Dc8 e strage di Montagna Longa, nuovi scenari, ci fu un sabotaggio - QdS

Dc8 e strage di Montagna Longa, nuovi scenari, ci fu un sabotaggio

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Dc8 e strage di Montagna Longa, nuovi scenari, ci fu un sabotaggio

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venerdì 21 Gennaio 2022

Lo sostiene il professor Marretta dell’Università di Palermo che pubblica uno studio scientifico che utilizza tecnologie non disponibili nel 1972 per chiarire le cause della tragedia.

Oggi, su quella montagna, c’è una piccola croce che ricorda quando, il 5 maggio 1972, il Dc8 volo AZ-112 dell’Alitalia, proveniente da Fiumicino, si schiantò in fase d’atterraggio contro Montagna Longa, nei pressi dell’aeroporto di Punta Raisi. Vi furono 115 morti. Il processo, che si concluse dopo 12 anni, attribuì la responsabilità a un errore dei piloti. Ma buona parte dei parenti delle vittime, costituiti nell’Associazione parenti delle vittime di Montagna Longa, non ha mai creduto a questa verità continuando a tentare, finora invano, di riaprire il processo con degli esposti presentati nel 2012-2013 e nel 2017-2018.

A seguito di un incarico da parte dell’Associazione, Rosario Ardito Marretta, docente di Aerodinamica e dinamica dei fluidi all’Università di Palermo ha da poco pubblicato per “Cambridge Scholars Publishing”, nella traduzione dall’italiano di Katy Rose Wallis, «Unconventional Aeronautical Investigatory Methods. The Case of Alitalia Flight AZ 112». Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per farci spiegare i risultati della sua inchiesta. I MISTERI DIETRO LA STRAGE DEL DC8 (CONTINUA LA LETTURA)

Quanto contenuto nel suo libro, in fin dei conti non è una novità, come qualche testata giornalistica l’ha definita, non è un colpo di scena anzi si tratta di un lavoro che ha alcuni anni e che, se non ricordo male, lei presentò come “perizia scientifica” all’allora Procuratore di Palermo Lo Voi. Cosa è successo, professore da quel momento a oggi?

«Al tempo ci fu un’azione, diciamo così, a tenaglia perché l’associazione dei “familiari delle vittime di Montagna Longa”, attraverso il suo rappresentante legale, presentò questo lavoro scientifico alla procura di Catania mentre io, per mia iniziativa lo presentai alla Procura della Repubblica di Palermo quindi, in effetti, possiamo dire che lo conoscono tutti. La procura di Palermo, ancora una volta, si ritenne incompetente per territorio e inviò il fascicolo a quella di Catania che, dal canto suo, in due fasi distinte, prima la Procura e poi la Procura Generale, lo rigettarono.

Quello che è stato riportato da alcuni giornali mi ha lasciato quasi sbalordito perché è stato fatto un pot-pourri tra ciò che io ho scritto, quello che non ho detto e, come se ciò non bastasse, anche di quello che in precedenza era stato ampiamente divulgato su teorie che io non ho mai citato perché non mi risultano e che, men che meno, ho mai considerato come base scientifica, quali esercitazioni della Nato, fori di proiettile e altre ancora. Sono rimasto basito per il fatto che la contestualizzazione del mio libro scientifico sia stata messa in relazione con materiale pregresso che, tra parentesi, non mi è mai appartenuto».

Il suo libro, anzi l’analisi scientifica contenuta nel libro è figlia dell’utilizzo di moderne tecniche di analisi che, al tempo, non era disponibili. Qual è differenza c’è tra le potenzialità, ossia i mezzi e gli strumenti, che avete a disposizione voi oggi e quella che, invece, c’era negli anni ’70?

«Fondamentalmente, quando ci si occupa di un’investigazione aeronautica, l’ICAO, la convenzione internazionale dell’aviazione civile, fornisce indicazione su protocolli e controlli che devono essere pedissequamente seguiti da parte di chi si occupa d’investigazione aereonautica. Ho specificato molte volte, durante il mio lavoro d’investigatore aeronautico, che il codice di Procedura Penale italiano si scontra con quello che asserisce e fornisce l’ICAO, ossia che bisogna occuparsi e spiegare concetti e metodologie per scoprire le cause degli incidenti ma mai in termini di responsabilità diretta “ad personam” perché lo scopo primario deve essere quello di evitare che un incidente si ripeta con, o per, le stesse modalità.

