività pensata non solo nella fase di emergenza. Lo sforzo che vorremmo fare è legato anche a provare a realizzare quello che in passato non si è realizzato, cioè delle azioni di sistema che riguardano il livello regionale e che attengono alla cultura di un Paese. Vogliamo provare a essere il motore, come spesso sono i Comuni, dello sviluppo economico del nostro territorio: l’istituzione si mette a servizio di chi vuole fare impresa privata, di chi vuole con il lavoro privato contribuire allo sviluppo della comunità. Questo però come singola realtà, sganciata da tutto il resto, non è più possibile. Occorre pensare a processi che incentivino la cultura di impresa aggiungendo valori prima messi da parte, come l’utilizzo delle nuove tecnologie (l’e-commerce o altro), pensando a meccanismi di promozione e marketing e guardando all’internazionalizzazione delle nostre eccellenze nel campo dell’agroalimentare e dell’artigianato. Questo è un tema sul quale ci confronteremo anche con la Regione, perché è inevitabile che sia così, ma è giusto iniziare a sviluppare dei ragionamenti a livello locale”.

Necessari nuovi strumenti di sostentamento per soddisfare bisogni più a lungo termine

Utilizzando i fondi che Stato e Regione hanno messo a disposizione, i Comuni siciliani hanno avviato iniziative a sostegno di chi, nella situazione di emergenza che stiamo vivendo, si trova in difficoltà economiche. “Adesso – spiega Alvano – si passerà da una fase di emergenza assoluta a una in cui è necessario procurare anche altri mezzi di sostentamento, perché dobbiamo ricordarci che per vivere in maniera dignitosa occorre altro oltre al cibo: il sapone per lavarsi, i prodotti per l’igiene personale e della casa, prodotti strumentali per quello che riguarda l’alimentazione. Posso avere la dispensa piena, ma se non ho la possibilità di acquistare la bombola del gas non posso cucinare. Lo stesso dicasi per altri generi importanti, quali i presidi medici, dagli occhiali alla stampella. Anche queste cose, se mi trovo in una situazione di difficoltà, diventano beni necessari quanto il cibo.

Le misure fino a ora introdotte tamponano gli approvvigionamenti a breve termine ma l’emergenza è lontana da una rapida risoluzione…
“Esatto, il bisogno resta, ma le modalità con cui questo bisogno può essere soddisfatto dovranno in qualche modo cambiare nel tempo, perché il provvedimento pensato con l’ordinanza 658 (della Protezione civile, ndr) e gli altri interventi d’urgenza nascevano da una logica di intervenire immediatamente. Col passare dei mesi il bisogno diverrà più strutturale, quindi si tratterà di trasformare uno strumento pensato per una necessità immediata in uno strumento più di medio periodo, che trova come modello più immediato il Reddito di cittadinanza. Si può concepire in tanti modi e può trovare diverse fonti di finanziamento, ma la tipologia di bisogno che c’è è quella: c’era prima del Coronavirus per alcune tipologie di persone, riguarderà dopo una fascia di popolazione più ampia”.

Semplificazione per dare più respiro all’imprenditoria

A fronte delle gravi ripercussioni economiche e sociali scatenate dall’emergenza sanitaria Covid-19, per ripartire è necessario risolvere l’atavico problema che anche in tempi normali attanagliava l’Isola: quello dell’infernale macchina burocratica. Lo richiede a gran voce anche il presidente di Ance Sicilia, Santo Cutrone, che ritiene “urgente, da parte del governo regionale e dell’Ars, un intervento veramente incisivo, una moratoria sulla burocrazia, che renda snello e veloce ogni passaggio amministrativo”.

Cutrone segnala infatti che “la burocrazia negli assessorati è impegnata ad eseguire la verifica dei residui di bilancio, cosa che avrebbe dovuto fare a gennaio, e ha messo da parte tutto il resto”, che “anche molti Enti locali, per altri motivi, stanno ritardando i pagamenti alle imprese”, e che “tutte le stazioni appaltanti, tranne qualche rara eccezione, proprio utilizzando la scusa del Coronavirus hanno posticipato la pubblicazione dei bandi di gara a data da destinarsi”.

Anche Anci Sicilia si schiera a favore dello snellimento procedurale: “Il tema della semplificazione e della sburocratizzazione – sostiene Alvano – è un evergreen”.

Sarà uno dei punti all’ordine del giorno dei vostri tavoli tecnici?
“Che esso debba essere posto all’ordine del giorno non ci sono dubbi. La difficoltà in molti casi non riguarda il livello dei Comuni ma coinvolge la Regione e lo Stato perché alcuni cavilli normativi partono da là. è un punto su cui ci siamo sempre battuti e su cui continueremo a farlo perché specie quando ci si trova in difficoltà, con meno risorse ma con la necessità di dare respiro alle attività produttive, è evidente che meno impedimenti la pubblica amministrazione mette a tutti i livelli, meglio è”.

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