Audipress non conta i lettori
L’articolo 21 della Costituzione tutela l’informazione e ne fa uno strumento fondamentale affinché l’opinione pubblica partecipi a quanto accade in tutto il Paese.
Non sempre l’uso dell’informazione è corretto. Spesso viene strumentalizzata a fini disdicevoli per ottenere vantaggi egoistici a scapito della collettività.
In questi ultimi anni, la qualità dell’informazione si è sempre più abbassata, anche perché nei media sociali essa è tagliata, ridotta, non già con criteri di essenzialità, bensì con quelli di rapidità.
La conseguenza è che la gente si è abituata a frasi smozzicate, a parole messe insieme senza senso e soprattutto a subire le menzogne che, senza alcun pudore né ritegno, vengono diffuse su Internet.
L’informazione, dunque, è un bene essenziale perché consente ai cittadini di farsi un’idea di quanto accade lontano da loro, su fatti che però successivamente li interessano.
Le vicende politiche di questi giorni sono un esempio di cattiva informazione.
Chi fa l’informazione? In primo luogo giornali cartacei e digitali, sia quotidiani che periodici. E poi le reti radiofoniche e televisive. Infine, Internet.
In questi ultimi decenni la funzione dei quotidiani è cambiata, anche se non tutti gli editori hanno avvertito la necessità di tale cambiamento. Sul piano della tempestività, le notizie che riportano i quotidiani, se paragonate alle stesse riportate dai siti digitali, sono sicuramente superate, quindi esse vanno abbandonate. La nuova funzione di quotidiani e periodici è quella di approfondire, di commentare i fatti e di esporli in modo che i lettori capiscano più e meglio, possibilmente in modo facile, gli eventi che accadono.
L’approfondimento serve anche per allargare l’orizzonte di chi legge, in modo da evitare che si venga gabellati da imbonitori e blablatori, i quali traggono vantaggio dalle menzogne.
La crisi dell’editoria è sotto gli occhi di tutti. Le copie giornaliere dei quotidiani, diffuse ogni giorno, si sono più che dimezzate, la pubblicità, passata dalla carta stampata alle televisioni, ha ribaltato il precedente rapporto di due a tre.
Aumentano giorno per giorno nelle radio e nelle televisioni gli spazi ove intervengono i commentatori, anche pagati per le ospitate.
In quel mondo non vanno le persone che ne sanno di più o che hanno una maggiore preparazione su temi generali e particolari, ma i cosiddetti volti noti o gli amici degli amici o altri che vengono introdotti da apposite società di comunicazione oppure dai cosiddetti influencer o facilitatori.
Radioascoltatori e telespettatori si abituano a queste presenze, che considerano come sorta di attori ed attrici di uno spettacolo scritto da altri. Il che non è buona informazione, anzi, non è affatto informazione, ma una sorta di teatrino nel quale si muovono protagonisti e coprotagonisti secondo una sceneggiatura precostituita che ha lo scopo di influenzare chi vede e chi ascolta, piuttosto che di aprire loro il cervello e di aiutarli a capire meglio quello che accade, in modo da farsene un’opinione personale.
Insomma, c’è chi fa informazione per condurre i riceventi verso siti già preconfezionati e chi invece fa informazione per indurre i riceventi a pensare con la propria testa e non con quella degli altri.
Non è facile per chi legge, per chi ascolta o per chi vede, capire questa differenza se non ha un background solido di conoscenza e di cultura. Chi non ha l’abitudine di leggere almeno un libro al mese, non è in condizione di capire se riceve informazioni corrette oppure manipolate.
Una nota è doverosa a proposito di un sistema di rilevamento dei frequentatori di quotidiani, attraverso l’associazione Audipress, cui aderiscono alcuni editori. Essa fa dei sondaggi periodici, anche territoriali, per determinare la conoscenza dei quotidiani presso i lettori. E fin qui tutto bene. La questione non funziona più quando l’Associazione trasforma tali sondaggi in numero di lettori per copia. Questo è arbitrario, perché in effetti questi rappresentano numeri che non sono reali, frutto appunto di sondaggi, mentre è reale il numero di copie vendute e contabilizzate in modo certo dall’altra società, Accertamenti Diffusione Stampa (ADS).