Dal canto suo, invece, il Codice Penale italiano richiede risultanze diverse perché, quando ti viene assegnato l’incarico di super perito, non solo sarà necessario scoprire le eventuali cause ma anche le responsabilità personali qualora dovessero essercene. Di fatto, gli strumenti d’investigazione, come le indicazioni dell’ICAO, sono state seguite oggi come allora ma tra il 1972 e oggi, cinquant’anni dopo, le risorse computazionali, che prevedevano praticamente le analisi chimico-fisiche, l’utilizzo degli spettrografi di massa, l’utilizzo di software che oggi vengono impiegati in Formula 1, ossia quelle di simulazione fluidodinamica e di termo-fluidodinamica che si possono utilizzare erano al tempo impensabili. Nello specifico, ho avuto la possibilità di utilizzare un software specialistico, appunto in uso alle società di Formula 1, e soprattutto le nuove capacità di calcolo che la tecnologia ci mette a disposizione potendo così effettuare una simulazione fluidodinamica, ossia ricostruire il “modello” del veicolo in scala reale e metterlo nelle condizioni di volo reali, come quelle del 1972, e simulare anche dal punto di vista fluidodinamico la parte sia interna sia esterna del velivolo. Oggi è possibile simulare una detonazione o l’evoluzione di un incendio al fine di studiarne e analizzarne il comportamento». ERRORE DEI PILOTI? TESI SMENTITA DA MARRETTA (CONTINUA LA LETTURA)

Oggi la sua analisi scientifica di quanto è successo nel cielo di Palermo quel 5 maggio 1972 è stampata in libro che, però, è stato pubblicato da un editore britannico specializzato ma non ha trovato un editore italiano disponibile. La tesi con cui si sono chiuse tutte le indagini relative all’incidente di Montagna Longa è quello che sia stato un errore dei piloti mentre i suoi risultati non confermano questa tesi, anzi la smentiscono.

«Qualsiasi altra affermazione priva di qualunque fondamento scientifico da adito ai complottismi. La storia è sempre la stessa: hai saputo che a Fiumicino quel giorno c’era una particolare attenzione nel controllo dei bagagli, oppure cominci a immaginare che le ombre presenti su una fotografia dell’aeromobile siano fori di proiettile e poi t’inventi che la VI° Flotta dell’aviazione americana stava facendo un esercitazione nel Mar Tirreno, ma non sai in che punto nave e in che punto rotta, e poi immagini che taluni personaggi importanti che erano su quel il velivolo, come giudici, giornalisti impegnati nel settore della criminalità organizzata, un regista che doveva collaborare con Rosi per il suo film “Il caso Mattei” possano essere una causa. A questo, poi, aggiungi alcune bestialità, come quella che si sapeva che Roberto Bartoli, il pilota, era uno cui piaceva attaccarsi alla bottiglia, che aveva diversi gradi di astigmatismo e quindi si aggiunge l’incapacità di chi pilotava l’aereo per trasformare tutto questo, senza alcun criterio, in una tesi che, però, non ha alcun apparentamento con l’analisi scientifica perché o lavoriamo sulle “carte” oppure facciamo i “complottisti” correndo poi il rischio che, domani possa arrivare qualcuno che dirà che quel giorno, a Fiumicino, aveva notato circolare un terrorista di cui aveva visto, dieci giorni prima, una fotografia sul giornale. I fatti possono essere garantiti dalle equazioni che governano le leggi universali della fisica, dalle leggi che governano la dinamica e su quelle io mi sono attenuto nell’analisi e quindi nel libro».

E le risultanze portano a identificare una piccola bomba che, detonando, ha causato la perdita di stabilità del velivolo e la conseguente caduta al suolo? Nessuna connessione, ad esempio, con il ritardo che il volo accumulò? Avrebbe dovuto esplodere non in volo ma nell’hangar?

