Per l'Ispra, nel 2019, l’Isola, già ampiamente impermeabilizzata, è stata la quarta regione italiana per incremento. Catania al terzo posto tra le città: persi 48 ettari di territorio in un anno (più di Milano)
ROMA – Nel 2019 il consumo del suolo in Italia (cioè la sua copertura con cemento o asfalto) è avanzato di altri 57 km2, al ritmo di 2 metri quadrati al secondo. A confermarlo i dati del Rapporto Ispra-Snpa “Il consumo di suolo in Italia 2020” presentati a Roma. Il Veneto, con +785 ettari, è la regione che nel 2019 consuma più suolo (anche se meno del 2017 e del 2018), seguita da Lombardia (+642 ettari), Puglia (+625), Sicilia (+611) ed Emilia-Romagna (+404). La Valle d’Aosta, con solo 3 ettari di territorio impermeabilizzato nell’ultimo anno, è la prima regione italiana vicina all’obiettivo “Consumo di suolo 0”.
Roma, con un incremento di suolo artificiale di 108 ettari, si conferma il comune italiano con la maggiore quantità di territorio trasformato in un anno (arrivando a 500 ettari dal 2012 ad oggi), seguito da Cagliari (+58 ettari in un anno) e Catania (+48 ettari). Va meglio a Milano, Firenze e Napoli, con un consumo inferiore all’ettaro negli ultimi 12 mesi (+125 ettari negli ultimi 7 anni a Milano, +16 a Firenze e +24 a Napoli nello stesso periodo). Torino, dopo la decrescita del 2018, nel 2019 riprende a costruire, perdendo 5 ettari di suolo naturale.
L’Ispra mette in luce che l’aumento delle superfici coperte avviene anche in presenza di una calo della popolazione. Nel 2019 i 57 milioni di metri quadrati di nuove strade e costruzioni si registrano in un Paese che vede un calo di oltre 120mila abitanti nello stesso periodo.
Ogni italiano ha oggi a “disposizione” 355 m2 di superfici costruite (erano 351 nel 2017 e 353 nel 2018). Nel 2019 sono nati 420 mila bambini, e ogni nuovo nato italiano ha portato nella culla ben 135 mq di nuovo cemento. Buone le notizie provenienti dalle aree protette: nel 2019 sono 61,5 gli ettari di suolo compromesso, valore dimezzato rispetto all’anno precedente. Di questi, 14,7 sono concentrati nel Lazio e 10,3 in Abruzzo.
Al contrario, lungo le coste, già cementificate per quasi un quarto della loro superficie, il consumo di suolo cresce con un’intensità 2-3 volte maggiore rispetto a quello che avviene nel resto del territorio. La copertura artificiale avanza anche nelle zone più a rischio del Paese: nel 2019 risulta ormai sigillato il 10% delle aree a pericolosità idraulica media e quasi il 7% di quelle classificate a pericolosità elevata.
La Liguria è la regione con il valore più alto di suolo impermeabilizzato in aree a pericolosità idraulica (quasi il 30%). Il cemento ricopre anche il 4% delle zone a rischio frana, il 7% di quelle a pericolosità sismica alta e oltre il 4% di quelle a pericolosità molto alta. In soli 7 anni, tra il 2012 e il 2019, la perdita dovuta al consumo di suolo in termini di produzione agricola complessiva, stimata insieme al Crea, raggiunge i 3.700.000 quintali: 2 milioni e mezzo di quintali di prodotti da seminativi, seguiti dalle foraggere (-710.000 quintali), dai frutteti (-266.000), dai vigneti (-200.000) e dagli oliveti (-90.000). Il danno economico stimato è di quasi 7 miliardi di euro.
Coldiretti, in 25 anni perso un quarto della terra coltivata
ROMA - L’ultima generazione è responsabile della perdita in Italia di oltre ¼ della terra coltivata (-28%) per colpa della cementificazione e dell’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile in Italia negli ultimi 25 anni ad appena 12,8 milioni di ettari. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata in occasione della presentazione del rapporto Ispra Snpa sul consumo di suolo in Italia 2020, dal quale emerge che la perdita dovuta al consumo di suolo in termini di produzione agricola complessiva è stimata in 3,7 milioni di quintali, per un danno economico stimato di quasi 7 miliardi di euro in soli 7 anni, tra il 2012 e il 2019.
La perdita di 250 milioni di chili di seminativi, a 71 milioni di chili di foraggere, di 26,6 milioni di chili dai frutteti, di 20 milioni di chili dai vigneti e di 9 milioni di chili dagli uliveti è particolarmente grave in una situazione in cui il grado medio di autoapprovvigionamento dei prodotti agricoli in Italia, secondo l’analisi della Coldiretti, è sceso a circa il 75% con il Paese costretto ad importare ¼ degli alimenti di cui ha bisogno in un momento di grandi tensioni nel commercio internazionale a causa dell’emergenza coronavirus.
Al danno economico si aggiunge il fatto che su un territorio meno ricco e più fragile per il consumo di suolo si abbattono – sottolinea la Coldiretti – i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire.
Il risultato – sostiene la Coldiretti – è che sono saliti a 7252 i comuni italiani, ovvero il 91,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ispra.
Per proteggere la terra e i cittadini che vi vivono, l’Italia – continua la Coldiretti – deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile conun adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività agricola.
“Se non poniamo un argine al consumo di suolo perdiamo un’opportunità in termini di sviluppo economico e occupazionale per l’intero Paese oltre al fatto che c’è un tema che riguarda l’ambiente, la sicurezza e la qualità della vita”, ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “occorre accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo, ormai da anni ferma in Parlamento, che potrebbe dotare l’Italia di uno strumento all’avanguardia per la protezione del suo territorio”.