Per Enrico Brignano tris di appuntamenti in Sicilia. “La comicità sta in tutto, la risata deve dissacrare” - QdS

Per Enrico Brignano tris di appuntamenti in Sicilia. “La comicità sta in tutto, la risata deve dissacrare”

Per Enrico Brignano tris di appuntamenti in Sicilia. “La comicità sta in tutto, la risata deve dissacrare”

Gino Morabito  |
giovedì 03 Luglio 2025

L’attore romano al QdS prima delle tappe di Siracusa, Taormina e Palermo: “Questa terra fa parte del mio Dna”

PALERMO – L’infanzia a Dragona e i primi guadagni con le serenate sotto ai balconi. Poi fa ridere Gigi Proietti e si alza il sipario su quel talento brillante che diventerà una colonna portante del teatro e della commedia italiana. Dopo aver raccolto consensi con ‘I 7 Re di Roma’, Enrico Brignano torna con una proposta del tutto nuova che gioca sul doppio registro dell’ironia e dell’affetto, evocando la figura materna come rifugio emotivo in un mondo sempre più incerto.

Prodotto da Vivo Concerti & Enry B. Produzioni, porta in scena il gustosissimo one man show ‘Bello di mamma!’, che in estate lo vedrà impegnato nelle principali arene della penisola. Domenica 20 luglio sarà protagonista al Teatro Greco di Siracusa, e poi ancora il 29 agosto al Teatro Antico di Taormina e il 30 agosto al Teatro di Verdura di Palermo.

“La Sicilia per me è casa: ho radici qui, i miei nonni paterni erano siciliani. I suoni, gli odori e i sapori di questa terra fanno parte del mio Dna”.

Uno spettacolo dedicato a una perdita incolmabile.
“La notizia della perdita di mamma l’ho ricevuta proprio mentre recitavo in Sicilia, al Metropolitan di Catania, a fine marzo scorso. Ho recitato lo stesso, perché lei mi ha insegnato l’etica del lavoro, ma è stato faticosissimo. Ancora ne pago le conseguenze emotive”.

È aumentato anche il senso di responsabilità nei confronti di quanti lavorano assieme a lei?
“Per fortuna, sono anni che lavoro con parecchie persone, preferibilmente sempre le stesse. Perché mi piace creare una “famiglia”, perché dopo lo spettacolo è bello rilassarsi a tavola con qualcuno che non sia solo collega, ma anche amico. Quindi, la responsabilità nei loro confronti la sento da sempre. E, tutto sommato, non è pesante, a volte è uno stimolo”.

La percezione è quella di vivere in una società che dovrebbe essere più libera, democratica, e invece si seppellisce sotto una montagna di regole.
“E, nonostante questo, la società non è migliorata. Mi spiace fare il ‘vecchio trombone’, ma a volte, quando vedo vecchi filmati in cui intervistano persone negli anni Cinquanta-Sessanta, noto un’educazione, una pacatezza, un modo più rispettoso di parlare di quanto non accada oggi. Poi, per carità, abbiamo fatto passi avanti e conquiste sociali per cui non tornerei indietro, ma abbiamo guadagnato anche volgarità e maleducazione”.

Quali sono quelle disposizioni a cui non riesce proprio ad attenersi?
“Le regole? Ma no, io sono un fautore delle regole, aiutano il vivere civile. Il problema semmai è porre regole che poi non vengono rispettate e non succede nulla. Questo porta al menefreghismo, alla noncuranza perché tanto poi ‘te la cavi’”.

Tra i dictat, oggi un bambino non deve mai annoiarsi.
“Verissimo! I miei figli sono multitasking, bisogna dar loro sempre cose da fare, stimolarli, spingerli a pungolare la propria creatività. Creatività che a noi invece veniva indotta proprio dalla noia”.

Lei, a quell’età, com’era?
“Un soldatino, con due genitori molto rigidi per quanto riguarda l’educazione. Quindi, molto ligio. A tavola non ci si alza se non hanno finito tutti, al mare il bagno si fa dopo le quattro ore standard di digestione del pranzo ‘leggero’ preparato da mamma (fettine panate con la lasagna e i pomodori col riso)”.

Forse per i giovani 3.0 è diverso.
“Sicuramente. Io penso che sia importante il concetto educativo di oggi, per cui ai bambini le cose vanno spiegate. Ai miei tempi, il no era no e basta. Oggi, se si perde un po’ di tempo a spiegare il perché di quel no, sono convinto che si aiuti il bambino a comprendere il meccanismo che c’è dietro, le ragioni, instillandogli così dei principi di buonsenso”.

Si ricorda quei viaggi in auto interminabili, seduti dietro, senza chat, infotainment, dispositivi per l’intrattenimento? Rimpiange quel tipo di vita?
“Chi non rimpiange la propria infanzia? Che è indimenticabile e bellissima perché è la tua. Sono certo che, se chiedo la stessa cosa a qualcuno che ha venti anni meno di me, risponderà che gli anni della sua infanzia sono stati i più belli. Non è il tipo di vita che si rimpiange, ma il ricordo delle persone che la animavano e che, purtroppo, non ci sono più”.

Esibirsi davanti a un pubblico è, in fondo, una terapia di gruppo.
“Un po’ sì. Tu dici cose, le esasperi… loro ci si riconoscono, ne ridono ed esorcizzano timori e tabù. Il tutto al costo di un biglietto che, per carità, non sarà a buon mercato ma sicuramente costa meno di una seduta dallo psicologo”.

Esporsi su certi temi, anche se in chiave comica, potrebbe risultare rischioso. Anche per questo non ama parlare di politica?
“Non credo sia rischioso affrontare certi temi, credo che ciascuno sappia qual è la propria cifra e in cosa si esprima meglio. La politica non mi affascina, non mi stuzzica. In un modo un po’ troppo generico, potrei dire che spesso mi disgusta e riderne non mi appaga. Preferisco la satira sociale e lascio volentieri altri temi a chi sa trattarli meglio di me”.

‘Bello di mamma!’ suona rassicurante. Non si corre, però, il rischio che anche la comicità lo diventi fin troppo?
“La comicità non diventa nulla: la comicità è potenzialmente in tutte le cose. Tutto quello che ci circonda ha un aspetto comico, o ridicolo, o ironico, basta coglierlo e non tutti ne sono capaci. Ecco perché c’è chi lo fa di mestiere. Quindi, una comicità rassicurante non esiste. Ciò che rassicura non dissacra, e la risata deve dissacrare, altrimenti il senso del comico non nasce”.

‘Una risata vi seppellirà’.
“Non si può più. Ne parlo nello spettacolo, del politicamente corretto. Che di per sé è sacrosanto: alcuni termini venivano usati come offese in passato e non era giusto. Alcune categorie e minoranze venivano ghettizzate e ridicolizzate, messe alla berlina ingiustamente. Quel che critico è l’eccesso di politicamente corretto. Quando si va oltre la misura, diventa stucchevole e ridicolo”.

Nel caso in cui potesse, la prima palata addosso a chi?
“Ma no, non butto palate addosso a nessuno. Io sono per la pace. Che, in un periodo storico come questo, me ne rendo conto, è un anacronismo”.

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