Da come finisce, si capisce un fatto - QdS

Da come finisce, si capisce un fatto

Carlo Alberto Tregua

Da come finisce, si capisce un fatto

mercoledì 25 Gennaio 2023

Quando avvengono accadimenti, spesso siamo colti di sorpresa perché non li comprendiamo, non sempre riuscendone a capire la provenienza e quali effetti produrranno.
Insomma, vi è confusione e quindi dobbiamo avere la calma per riflettere e cercare di capirli.
Si deve mettere in atto la cosiddetta “tecnica del cassetto” vale a dire tenere fuori dalla nostra testa il fatto che ci colpisce, come se fosse una sorta di cassetto estratto, per poi farlo rientrare man mano e sottoporlo all’opportuno esame. Bisogna evitare un intasamento del nostro cervello di fatti che via via cercano di penetrarvi, in modo da riflettere con calma.

Quanto precede è necessario per cercare di capire gli eventi, la loro origine e i loro effetti. Non solo quelli che riguardano direttamente noi, il nostro nucleo familiare o i nostri amici, bensì gli eventi che si verificano nel mondo, anche se in luoghi distanti decine di migliaia di chilometri.

Dalla parte finale del secolo scorso e nel quasi quarto di quello attuale, le distanze non fisiche si sono accorciate. Quello che accade in Australia e in Cina, nelle Americhe del Sud o in Africa, interessa direttamente anche l’Europa e, nel nostro piccolo, anche la Sicilia.
Non ci riferiamo solamente al clima, ma anche alla situazione economica e finanziaria perché il denaro gira nel mondo come il vento e va dove è attratto o dove trova maggiori convenienze. Per cui si rende necessaria la comprensione di questi eventi in modo che ognuno di noi possa partecipare – anche solo con il ragionamento – al loro svolgersi.

Non sempre siamo nelle condizioni di capire cosa accade, forse neanche per le piccole cose che ci riguardano. Per cui bisogna avere la pazienza di attendere lo svolgimento degli eventi perché solo da come una cosa finisce si capisce il suo inizio.
Non solo, ma l’esperienza deve portarci a valutare lo svolgimento degli avvenimenti per poterne comprendere altri simili, in modo che, per analogia, se ne tenti di intravedere la conclusione in anticipo.
Non si sa se la nostra testa è nel nostro cervello o se il nostro cervello è nella nostra testa. Non sembri un calembour ma piuttosto il tentativo di mettere a fuoco la nostra macchina pensante che poi è il traino dei nostri comportamenti.

Si dice che tutte le persone siano dotate del cervello che, con i suoi cento miliardi di neuroni, ha prodigiose capacità di calcolo ed enorme serbatoio di memoria. Si usa chiamare il cervello materia grigia, ma in effetti è di colore rosa. In ogni caso il colore importa poco, importa che esso funzioni e, per funzionare, deve essere sempre allenato e allenato sempre di più.
Non tutti comprendono la necessità di far funzionare quella che i filosofi chiamano mente, cioè qualcosa di immateriale che sta al di sopra o al di fuori del cervello e che altri chiamano spirito. Tuttavia è assolutamente necessario usarla per capire quello che accade intorno a noi, fatti e circostanze, anche se a distanza di decine di migliaia di chilometri come si accennava.

Dunque, da come finisce una cosa si capisce quella cosa. Ma nel percorso è necessario intuire dove finisce un evento, una circostanza. E perché ciò accada bisogna essere vigili, operativi e convinti che è necessario leggere e leggere, studiare e studiare, riflettere e riflettere, pensare e pensare.
Non crediamo che quanto precede sia facile, ma neanche difficile perché basta volerlo. Ma non tutti si rendono conto di questa necessità. Molti preferiscono vivere alla giornata e far scorrere la propria vita come l’acqua dei fiumi che proviene dalle montagne e si riversa nel mare.

Essere partecipi degli accadimenti, e quindi vivi, oppure farsi trascinare dagli stessi avvenimenti e quindi essere assopiti: questo è il dilemma.
Già porselo è essere vivi. Molti non ci pensano neanche. Mangiano, dormono e fanno altre cose senza pensare a nulla.
Ecco, la scelta è fra la vita e il nulla. Non è difficile, basta pensarci.

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