«Il volo, al decollo, aveva già 25 minuti di ritardo.

Inoltre dimentichiamo un particolare fondamentale, ossia che la scatola nera, l’FDR ossia il “Flight Data Recorder”, quando è stata consegnata all’allora capitano Russo era tranciata e aveva terminato di registrare dopo sette ore dall’inizio della registrazione che era avvenuta dopo la manutenzione che il velivolo aveva ricevuto la sera del 30 aprile. Quindi l’FDR installato ha cominciato a funzionare la mattina del giorno 1 maggio, quando si sono chiusi i portelloni per il primo volo. Tra i 1° maggio e il 5 maggio, sappiamo che l’FDR non è stato segnalato come “in avaria” anche perché, se ci fosse stata, sarebbe stata segnalata sul diario di bordo, cosa che non è avvenuta. Questo significa che, nonostante il nastro tranciato, l’FDR era segnalato come funzionante. La logica ci porta a pensare che questa segnalazione di guasto sia stata, artificiosamente e dolosamente, bypassata.

Ma questo dato va guardato unitamente alla simulazione fluidodinamica per capire, in un lasso di tempo calcolato al secondo, quanto combustibile possa essere fuoriuscito a causa di una detonazione, noi non comprenderemo quanto è successo dal punto di vista diciamo prossimo all’avvicinamento a Punta Raisi perché la logica smantella l’ipotesi che la bomba fosse ad orologeria e che, a causa del ritardo di 25 minuti, avrebbe dovuto esplodere nell’hangar quando i passeggeri erano già scesi dal velivolo. Questo si scontra con l’evidente manomissione del circuito di controllo dell’FDR. In quel periodo, con i sensori che si trovavano a bordo, venivano fornite delle misure basiche e tra queste l’accelerazione. Questo è un dato estremamente importante perché proprio questo dato avrebbe potuto evidenziare una detonazione segnalata con un picco, in questo caso dovuto a una fortissima accelerazione, proprio qualche istante prima dello schianto su Montagna Longa. L’FDR era fondamentale che non funzionasse e che la segnalazione del suo funzionamento fosse sempre positiva. Quindi, ovviamente, stiamo parlando di verità scientifiche che fanno presupporre che ci sia potuto essere stato un vero e proprio sabotaggio qualche giorno prima».

Quando si è interrotta, quindi, la registrazione dell’FDR?

«Se l’FDR ha iniziato a funzionare alle 6 del mattino del 1° maggio e ha funzionato per sette ore di volo, è necessario chiedersi quali fossero i piani di volo di quel velivolo non solo il 5 maggio ma dalle 13 del 1° maggio in poi. Questo però è un ambito investigativo che non rientra nelle mia competenze. La scienza conferma che dalle 13, circa, del 1° maggio l’aereo era “pronto”». POSSIBILE RIAPERTURA DELLE INDAGINI (CONTINUA LA LETTURA)

Ritiene che sia configurabile una riapertura delle indagini?

«Cito quanto scritto dalla Procura di Catania dopo aver ricevuta la mia perizia scientifica: “Deduzioni e calcoli non provano nulla in ordine alle cause di una eventuale detonazione a bordo non rimanendo escluso che essa, qualora effettivamente avvenuta, possa essersi verificata a causa di guasti tecnici o anomalie di funzionamento e non di un attentato”. Ci sono nella perizia elementi che non possiamo trascurare come il fatto che quasi 18 tonnellate di carburante, escluso il tonnellaggio usato nella rotta Fiumicino-Punta Raisi, sono state disperse e bruciate in volo e non è sufficiente un malfunzionamento circuitale per poter generare questo evento ma è più scientificamente credibile che sia stata, appunto, una piccola carica detonante. A questo punto, però, ritengo che la Procura di Catania avrebbe l’obbligo morale se non di riaprire l’inchiesta quantomeno di riabilitare, per quanto scritto nella sentenza nero su bianco, l’onore dei tre piloti che l’hanno perso per essere stati condannati».

Roberto Greco

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