Con la prima donna presidente dell'Ordine degli Architetti locale, Palermo fa un passo avanti sul tema della parità di genere.
“Donne, donne, è arrivato l’arrotino”. Questa invocazione dal megafono ancora si ascolta nelle vie di Palermo, che ci fa capire la cultura casalinga delle donne palermitane, che dovrebbero stare a casa ed al limite affacciarsi ai balconi per far salire l’arrotino per molare i vecchi arnesi arrugginiti o riparare le cucine a gas, perché l’induzione è troppo moderna. Se poi l’arrotino si attarda in casa per altri servigi questo fa parte del rischio della cultura maschile palermitana che rende, nonostante i programmi di Next Generation UE, le donne inquadrate in vecchi archetipi di esclusiva cura della famiglia e della casa. Ma finalmente anche in questa città maschile, che ha avuto una solo donna sindaco, Elda Pucci, oltre 40 anni fa, qualcosa si muove sulla parità di genere.
È appena stata eletta Giuseppina Leone quale presidente dell’Ordine degli Architetti palermitani, unica presidente di un ordine professionale donna in questa città ai confini dell’Europa. Il mondo del lavoro e delle professioni ha, a queste latitudini, una predominanza maschile molto forte, per il prestigio ed il ruolo che queste cariche comportano. Il maschio ottiene in queste primazie una componente profondamente narcisistica, da ruota di pavone. Quando invece questi ruoli dovrebbero essere affrontati con profondo pragmatismo, per risolvere i problemi ostativi che gli iscritti affrontano e per stimolare il confronto formativo e culturale nel territorio in cui si svolge la professione.
Tutte le professioni hanno un valore sociale, ma gli architetti hanno una mission particolare, loro immaginano le Polis, gli habitat dove gli uomini trascorreranno il tempo terreno, gli strumenti urbanistici, e non ultima l’innovazione e il cambiamento. Certo il cambiamento vero sarebbe essere chiamata Architetto quando una donna arriva in cantiere, e non “signora” da muratori e capi mastro ancora molto restii ad accettare disposizioni o suggerimenti da una donna.
A questa donna, l’architetto Leone, oggi è consegnata una sfida particolare: Palermo non ha un moderno strumento urbanistico, qual è il futuro di questa città senza un dibattito, delle proposte, professionalmente e socialmente, discusse, su un nuovo Piano regolatore? Ma soprattutto una donna rappresenta un cambiamento culturale, di modernità, per una città conservatrice. Quale è l’approccio di Palermo alla contemporaneità? Sembra che ancora lo sguardo dei palermitani sia rivolto all’indietro, all’epoca felice della Belle Époque, senza nulla di futuribile o contemporaneo.
La cosa più moderna come impatto architettonico è lo Zen 2 di Gregotti, e il disagio sociale che vi regna la dice lunga. Da allora si è fatto qualcosa sul restauro del centro storico ma non c’è più da anni una gru in città. Qualcuno dirà che si è consumato meno suolo, a parte l’abusivismo imperante, anche per assenza di piani di sviluppo, ma le città che non crescono decrescono, e i dati sulla diminuzione di residenti è evidente. Soprattutto i ragazzi vanno verso città più attrattive, che prefigurano il cambiamento.
Tre sfide vogliamo porre al nuovo ordine presieduto dalla valente Architetta Leone e la sua squadra, che con gran forza è stata eletta al completo. L’area di Villa Deliella, che simboleggia il sacco di Palermo, la ferita/cesura del tratto ferroviario in centro citta Notarbartolo-Lolli, il cinema Astoria in via Generale Magliocco. Aprire un concorso di idee, per costruire tre agganci di futuro e sviluppo, di architettura e fruizione, di questi posti potrebbe essere una risposta di pragmatismo alla lenta e pigra conservazione dello Status quo. Cosa che Le Corbusier, Lloyd Wright, Renzo Piano e Gae Aulenti aborrirebbero. La sfida per una donna è sempre ardua in una città contornata di figure apicali maschili, speriamo che la Leone ruggisca a sufficienza.