Debito immenso, tre trilioni di miliardi - QdS

Debito immenso, tre trilioni di miliardi

Debito immenso, tre trilioni di miliardi

sabato 18 Gennaio 2025

Banca d’Italia, novembre 2024

Banca d’Italia ha appena comunicato che, nel mese di novembre, il debito del Popolo italiano verso terzi, per “cambiali” che hanno firmato i Governi in questi trent’anni, ha superato la soglia di tre trilioni di miliardi e più precisamente di 3.005 miliardi di euro.
Le “cambiali” non sono altro che i titoli di Stato, che scadranno da qui a cinquant’anni e che i Governi prossimi dello stesso mezzo secolo dovranno pagare, per evitare che lo Stato italiano vada in fallimento e, con esso, tutto il suo Popolo.

La conseguenza di quanto precede è che nella Legge di Bilancio n. 207/24, approvata il 30 dicembre dello scorso anno, si prevedono interessi da pagare ai creditori, cioè ai possessori di tali titoli, che viaggiano verso i cento miliardi.
Immaginate se parte di questi cento miliardi, mettiamo cinquanta, potessero essere utilizzati per costruire infrastrutture materiali e immateriali, riparare i territori, aumentare la ricerca tecnologica per migliorare la qualità della vita, destinarli alla protezione dell’ambiente e via elencando.

La dissennatezza di tutti i Governi a partire dal 1994, ma anche di quelli precedenti, a partire dal 1978 – che si conclusero col fallimento dichiarato del Governo Amato del 1992 – sono la causa di questa situazione, che è ormai divenuta insostenibile. Secondo Banca d’Italia tutti/e i/le cittadini/e iscritti/e all’Anagrafe italiana hanno un debito sulla schiena di 51 mila euro, debito che graverà sulle spalle soprattutto dei/delle figli/e e dei/delle nipoti.

Il debito indicato, ripetiamo, tre trilioni di miliardi, è all’incirca il 138 per cento del Pil, stimato per il 2024 a 2.300 miliardi. Ricordiamo che la Francia ha un rapporto debito-Pil poco sopra il 72 per cento e la Germania al di sotto di tale soglia. Dunque, quelle due nazioni pagano molti meno interessi e possono così destinare le somme agli investimenti descritti sopra.

La questione è grave, ma non seria, diceva Ennio Flaiano, perché le cause di quanto precede sono la debolezza dei ceti politici, Governi e parlamentari di questi tre decenni. Una debolezza che li ha portati e li porta ad accontentare tutti/e.

La conseguenza è che si continuano ad allargare i cordoni della borsa per la spesa cattiva al fine di accontentare le lobby e altri gruppi di pressione, che chiedono e chiedono.

Vi è un’altra questione che abbiamo più volte evidenziato in queste righe e cioè il malfunzionamento della Pubblica amministrazione, che causa sperperi di ogni genere, da più parti stimati in circa 50 miliardi.
Responsabilità dei Governi precedenti e dell’attuale è non avere messo mano a una revisione effettiva per efficientare la macchina dello Stato, ricevendo un’organizzazione efficiente e professionale, basata sulla digitalizzazione estesa o totale di tutti i servizi a ogni livello (centrale, regionale e locale).
Qualcuno dice che questi editoriali richiamano il cane che abbaia alla luna. Non crediamo, perché per noi è sufficiente che anche uno/a solo/a dei/delle lettori/trici prenda atto di quanto diciamo e rifletta sulle prospettive.

La malattia è grave nonostante radio, televisioni, quotidiani, pagine social e altri cerchino di rappresentare ai/alle cittadini/e una situazione diversa, mentendo spudoratamente; però i numeri non mentono mai.

Coloro che raccontano menzogne si trovano in difficoltà quando vengono messi con le spalle al muro dai numeri, che sono sempre incontrovertibili. Quei numeri che smentiscono un’altra colossale menzogna secondo cui il Sud Italia cresce più del Nord, mentre la verità degli stessi ci dice che il divario continua ad aumentare inesorabilmente, tagliando in due il Paese.

Roma, essendo una città impiegatizia, dove il Governo elargisce a destra e a manca danaro per consulenti, dipendenti, professionisti e altro, tutto sommato offre una buona qualità di vita. Però, purtroppo, in quella città, l’Amministrazione comunale è sempre deficitaria, nonostante il cambio di colore delle diverse amministrazioni, perché i partiti fanno eleggere persone incapaci di gestire un’azienda pubblica con circa 70 mila dipendenti, che amministrano una città di 3 milioni di abitanti.
Roma, città eterna, perché resta uguale a se stessa.

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