Elettori disgustati dai partiti - QdS

Elettori disgustati dai partiti

Carlo Alberto Tregua

Elettori disgustati dai partiti

venerdì 17 Febbraio 2023

Elezioni baby, 40%

Quasi la metà degli elettori della scorsa tornata non è andata a votare, cioè il trenta sul settanta per cento. Non si tratta di un deflusso fisiologico, ma patologico, che denota il disgusto dei/delle cittadini/e nei confronti di una classe politica alla quale è stato inviato un messaggio di sfiducia oltre che di profonda scontentezza.

La pubblica opinione non si rende spesso conto dei singoli fatti, ma ha una sensazione complessiva di insufficienza della classe dirigente istituzionale, che dovrebbe governare il Paese secondo valori etici e costituzionali di equità, ragionevolezza, proporzionalità e responsabilità.

La sfiducia si manifesta anche sui social, dove le proteste per il vergognoso aumento delle indennità parlamentari sia a Roma che a Palermo sono state di inaudita violenza scritta.
A coloro che siedono sugli scranni dorati di Palazzo Madama, di Montecitorio e di Palazzo dei Normanni non importa nulla dei/delle cittadini/e, se non dopo avere soddisfatto la loro famelicità.

Si dirà che il nostro è un Paese democratico. Non sappiamo più se questa affermazione sia ancora vera, perché il Popolo continua ad avere sempre meno voce in capitolo rispetto alle grandi decisioni contingenti e prospettiche.
Si, è vero, i seicento parlamentari a Roma e i settanta a Palermo rappresentano i/le cittadini/e, ma non è così dal momento che, come hanno dimostrato le elezioni in Lombardia e nel Lazio, i/le cittadini/e che li hanno espressi sono quattro su dieci.

Questa può essere definita democrazia se solo quattro cittadini/e su dieci esprimono la classe dirigente istituzionale? E, seconda domanda, essendo tale classe dirigente istituzionale rappresentanza minoritaria degli elettori, ha titolo per governare a nome di tutti?
Non si tratta di quesiti di poco conto perché sappiamo benissimo che se non esiste una vera maggioranza di tutta la popolazione e non di una parte minore di essa, gli interessi che muoveranno le decisioni di Governo e Parlamento saranno parziali e spesso danneggeranno quei sei decimi che non hanno votato, con le conseguenze che vi saranno favoriti e danneggiati.

Da quanto precede si deduce che una democrazia malata come quella descritta non funziona, anche perché i rappresentanti del Popolo sono impauriti dal variare dell’umore degli elettori e anche dalla loro esiguità, cosicché non sono capaci di approvare provvedimenti impopolari che sono i soli che funzionano.
Infatti, i provvedimenti governativi vengono presi per accontentare questa o quella fascia di popolazione, dimenticando tutti i giovani che non hanno voce in capitolo, ma che nei successivi decenni si troveranno sulla schiena le conseguenze dei macroscopici errori che stanno combinando oggi questi governanti.

Sembra tragicomico sentire tanta gente che si trastulla a parlare di centro-destra, centro-sinistra e di altre amenità simili, dimenticando che la politica è basata sui prima indicati valori etici, a cui non importa nulla della collocazione geopolitica. Alla buona politica, quella vera, etica e pulita, importa solo operare con dignità, nell’interesse generale e non in quello di parte o di fazioni, abituate a tirare il lenzuolo dal proprio lato.

In ogni caso, bisogna andare avanti. Per cui la Lombardia ha confermato la maggioranza che la governa da parecchi decenni, mentre nel Lazio la vecchia maggioranza è stata sonoramente battuta e la nuova ne ha preso il posto. Vedremo se essa sarà capace di ribaltare gli effetti del mal governo della precedente, non già perché è di un’altra collocazione politica, quanto perché formata (si spera) da donne e uomini che possiedono i più volte richiamati valori etici.

La Lombardia cammina da sola perché ha un motore fortemente alimentato dal sistema produttivo e imprenditoriale formidabile. Per cui genera Pil, ricchezza, imposte e occupazione. Ma anche – dobbiamo sottolinearlo – la classe istituzionale è “contagiata” da questo metodo e quindi funziona discretamente bene.
Nel Lazio, invece, tutto ciò non c’è, perché il sistema produttivo imprenditoriale è molto ridotto rispetto a quello Lombardo e la classe istituzionale lascia che l’acqua scorra sotto i ponti senza fare il proprio dovere, in tutto o in parte, tanto l’indomani il sole sorgerà ancora.

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